Lower Dens – Nootropics

Voto: 7,5/10

A due anni dall’esordio, “Twin-Hand Movement”, I Lower Dens escono con un lavoro di gran lunga più consapevole ed ambizioso del precedente, “Nootropics”, disco coeso e sperimentale, da considerare nella sua interezza, concettualmente diverso dal pop rock riverberato costruito su intrecci di chitarra che caratterizzava la loro opera prima, pur non priva di complessità.

Apre il disco Alphabet Song e s’intuisce da subito che sono i pattern a farla da padroni, le influenze (da collezionisti onnivori) Kraftwerk, oltre che kraut e space rock, sono riconoscibili nei caratteri più automatizzati dei pezzi, come anche si trovano arpeggi e melodie per nulla distanti da quelle dei Beach House o, allargando un po’ lo spettro, componenti analoghe a quelle degli ultimi Radiohead, fino anche agli Horrors di Sea Within A Sea.

Una volta immersi nel disco, l’effetto è proprio quello del farmaco da cui prende il nome, l’attenzione viene stimolata e lo straniamento è a portata di mano. L’impressione di esser costruito per farsi apprezzare nella varia omogeneità con cui sono utilizzati i suoni è quella che “Nootropics” dà già dai primi ascolti e l’idea di esser concepito per venir assorbito e metabolizzato nella sua interezza sembra evidentemente a monte dell’opera. Se vogliamo considerare i pezzi in particolare, il singolo Brains è un ovvio standout, con i sintetizzatori per la prima volta in primo piano, l’inarrestabile meccanismo percussivo che la lega alla successiva strumentale Stem e le line vocali più efficaci del disco, è uno dei singoli più interessanti di questa prima metà dell’anno.

La voce della cantante Jana Hunter, androgina e versatile, varia da linee vocali narcolettiche à la Victoria LeGrand a melodie meno centrali che contrastano il progressivo cupo del tappeto strumentale. Abbiamo occasione di vedere una sempre più matura attività di songwriting dalla protetta di Devendra Banhart, con un passato da folk rocker che sembra sempre più alle sue spalle.

Il pezzo di chiusura, In The End Is The Beginning, va a costituire, come anche la prima parte di Lion in Winter (il cui seguito costituisce un altro pezzo di spicco dopo le ottime Lamb e Candy), buona parte dello spazio che i Lower Dens si riservano per dilungamenti più ambient-noise anche di derivazione post rock (dalle parti dei Labradford ad esempio), ora eterei, ora più cupi, con le sole declamazioni della Hunter (“feel different now than i did before…”) a suggerire il senso di rinascita dopo la fine intuibile dal titolo del brano. E dunque ottime sembrano le prospettive e le possibilità future dei Lower Dens, che si affermano come band di evidentissime doti, capaci di sperimentare e di confezionare opere personalissime e di ottima qualità, dai quali ci si può aspettare, per il prossimo, anche un disco che lasci un segno veramente significativo.

Tracklist:

  1. Alphabet Song
  2. Brains
  3. Stem
  4. Propagation
  5. Lamb
  6. Candy
  7. Lion In Winter Pt.1
  8. Lion In Winter Pt. 2
  9. Nova Anthem
  10. In The End Is The Beginning
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