Dieci anni sono tanti. In dieci anni le persone cambiano, crescono, le situazioni mutano. C’erano mancati i Massimo Volume dai lontani anni 90. E per fortuna nostra e della musica italiana sono tornati. E oggi, ancora come allora, suonano moderni, attuali, veri.
Non credo di esagerare nel dire che, per certi versi, la band di Emidio Clementi nel nostro paese abbia rappresentato, agli inizi dei Novanta, la stessa innovazione che i Velvet Underground cominciarono nel 69 nella scena Newyorkese. Certo, con le dovute proporzioni, ma è proprio grazie a loro se in Italia un certo tipo di rock ha preso piede. Non a caso, leggenda vuole che lo stesso John Cale, accortosi delle potenzialità dei nostri, avesse avanzato proposte per produrre il terzo disco della band nel 1997. Non se ne fece nulla, ma tant’è, il resto è storia: scritta, cantata, urlata, recitata nei quattro gioelli che costituiscono la loro discografia.
Ebbene oggi a quei quattro se ne unisce un quinto. La formula è sempre la stessa: un mix di post rock e new wave ad accompagnare la prosa estatica di Mimì, le sue storie che parlano di cose piccole, quotidiane, con parole semplici, dirette. Quadri lucidi che feriscono, ci trafiggono, scavano nelle nostre anime e nelle nostre esperienze. Provate a restare indifferenti alla sublime bellezza dei versi di Le nostre ore contate, a non emozionarvi ascoltando le note stridenti delle chitarre di Egle Sommacal e Stefano Pilla.
Un grande ritorno. Un disco da ascoltare con attenzione, in silenzio, perchè davanti a tutto questo non si può restare indifferenti. Perciò “sciogliete il vostro esercito assetato di pace e lasciate violare le vostre mura sguarnite“.
Brani significativi: Le nostre ore contate, Litio, Fausto, Avevi fretta di andartene
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