Ricordi dell’estate: le persone del Lowlands festival

Siamo a Settembre: mese di ripartenze e nuovi inizi, mese di vendemmia e di transizioni. C’è chi si prepara al nuovo governo e chi ancora ripensa al sogno dei festival vissuti questa estate. Noi facciamo parte della seconda categoria e non abbiamo affatto dimenticato cosa è stato il Lowlands Festival.

Come abbiamo già accennato qui, la magia dei festival olandesi è sempre la stessa: campi immensi da riempire di tende, dodici palchi per una mega line-up mista di oltre 250 gruppi, tanti costumi e possibilmente anche tante sostanze che creano un esperimento di antropologia sociale in cui la popolazione locale si riunisce per tre giorni in un unico corpo.

Spesso a questi eventi ci si concentra sugli artisti, ma stavolta abbiamo deciso di raccontare le persone del pubblico. Senza gli uni, non ci sarebbero gli altri e viceversa. Chi sono i cosiddetti Lowlanders?

Certamente sono persone che possono permettersi di spendere almeno 400€ per un weekend in mezzo alle campagne a 60 km da Amsterdam. Sono perlopiù giovani – dentro e fuori – provenienti dalle più disparate categorie professionali.

C’è il venticinquenne di Den Haag che fa il militare e si occupa di armi chimiche ed è venuto per i Glass Animals e gli Artic Monkeys. O il manager ultracinquantenne di Groningen che va al Lowlands da almeno 9 edizioni “perché ha un’audience selezionata”. C’è la giornalista di Amsterdam che si occupa di arti visive o il barbiere trentasettenne di Breda, con gli occhiali alla Kurt Cobain, che ha lasciato i due figli a casa per avere un romantico weekend di musica e follia con la moglie.

Decine di altre migliaia di persone hanno riempito le sterminate praterie, su cui il mondo di Lowlands si ergeva, per vedere in primis i due nomi di punta del cartellone: Artic Monkeys e Stromae. Gli Artic Monkeys hanno messo su uno show per cui tutte le ragazze volevano sposare Alex Turner e tutti i ragazzi volevano essere come lui. Stromae invece ha fatto di tutto per intrattenere le folle ma non è stato facile per lui; solo verso la fine del suo set gli olandesi si sono sciolti abbastanza per ballare su Alors on danse. C’è chi invece è venuto appositamente per altri nomi e altri generi: per esempio, riuscite a immaginare gli olandesi cantare in dialetto napoletano? È quello che è successo durante lo show incendiario dei Nu Genea. L’impresa eccezionale in realtà è stata concentrare tutti i concerti possibili nella giornata di domenica, fitta di personalità musicali rare come Tash Sultana, Koffee, Burna Boy, Soichi Terada. Poi quelli che hanno pogato pesantemente sotto direzione di Slowthai non erano gli stessi che hanno smascellato grazie a Amelie Lens alle tre di notte.

Un’altra categoria essenziale all’organizzazione di un festival così importante nelle dimensioni e nella logistica sono ovviamente le persone che ci lavorano. Ci sono tante piccole caselle nel grande mosaico di incastri perfetti del Lowlands che contribuiscono a far sì che vada tutto liscio. Tra le tante, ci sono i giovanissimi che aiutano a tenere d’occhio che il pubblico non salti fuori dalle transenne o quelli che controllano che i giornalisti non si infilino nei backstage non autorizzati per disturbare i musicisti. Poi ci sono anche i performer di teatro, i “make-up artists” o gli istruttori di yoga che hanno il compito di “riempire i buchi” nella giornata. Sono tutti olandesi che si ritrovano in questi lavoretti estivi per arrotondare con le spese.

Poi ci sono gli operatori di bar e dei food stands, gli addetti alle pulizie, i fotografi, gli addetti stampa che, come formiche, contribuiscono alla grande macchina messa su da MOJO Concerts. Uno spettacolo umano irripetibile che agli occhi di chi lo vive da spettatore sembra solo un gigantesco luna park: una dimensione parallela in cui cambiare costumi e dimenticarsi del presente solo per un weekend. Per chi ancora avesse dei dubbi su dove andare la prossima estate e quali ricordi avere il prossimo settembre, noi un’idea ce l’abbiamo.

 

Tutte le foto sono a cura di Micol Gelsi

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