Donne coraggiose hanno superato sfide immense, viaggiato per il mondo, protetto le proprie famiglie dalla miseria e dall’ingiustizia. Hanno anche contribuito a importanti scoperte scientifiche, spesso sottovalutate a causa del loro genere. Scoprirono piante come nel caso di Jeanne Baret con la bougainvillea e si distinsero nel campo della ricerca come Tu Youyou nella lotta contro la malaria. E anche se in pochi lo sanno, le donne hanno letteralmente cambiato la storia della botanica, determinando trasformazioni significative e diffondendo un vigore che trasmette vita ed energia positiva chiamato viriditas. Vediamo insieme chi sono queste donne, botaniche e ribelli del passato a cui va un ringraziamento da parte di tutte e tutti.
Aina S. Erice, biologa e autrice, ha risposto alle nostre domande, spiegandoci meglio il tema affrontato suo libro Viriditas. Le donne della botanica, pubblicato da Aboca Edizioni e illustrato da Amanda Mijangos.
Ciao Aina, la prima domanda che vorrei farti è: in quali circostanze ti è venuta l’idea di scrivere un libro che potesse ripercorrere le storie delle donne che ci hanno aiutato a comprendere meglio il regno vegetale?
Come tante idee interessanti, questa è stata frutto di un dialogo con la mia editrice spagnola, Teresa, con cui avevamo già pubblicato un libro illustrato sulle piante nelle fiabe tradizionali. Lei voleva pubblicare un volume sulle storie delle donne e, siccome io mi occupo di piante, la collaborazione è venuta spontanea: perché non scrivere sulle donne che ci hanno aiutato a capire meglio il regno vegetale? Ed ecco Viriditas!
Tra i 16 profili femminili che hai descritto in Viriditas. Le donne della botanica ci sono una principessa bizantina, una monaca cristiana, una chimica cinese, vincitrice del premio Nobel per la medicina, una pittrice francese, una genetista sovietica, un’educatrice hawaiana, una palinologa nigeriana e tante altre ancora. Ce n’è una che ti ha colpito più di altre? E se sì, per quale motivo?
Fra tutte le donne che popolano le pagine del libro, ce ne sono alcune a cui sono più affezionata e che mi hanno colpito in modo particolare per motivi diversi. Ildegarda di Bingen, ad esempio, monaca tedesca del dodicesimo secolo, per la sua curiosità vorace nella quale mi rivedo molto (e anche per aver inventato una lingua tutta sua!). Oppure la hawaiana Isabella Aiona Abbott, esperta di alghe e ammiratrice delle conoscenze etnobotaniche indigene, una delle poche di cui ho visto qualche filmato e ascoltato la voce (un vero privilegio, considerando che la maggioranza delle donne di cui ho scritto sono vissute molto prima dell’invenzione delle telecamere).
A un certo punto scrivi: “Molte donne dovettero vivere all’ombra dei loro colleghi botanici, uomini bianchi generalmente di estrazione sociale elevata; ma ciò non impedì loro di ampliare le proprie conoscenze, di raccogliere, illustrare e condividere le meraviglie vegetali che scoprirono”. Secondo te quali caratteristiche dovevano avere in passato le donne che sono riuscite a “varcare le soglie di un mondo fatto dagli uomini per gli uomini”?
Essere tenaci, appassionate e molto fortunate! Senz’ombra di dubbio aiutava il fatto di appartenere a una classe sociale benestante ed avere certi mezzi materiali a disposizione, come capitò a Marianne North. E, a seconda della strada che si desiderasse percorrere, essere pronte a fare rinunce personali (per esempio, accettare di non formare una famiglia propria, come capitò a Janaki Ammal).
I tuoi testi sono accompagnati e impreziositi dalle bellissime illustrazioni di Amanda Mijangos che, oltre a dare un volto, un corpo e un’ambientazione a queste donne, ha disegnato anche una miriade di piante, frutti e animaletti. Com’è stato lavorare insieme alla realizzazione del libro?
