Les Misérables | Le banlieue parigine nel film di Lady Ly

“Tenete presente, amici miei, che non vi sono né cattive erbe né cattivi uomini: vi sono soltato cattivi coltivatori.”

(Victor Hugo, Les Misérables)

Se si è alla ricerca di un film perfetto per guardare al recente passato e indagare su ciò che di nefando è avvenuto in questo 2020, allora l’ultima opera di Ladj Ly capita a fagiolo. Les Misérables riprende titolo e anima politica del classico romanzo di Victor Hugo ma ne colloca la narrazione circa duecento anni più tardi, sviluppandosi attorno ai subbugli popolari di Parigi scatenatisi per la finale dei Mondiali di calcio del 2018. Il film ha luogo nella periferia parigina, dove criminalità e razzismo sono all’ordine del giorno, e seguiamo le vicende di Stephane (Damien Bombard), un membro della squadra anti-crimine di Montfermeil che assieme ai compagni Gwada (Djebril Zonga) e Chris (Alexis Manenti) vedrà il microcosmo del quartiere esplodere quando per un arresto verranno applicati i cosiddetti “metodi speciali”.

 

Per quanto i risvolti sociali di Les Misérables ci riportino alla mente altri film che negli ultimi trent’anni hanno affrontato con piglio fisico tutta la rabbia dei conflitti culturali consumati tra le strade, i parallelismi quasi profetici con l’episodio che è costato la vita a George Floyd sono decisamente più inquietanti. Saranno anche passati duecento anni dall’epopea di Jean Valjean, cinquant’anni dalla guerriglia urbana di Detroit raccontataci nel 2017 da Kathryn Bigelow e quasi trenta dalla morte ingiusta di Abdel in L’Odio di Mathieu Kassotivz, ma poco sembriamo aver imparato da questi fatti. La storia si ripete come un flusso di marea, e quelle stesse istituzioni che abbiamo scelto noi continuano a mietere vittime “per errore” in virtù di un esclusivo abuso di potere. Les Misérables è un film che alimenta la nostra rabbia nei confronti dell’ingiustizia, che turba nel profondo delle viscere.

Il lavoro di Ladj Ly non è tanto diverso da quello di un saggista, e attraverso la messa in scena sensibilizza ai temi avanzati mentre divulga l’universalità dei valori di solidarietà e amore, i quali ancora possono salvarci dall’oscurità della violenza che tutto divora senza lasciare scampo alla speranza di redenzione. Il regista ha scelto uno stile visivo forte e vivido che miscela azione e toni melodrammatici per curare la nostra comoda cecità verso tutti quei problemi che decidiamo di non vedere perché reputati troppo “distanti” da noi per interessarci davvero. Les Misérables milita un folgorante atto d’accusa contro il fanatismo dell’odio radicato nell’ignoranza di una società costretta a “rispondere della notte che produce”.

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