Che Serena Dandini, autrice televisiva, conduttrice e scrittrice, si sia presa una cotta per la fotografa Lee Miller è indubbio. Una cotta nel senso di fissa, come capita quando ci specchiamo – nostro malgrado e tramite percorsi inattesi – nelle esperienze di un altro essere umano, anche se distante nel tempo e nello spazio. La vasca del Führer è il testo tra biografismo e fiction che Dandini ha pubblicato per Einaudi Stile Libero e con il quale ha riavvolto le fila delle avventure, delle passioni, dei traumi, delle avanguardie e del coraggio di Lee Miller. Di una donna che è stata prima modella e musa e poi reporter di guerra, ogni volta iconoclasta, refrattaria a lacci, vincoli e ingessature, ogni volta spinta dal suo ritmo, dalle sue esigenze, dalla sua curiosità e faccia tosta. Un mix potente, esplosivo se si considera quanto fosse bella e determinata.
Serena Dandini ricostruisce le esistenze in una esistenza, i ruoli che, uno ad uno, Miller si è cucita addosso, senza attendere l’autorizzazione di nessuno. La sua parabola è d’ispirazione, fuori dagli schemi, sorprendente e rivoluzionaria per qualsiasi epoca, anche i nostri anni Settanta. È stata una specie di supernova che ogni uomo con cui è entrata in contatto ha voluto nel proprio cielo. Come ha spiegato la stessa Dandini (ho seguito alcune presentazioni on line), la stesura del libro ha richiesto anni di studio, di ricerche, di scelte sui contenuti a disposizione. Non è rimasta fuori la storia dell’Europa e del mondo dagli anni Venti alla seconda metà degli anni Quaranta: diversamente, non si sarebbe dato risalto alla modernità di Lee. La scelta di non evitare gli eventi storici ma di selezionarli rispetto alle esigenze narrative è stata coraggiosa e attesta l’abilità dell’autrice che si è posta con curiosità verso i fatti collettivi più sconvolgenti del secolo scorso. Pagina dopo pagina, cambiano gli scenari, i luoghi: c’è la provincia americana dove Lee è nata e cresciuta, c’è New York, c’è la Parigi surrealista degli anni Venti e Trenta, c’è l’Egitto e tutta l’Europa della Seconda Guerra Mondiale.
Il libro comincia dalla fine: Hitler si è tolto la vita, Lee e il suo collega e amante David Sherman sono nell’appartamento dell’uomo simbolo del male assoluto, promotore dello sterminio di milioni di esseri umani. Lei porta l’uniforme da giorni, è stremata e fa il bagno nella vasca del demonio, imbrattando di fango il pavimento con gli stivali sudici. Mentre si lava, ha l’idea di farsi scattare la fotografia da Sherman: è un’immagine piena di intimismo, la provocazione di una fotografa che ha già vissuto decine di vite e si ristora nel bagno di Hitler. Da qui parte il viaggio a ritroso negli eventi della donna che è stata la pupilla di Condé Nast, l’allieva e l’amante di Man Ray, l’amica e la modella di Picasso e che allo sfavillio di Parigi, prima dell’occupazione nazista, ha sostituito l’orrore del conflitto e la testimonianza fotografica nei campi di concentramento per le lettrici imbellettate di Vogue. Se in ogni storia umana esistono momenti clou, in quella di Lee risalta il giorno in cui decide di passare da una parte all’altra dell’obiettivo, e da modella che era, rinasce fotografa. La fotografia diviene la sua voce che, abbinata ai testi, le fornisce le chiavi per interpretare le contraddizioni, i totalitarismi, le disillusioni del secolo scorso. Ma penetrare gli eventi, arrivare alla radice, ha degli effetti e Lee li sconta tutti nell’ultima parte della sua vita, a cui è dedicata la conclusione della ricerca di Dandini.
Leggere questo libro consente al lettore di conoscere meglio una donna inimitabile, che ha scelto da che parte stare, che qualche volta ha perso la bussola ma poi si è ritrovata, che per amore della vita è andata in guerra, che non ha fatto della sua bellezza un simulacro e uno scudo. Lee Miller si è sfidata, dall’inizio alla fine, e si è fermata solo quando la malattia ne ha minato la forza e le energie. Qualche volta Serena Dandini entra in prima persona nel testo, introduce degli spiragli su di lei ma nulla che offuschi l’obiettivo del libro, che è ricompattare i pezzi di un’esistenza unica che a noi donne d’oggi dice tanto, se solo siamo disposte a tendere l’orecchio.