Per raccontare questa storia bisogna partire da lontano. Precisamente dal 1947 e da un’altra imbarcazione chiamata Exodus, piena di ebrei speranzosi, diretta in Palestina. La composizione dei passeggeri era alquanto omogenea, gente disperata sopravvissuta ai lager nazisti in cerca di pace. La nave partì da La Spezia ne primi di luglio e dopo qualche settimana di navigazione fu speronata dagli inglesi. Questo davanti a Kfar Vitkin, a pochi chilometri dalla speranza di potersi lasciare alle spalle il nazismo e tutto quello che ha comportato. I profughi furono rispediti ad Amburgo nel campo di Poppendorf, un campo di prigionia.
Nel novembre dello stesso anno, la Commissione Speciale per la Palestina mette a punto il progetto della creazione di due stati: uno israeliano e l’altro palestinese mentre Gerusalemme sarebbe diventata una città libera. Il piano fu sottoscritto e approvato ufficialmente dall’assemblea dell’ONU. A questa notizia cominciano sistematici attacchi ai villaggi palestinesi, tra cui quello del marzo ’48 contro il villaggio di Dreir Yassin (a pochi chilometri a Ovest da Gerusalemme) dove furono trucidati un centinaio di palestinesi.
Il 14 maggio 1948 David Ben Gurion, uno dei principali leader sionisti, proclama la nascita dello Stato di Israele. Gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica si affrettano immediatamente nel riconoscerlo (insieme ad altri paesi) e scoppia la guerra. La lega Araba, scimmiottando retoriche nazionaliste, si oppose fortemente alla creazione dello stato e il 15 maggio fece irruzione nel territorio israeliano. La guerra andrà avanti fino al gennaio dell’anno seguente con la sconfitta della lega araba e con l’allargamento dei confini dello Stato di Israele ben oltre i limiti imposti dall’ONU e impadronendosi di territori assegnati ai palestinesi.
Alla fine di questi sanguinosi anni sono 750.000 i palestinesi costretti ad abbandonare le proprie case e la propria terra, spinti verso la Striscia di Gaza e la Giordania in maniera decisamente poco elegante. Centomila arabo-palestinesi restano a vivere nei confini israeliani e da allora subiranno vessazioni e confische di ogni tipo che continuano tutt’oggi.
Dal giugno 2007 Israele proclama un blocco economico e commerciale per la Striscia di Gaza in seguito alla presa del potere di Hamas, dopo la cacciata di funzionari del Fatah nella cosiddetta “Battaglia per Gaza”. Tutte queste “meravigliose” vicende storiche hanno il difetto di tralasciare costantemente lo stato di salute della popolazione palestinese. I governi, impegnati nel proprio risiko nazionalista, dimenticano (?) cosa vuol dire un embargo e le sue conseguenze.
Una buona voce – spezzata dal brutale assassinio che ha sconvolto l’Italia e il mondo intero nell’aprile del 2011 – era quella di Vittorio Arrigoni, un’attivista per i diritti dei palestinesi a Gaza, collaboratore de Il Manifesto e testimone diretto degli eventi più tragici degli anni recenti nell’area. Sul suo blog pubblicava report, notizie, foto terribili riguardo a quello che era il “blocco” e le vessazioni che il popolo palestinese era costretto a subire dai militari israeliani. Questo è uno dei vari video di denuncia che l’attivista ha girato:
Nel maggio 2010 la “Freedom Flottila” per Gaza, si mosse in direzione della striscia per forzare il blocco e portare aiuti umanitari alla popolazione palestinese che tra un “piombo fuso” e l’altro continua a patire la fame, la sete e le malattie che un’occupazione e un embargo comportano. La risposta di Israele fu incredibile: in un’operazione denominata “Brezza Marina”, assaltarono la nave e uccisero nove attivisti. Dall’altra parte l’esercito israeliano dichiarò dieci feriti tra i propri commilitoni.
Venne aperta un’inchiesta da parte del Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU (UNHRC) che si concluse come segue: «la commissione di indagine ha concluso che sono state effettuate svariate violazioni delle leggi internazionali, incluse le norme umanitarie e le leggi sui diritti umani, a seguito dell’attacco portato da Israele nei confronti della flottiglia di navi che stava trasportando aiuti umanitari».
Qualche giorno fa altri attivisti sono partiti alla volta di Gaza, su una nave chiamata “Estelle”, la quale trasportava aiuti umanitari tra cui medicine e attrezzature ospedaliere. Il vascello era stato salutato a Napoli da centinaia di attivisti filo-palestinesi e le intenzioni politiche erano proprio quelle di denunciare il blocco, rendere visibile un’emergenza che viene ignorata dai media di mezzo mondo come se nulla stesse accadendo in quelle zone e portare aiuti.
Alle ore dieci e trenta di oggi il sito italiano di Freedom Flotilla ha riportato la notizia che sei navi della marina militare israeliana hanno attaccato Estelle: «Navi da guerra israeliane abbordano il veliero Estelle, con su attivisti per i diritti umani e membri del parlamento di diverse nazionalità europee, diretto a Gaza in missione di pace. Estelle è una nave disarmata, in missione umanitaria e di pace, con cargo ispezionato più volte, equipaggio con dichiarate intenzioni non violente, in rotta da acque internazionali direttamente in acque territoriali di Gaza. Non può in alcun modo costituire minaccia né per la sicurezza di Israele né per altri. Il governo Israeliano poteva scegliere e doveva farla passare. Il governo israeliano non può addurre ragioni di sicurezza plausibili o avanzare competenze giuridiche territoriali sulla rotta di Estelle. La missione umanitaria di Estelle consiste in un messaggio di pace ben preciso e doveroso: solidarietà con il popolo palestinese e basta con l’assedio di Gaza subito e per sempre».
Uno dei portavoce ha dichiarato che i militari sono saliti a bordo dell’Estelle indossando maschere antigas. Le prime notizie riportano che l’attacco è avvenuto in acque egiziane e che l’azione era addirittura stata preannunciata con un messaggio da parte del Ministero degli Esteri Israeliano con quello del Ministero degli Esteri Finlandese in cui si affermava la volontà di fermare gli attivisti in acque internazionali e portarli nel porto israeliano di Ashdod.
Quello che si sa al momento è che l’equipaggio dell’Estelle è stato ufficialmente arrestato. La storia si ripete (senza morti), l’attacco subito da civili le cui dichiarazioni umanitarie e pacifiche erano ben esplicitate rimarrà probabilmente nuovamente impunito. Come reagirà l’ONU di fronte all’ennesima violazione dei diritti umani? Si limiterà nuovamente ad un’inchiesta o prenderà una posizione differente, più decisa? E cosa penserebbero oggi gli ebrei che erano sull’Exodus del comportamento della marina israeliana nei riguardi della Freedom Flotilla prima e dell’Estelle adesso?
Ecco l’appello di Marco Ramazzotti Stockel della rete “Ebrei contro l’occupazione“, che parla a bordo della Estelle:
P.S.: “Israele è il baluardo della democrazia in Medioriente” – R. Saviano
P.P.S.: la notizia dell’arresto in acque “egiziane” è stata presa da qui