Einaudi sta ripubblicando i libri di Fabrizia Ramondino, scrittrice di origine napoletana che ha prestato la sua penna e la sua sensibilità a temi sociali e culturali. Dopo Althénopis, tra gli scaffali delle librerie arriva L’isola riflessa, testo non fiction che ripercorre il periodo che l’autrice ha vissuto sull’isola di Ventotene. Qui Fabrizia trascorre più di una stagione, lontana da amici e conoscenti, a contatto solo col mare e con la storia del luogo, tra antiche roccaforti e la potenza dei flutti marini, mentre combatte contro depressione e dipendenza dall’alcol. L’estate isolana è un accendersi di colori, un crescendo di schiamazzi, tra la frenesia dei turisti e la curiosità degli autoctoni. Fabrizia siede al bar, fa amicizia con chi attira la sua attenzione, descrive la natura rigogliosa, e descrivendola si fonde con essa. Vi si perde e vi si ritrova al contempo, fissando nero su bianco emozioni e riflessioni, personali ma anche universali. “L’isola è deserta, io stessa lo sono” scrive la Ramondino, acuendo un meccanismo di fusione e di identificazione tra stati d’animo e geografie.
La scrittura corre al passo con il vento, con le onde, con il brusio circostante, che scivola, all’occorrenza, nel silenzio. Accanto a divagazioni intimiste compaiono paragrafi e paragrafi dedicati alla storia dell’isola, alle sue origini, a quanti vi sono passati lasciandoci il segno. Nella seconda parte del libro la vitalità della bella stagione è già un’eco lontana: c’è spazio per il vento autunnale, la solitudine, i mutamenti. La Ramondino accoglie la metamorfosi stagionale e la attraversa, come fa con i suoi umori, le sue paure, le sue malinconie velate. E non mancano i riferimenti a Napoli, la città natale, nella quale ritorna negli anni Sessanta, dopo l’infanzia a Palma di Maiorca. Il rientro nel capoluogo campano (in via dei Tribunali, a Palazzo Spinelli) segna il suo stile e la sua visione. Lavora in un asilo frequentato da bambini poveri, conduce inchieste sulla disoccupazione, racconta la città. Compone parecchi racconti, ma anche reportage (famosi quelli sul disagio psichico e sulla rivoluzione di Basaglia), poesie e sceneggiature. Lavora con Mario Martone e arriva fino nel deserto per un documentario sul popolo Saharawi. Fabrizia Ramondino con la sua scrittura rende comuni avvenimenti privati: è la particolarità della sua penna offrire all’immaginario del lettore esperienze personali rivisitate in modo tale da rendere universali. E in questa universalità di idee ci ritroviamo a distanza di anni, oggi come ieri.