La prima volta che ho sentito parlare di Re Nudo è stata durante uno speciale passato in Rai in seconda serata. A un certo punto c’erano gli AREA a una delle ultime edizioni del Festival del Proletariato Giovanile organizzata proprio da Re Nudo. La rivista – il cui primo numero era uscito nel dicembre del 1970 – era ormai già diventata un punto di riferimento per tutto il movimento che faceva capo alla Controcultura, alla controinformazione e alla scena underground, in quegli anni legata a stretto giro alla sinistra extraparlamentare e – spesso in maniera critica – ai movimenti studenteschi. Nata a Milano, all’epoca centro fervente di una cultura altra e ribelle, la storia di Re Nudo sarebbe stata poi legata nei decenni a venire a quella di uno dei suoi fondatori, Andrea Valcarenghi. Ed è proprio lo stesso Valcarenghi, scrittore ed editore, classe 1947, a curare il volume “Antologia di Re Nudo 1970 – 2020. Storia e storie di una rivista”, edito da Edizioni Interno4.
Il volume – corposo, cinquecento pagine tutte a colori – vuole essere una celebrazione e una testimonianza di quasi cinquant’anni di giornalismo, e rappresenta, come dice lo stesso titolo, una fedele antologia di moltissimi articoli usciti sulle sue pagine.
È diviso in tre parti. Nella prima, quella del periodo d’oro 1970-1980 (sicuramente la più interessante per contributi e prospettiva storica), ritroviamo intatte – con le voci del tempo – tutti i temi che animarono una stagione certamente rivoluzionaria e, per molti aspetti, ormai irripetibile: vi compaiono riflessioni sulla natura stessa e sul concetto di underground e di Controcultura, sulla condizione delle carceri e sui fermenti del femminismo come anche sull’autocoscienza maschile e sull’omosessualità. Ci sono le droghe – naturalmente – tanto in una visione positiva e celebrativa grazie alla gioia lisergica dell’LSD, quanto nell’incubo generato dall’avvento e dalla rapida diffusione dell’eroina. Ancora: i temi del suicidio e della malattia mentale – sono gli anni triestini di Franco Basaglia – dell’erotismo (libero) e della prostituzione, fino alla politica con Lotta Continua e tutte le idee che animavano quegli anni ferventi. Ci sono eventi che segnarono quell’epoca come la morte di Demetrio Stratos nel ’79 e i reportage dal Festival del Proletariato ma anche il ricordo del suicidio di Luigi Tenco. C’è spazio per interviste importanti: su tutte quelle a William Burroughs e Allen Ginsberg ma anche incontri musicali con Gaber, Guccini, Jannacci, Pagani e la presenza di una firma mai troppo ricordata come quella di Mauro Rostagno. Pagine che rappresentano anni di grandi scontri, anche interni al giornale: nel 1971 l’”ala situazionista” – con Gianni-Emilio Simonetti – dà il via a una brevissima scissione, mandando alle stampe cinquemila copie di Re Nudo Colpo di Mano. L’anno successivo la proposta di dare vita al movimento delle Pantere Bianche per ampliare il proprio impegno a temi di rilevanza quali aborto, divorzio, carceri e disagio urbano, provoca la scissione della componente redazionale più vicinia a una visione hippie e scanzonata della rivista.
È un’indagine sul delitto Rostagno ad aprire la seconda sezione, quella del ritorno di Re Nudo a quasi quindici anni di distanza, nel 1996. Tra i musicisti presenti spicca soprattutto Franco Battiato (che a partire dal 2008 entrerà a far parte del Comitato dei Garanti) e, insieme con lui, Vasco Rossi e Fabrizio De André – anche con un ricordo della sua prematura scomparsa. C’è un bel ritratto doppio di Tiziano Terzani e Oriana Fallaci, Lidia Ravera sull’India, e un incontro tra Gaber e Adriano Sofri. Re Nudo continua a mantenere anche negli anni duemila la sua fortissima correlazione con il presente che lo circonda. Il riflusso lascia ampio margine a riflessioni politiche non più extraparlamentari: il PCI e la sua crisi, i temi dell’economia e un approfondimento sui reduci del ’68, il terrorismo politico, la Chiesa Cattolica tra la fine del papato di Giovanni Paolo II – “il più grande politico del nostro tempo” e gli scandali della pedofilia. Ancora guerra e torture, il pacifismo, un ricordo a distanza dell’omicidio Calabresi e il tema sempre più pressante dell’ecologia (con ancora Sofri su Alexander Langer). Ma in questa seconda fase acquistano sempre più spazio, tematiche – fino a quel momento – inedite per quelle pagine: la cultura zen, le comunità etico spirituali, Osho e il misticismo nelle sue diverse forme, come anche il rapporto con l’Islam, l’ecologia olistica e la ricerca interiore.
E sarà proprio sotto l’impronta di queste tematiche che poi Re Nudo continuerà nel decennio successivo – ormai rivista trimestrale – fino al 2020 con numeri monotematici legati a Oriente e Occidente, illuminazione e nuova scienza, autocoscienza, scienze dello spirito e yoga.
Nel ripercorrere gli anni della “sua” rivista, Valcarenghi, diventato personaggio noto a Milano già nel 1967 per la sua obiezione di coscienza al servizio di leva, quindi leader del gruppo Provos milanese “Onda Verde” – finisce con il dare un ritratto anche della sua parabola di uomo e d’intellettuale. La crisi del Movimento studentesco del ’77 – l’anno prima, l’ultima edizione del Festival al Parco Lambro era stata segnata da incidenti, espropri e violenze – spingerà molti dei protagonisti di quella stagione a una ricerca spirituale. Ed è proprio nel 1977 che Valcarenghi con Mauro Rostagno (con lui anche in Lotta Continua) compie il suo primo viaggio in India dove incontra Osho Rajineesh, assumendo il nome di Swami Deva Majid. L’incontro con il maestro spirituale indiano sarà fondamentale non solo per la sua vita – ne diventerà ambasciatore in Italia nel 1986 – ma, come abbiamo visto, per l’evoluzione tematica dello stesso Re Nudo. In questo senso – almeno per chi vi scrive – la sola pecca della raccolta – che mantiene praticamente proporzioni perfette tra gli articoli e gli anni del periodo di riferimento – sta nel tendere, probabilmente, a sacrificare il suo decennio più interessante per una copertura più recente molto corposa su temi che appaiono, ancora a titolo personale, meno affascinanti e non scevri da qualche caduta di stile – noto è il fascicolo 10 dell’Autunno 2010 (qui non riportato) in cui Scilipoti, parlamentare dell’IDV, è celebrato come paladino del movimento olistico e araldo nelle battaglie antiusura.
Ma detto ciò, l’Antologia rimane non solo un documento storico prezioso ma una lettura piacevole e appassionante che fin dalla Meglio Gioventù dei tempi andati ha saputo essere una storia editoriale vincente capace di arrivare ai giorni nostri.