Le ciliegie di Manja Präkels: il lato nero della DDR

VEB Kombinat Robotron, von der Grunaer Strasse aus, Dresden

I romanzi ambientati al di là della cortina di ferro hanno sempre, o quasi, il potere di creare una deformazione tra il tempo e i fatti, alla luce di un salto temporale breve. Trasportano dentro un mondo fatto di altre regole, altri principi, senza il bisogno di aggrapparsi al fantastico. Questi romanzi sono uno spiraglio sulle rovine di un mondo presente sino a poco più di ieri, che tanto hanno da dire anche al fine di una migliore comprensione dell’odierno.

Manja Präkels ambienta il suo Quando mangiavo ciliegie sotto spirito con Hitler (Voland Editore, tradotto da Silvia Morante e Stephanie Kunzemann) nella DDR negli anni ’80, in una cittadina sull’Havel, raccontandoci la storia di Mimi Schulz, dalla sua adolescenza al suo passaggio all’età adulta. La struttura temporale degli eventi storici fa sì che la trasformazione di Mimi e la transizione adolescenza/età adulta siano accompagnate da quella che è la transizione storica tra DDR e la Germania odierna, seguendo in parallelo quelli che sono dei veri shock esistenziali e sociali.

Mimi è una studentessa modello, nonché perfettamente integrata nelle gerarchie giovanili della DDR: è una fidata Pioniera, porta le sue lodi al compagno Thälmann e segue le evoluzioni sul ghiaccio di Katharina Witt cantando a gran voce Auferstanden aus Ruinen.

Mimi vive però anche un mondo fatto di eventi unici e particolari: persone “scomparse” di cui si dice semplicemente che siano andate dall’altra parte, campi sportivi da frequentare durante l’estate dove scovare i futuri olimpionici della Repubblica Democratica Tedesca, grandi parate per la pace e il socialismo tra un vinile entrato di straforo dall’Ovest e l’altro. Questa per Mimi è la realtà.

Le sue giornate sin da bambina sono contornate dalla famiglia e dagli amici, da Oliver con cui si diverte a rubare ciliegie dai barattoli, da Ulli, Katharina, Pille, Palle e altri ancora. La sua vita procede in maniera ordinata e tutto sommato tranquilla, la ragazza cresce e con la crescita arrivano le prime esperienze, le prime sbronze, i ragazzi. Ma Mimi nel suo percorso di crescita si trova anche ad imbattersi in sentimenti che prima le sembravano estranei ai cittadini della Germania Est, ascoltando gli adulti, infatti, non di rado intercetta invettive contro lo straniero e maledizioni contro Honecker accorgendosi che nel profondo molte persone covano qualcosa di strano, di diverso e a tratti terribile.

Sinché non accade quello che tutti sappiamo esser accaduto.

Präkels ci accompagna quindi nel mondo delle fratture attraverso gli occhi di una giovane ragazza che vede qualcosa cambiare all’interno del suo sistema di riferimento tra cui quello degli idoli. Non è un caso che ad esempio uno dei primi shock a venire descritto sia quello sportivo. Arrivano come un lampo i Mondiali di Calcio del 1990 e Mimi ad esempio non si spiega come tutti gli uomini del paese siano improvvisamente diventati tifosi della Germania Ovest, così come allo stesso tempo capisce lo spaesamento del suo tuffatore preferito che dal gradino più alto del podio si ritrova celebrato da una musica estranea, quella nota a tutti come Das Lied Der Deutschen.

Insomma, dove diavolo era finita la DDR?

“Quando mangiavo ciliegie sotto spirito con Hitler” non è però un libro sulla Ostalgie, bensì un libro che si incentra su cosa succede all’essere umano quando vengono meno tutti i suoi punti fermi.

Il passaggio da un sistema economico ad un altro prevede la completa distruzione e ricostruzione di strutture fondamentali, che passano dall’istruzione alla ripartizione del lavoro a quelli che sono i motivi stessi per cui “si lavora”. Improvvisamente i diplomi smettono di valere, persone ben posizionate perdono il proprio lavoro, la società stessa si trova sospesa in un limbo.

I posti di sempre vengono rimpiazzati ed è la memoria a diventare il luogo di una vita segreta e non più recuperabile, un cambiamento che da molti viene accolto con entusiasmo ma che in altri si manifesta sotto forma dell’orrore.

Un orrore presente in tutto e per tutto in una celere frase pronunciata dalla sorella di Mimi che prendendola in disparte davanti al suo spaesamento esclama “è il capitalismo, è come ci avevano raccontato“. Eppure lo sguardo di Präkels non è certo apologetico, soprattutto nella descrizione di quel proletariato che dovrebbe essere cuore pulsante, un proletariato invece anche qui condannato in fabbriche che poco di diverso hanno rispetto alla prigione, in vite che poco hanno da esperire che non sia la fatica del lavoro.

Davanti agli scaffali pieni di nuove merci quello che era un sentimento sopito trova la libertà di emergere nuovamente, quello che prima sembrava latente sale in superficie con tutta la sua forza. E non si tratta solo di una nuova economia, del profitto, dell’allargamento della forbice della disuguaglianza.

C’è qualcosa di peggio: i piccoli paesini si riempiono di “gorilla”, le aggressioni sono all’ordine del giorno e a distanza di poco più di cinquant’anni quelle due parole tornano a riecheggiare: Heil Hitler.

Mimi esperisce la paura per le strade, eppure lei non è altro rispetto a quello che è sempre stata. Da quando è diventata una zecca da ammazzare? Hanno sempre voluto ammazzarla e forse non avevano lo spazio vitale per affermarlo? Il sottobosco nazista è sempre stato lì davanti ai suoi occhi?  In questo senso il romanzo di Präkels parla a noi che abitiamo questo tempo proprio laddove la Germania Est è il terreno più fertile per Alternative für Deutschland.

Manja Präkels

La vita di Mimi diventa una storia di fughe e di una ricerca costante di un proprio posto in un mondo che non è più quello che l’ha cresciuta e che le aveva garantito un’esistenza che già si era cucita addosso.

Le amicizie della ragazza letteralmente esplodono, sparate in mille direzioni diverse dal nuovo corso della storia, con Mimi costretta ad impiegare tutta la fatica del mondo per tessere delle tele che non la lascino abbandonata nelle sue sortite tra una provincia invivibile e una Berlino deludente.

Mimi si trova immersa all’interno di legami deboli, dove anche l’amico più stretto può improvvisamente essere diventato un adepto del culto della svastica. Il romanzo si fa ombroso, si muove tra spazi fatiscenti e ostili con Mimi che si muove al passo di una colonna sonora rabbiosa e trascinante che va dai Depeche Mode ai Venom, dagli AC/DC agli Einstürzende Neubauten, mentre ogni oggetto del reale sembra essere colto da un principio di decomposizione e dove il ruolo dell’amicizia funge da perno per la ricerca del salvifico.

Ma quello che ci fa vedere Präkels non è solo quel mondo che si scioglie, bensì come un mondo si scioglie, perché in fondo Mimi è il nostro riflesso. Il riflesso degli sperduti per cui era stata battuta una strada che ha smesso di esistere e che nella sua morte vede la resurrezione degli spettri mai sopiti.

Spettri che vanno saputi affrontare con dei buoni amici.

I’m taking a ride with my best friend
I hope he never lets me down again

(Depeche Mode – Never Let Me Down Again, 1987)

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