Ho sentito dire che il livello di implicazione degli scrittori con gli illustratori dei loro testi non è sempre elevato, ma a me è sempre piaciuto scambiare idee e offrire una mano di aiuto botanico (il che non è male, se l’obiettivo è quello di rappresentare piante vere nelle illustrazioni).
Poi, in un progetto come Viriditas, il risultato finale si arricchisce grazie alle esperienze e alla cultura delle persone che vi partecipano. Amanda ci ha parlato della sua passione per gli erbari antichi della sua terra, il Messico, e dell’interesse che avrebbe avuto nel disegnare non solo le piante, ma anche gli animali. Questa idea ha impreziosito notevolmente le illustrazioni, che riflettono non soltanto ciascuna pianta, ma anche i loro rapporti ecologici con specie differenti di animali.
Anche tu, come le protagoniste di questo albo illustrato, eserciti una professione che ti permette di stare sempre a contatto con le piante. È stata la tua passione per questo mondo a farti diventare una biologa? Secondo te qual è la cosa più bella del tuo mestiere?
In realtà la mia passione per le piante è stata frutto di un innamoramento improvviso, parecchi anni dopo aver iniziato gli studi di biologia. All’inizio la botanica non attirava granché la mia attenzione, ma sono stata fortunata nell’aver avuto insegnanti che hanno reso le piante e le loro storie davvero accattivanti… ed eccoci qua!
Se penso al mio mestiere come quello di raccontare le meraviglie del regno delle piante e del nostro rapporto con loro, forse la cosa più bella è scoprire che ci sono persone che mi leggono oppure che mi ascoltano a migliaia di chilometri di distanza; che mi invitano ad entrare nelle loro vite e che si divertono insieme a me con le storie che condivido. Questo non smette mai di sorprendermi, ha del miracoloso per me.
Dopo aver raccontato le storie delle donne della botanica di ieri, pensi che oggi per le donne sia più facile accedere allo studio scientifico delle piante o ci sono ancora tanti pregiudizi che nel 2024 non dovrebbero più esistere?
Quando ho scoperto quanto siano state dure le vite delle donne che studiavano le piante nei secoli passati, ho realizzato che le cose oggi sono infinitamente meglio di prima. Nella mia esperienza personale mi ritengo fortunata, dato che in linea di massima mi sono sentita trattata adeguatamente rispetto ai colleghi maschi. Tuttavia sono consapevole del fatto che i pregiudizi attuali non si esprimono in modo spudorato come succedeva duecento anni fa, e non mi sorprenderebbe che altre colleghe si siano sentite vittime di pregiudizi più o meno nascosti che ancora oggi stentano a sparire.
Chi speri che possa leggere queste storie? E quali reazioni ti auguri possano suscitare nelle persone?
Mi piacerebbe pensare che chiunque abbia una scintilla di curiosità verso le piante e/o verso le donne nella storia possa trovare qualcosa di interessante nelle pagine di Viriditas. Spero che i racconti su queste “donne della botanica” e sulle piante che hanno fatto loro compagnia siano una fonte di ispirazione e di riflessione, ma anche di intrattenimento.
Stai lavorando o hai in programma di realizzare altre pubblicazioni su questo tema?
In questo preciso momento sto lavorando a un nuovo libro, sempre attorno a tematiche etnobotaniche, che seppure non sia specificamente incentrato sulle donne, mi sta aiutando a capire meglio il rapporto fra piante e mondo femminile nelle culture umane. Inoltre a ciò, il podcast che produco in spagnolo è dedicato in questi mesi all’intersezione fra piante e stregoneria, un argomento dove la donna, ahimè, si è tristemente ritrovata ad avere un ruolo da protagonista. Poi, se in futuro il podcast si trasformerà in una nuova pubblicazione che, come Viriditas, possa essere totalmente incentrata sul rapporto fra donne e regno vegetale… io di certo non mi lamenterò!