Il primo problema puo’ essere parzialmente risolto con l’abolizione del reato di clandestinita’, che ha portato, dal 2007 a oggi, un grande numero di detenuti. L’emendamento, proposto da due senatori del MoVimento 5 Stelle, contro il volere dei suoi leader e di una parte della base, e’ stato passato sull’onda lunga della tragedia di Lampedusa, sollevando le critiche di chi ritiene irresponsabile lasciare gli immigrati senza permesso di soggiorno senza alcun controllo. Sono convinto pero’ che, nonostante sia vero che ci sia bisogno di un sistema per regolamentare gli sbarchi e schedare chi entra nel nostro Paese, il reato di clandestinita’ non sia la risposta a questa esigenza, perche’ identifica come un reato un’azione che di cattivo, di colpevole, non ha nulla se non la voglia di trovare un posto migliore e la speranza e il coraggio necessari a lasciare la propria casa lontanissima per l’ignoto.
Altri reati che non dovrebbero essere considerati puniti con il carcere sono il possesso personale di droga e il fenomeno, dilagante tra i giovani, dello shoplifting. La legge e’ sempre piu’ dura con il tossicodipendente di piccola taglia, forse nell’ottica di una war on drugs mutuata dalla politica USA in proposito. Peccato pero’ che questa politica non sia la migliore per ridurre il consumo di droga, mentre la depenalizzazione lo e’. Praticata in Portogallo con ottimi risultati, la riduzione delle pene per possesso di droghe leggere e pesanti si e’ rivelata il modo migliore di affrontare il problema, anche attraverso un sistema sanitario nazionale pronto ad accogliere le esigenze dei malati attraverso programmi di riabilitazione validi, laddove il nostro dovrebbe farlo, dice la Costituzione.
Il secondo problema, la mancanza di spazi per le carceri, e’ un falso problema. Non e’ vero che non ci sono spazi per le carceri. Premesso che, se si agisse su quanto detto prima, gli spazi si dovrebbero dare alle comunita’ di recupero e ai centri di accoglienza, il problema di trovare nuovi edifici puo’ essere benissimo risolto con l’utilizzo di alcune caserme in disuso che sarebbero solo da mettere a norma. E’ vero che un quartiere vicino a una prigione perde valore d’acquisto perche’ diventa, nell’opinione comune, un quartiere malfamato. Combatto questa mentalita’ con forza: per quale motivo un carcere, ossia un posto pieno di guardie carcerarie e poliziotti, non solo di detenuti, dovrebbe rappresentare un problema per l’ordine pubblico o l’ambiente circostante?
Eppure, puntando sulle carceri a volte si vince, e il mondo dell’arte lo sa: i fratelli Taviani, registi, ci hanno vinto un Orso d’Oro (Cesare Deve Morire, 2011), l’attore e regista teatrale Ascanio Celestini, che ha spesso inscenato i suoi spettacoli nelle carceri, il gruppo romano Ardecore. Il mondo delle carceri grida, attraverso l’arte, attraverso il teatro, grida la propria umanita’. Non bisogna pensare che siano solo un peso, i detenuti: i detenuti sono cittadini, hanno dei diritti e delle potenzialita’ che vanno sfruttate, troppo spesso li si considera solo un onere. E il Paese, in quest’ambito, ha solo che da mostrarsi meno sordo a tali urla.
L’unico atteggiamento finora dimostrato dallo Stato e’ l’indifferenza. Salvo quando si deve parlare di indulto, una misura straordinaria che per noi ormai ha dell’ordinario, e della quale alcuni uomini politici fanno uso soprattutto personale. Ma in tempo di pace e di poche elezioni, fatti salvi i Radicali e alcuni esponenti di Sinistra Ecologia Liberta’, in entrambi gli schieramenti regna il silenzio.