Lanark di Alasdair Gray: una storia di fagocitazione

Sull’onda di “Povere Creature!” Alasdair Gray è tornato un autore centrale, ma è da diversi anni ormai che Safarà Editore propone la sua opera al mercato italiano, pubblicando, tra le altre, quella che si può considerare la sua opera di maggiore complessità e profondità: “Lanark: una vita in quattro libri” tradotta da Enrico Terrinoni. Per celebrare l’importanza dell’opera quest’ultima arriva in questi giorni nelle librerie in una nuova edizione in volume unico, arricchita dalle illustrazioni originali di Gray, che rendono l’opera un affresco totale, composto di parole e immagini, per offrire al lettore una porta di ingresso nel mondo di Lanark ancor più vicina all’idea originale del grande autore scozzese. Le immagini si stagliano all’inizio di ogni “libro” trasmettendo un’inquietudine intrisa di natura profetica. Mostri, uomini, teste si incastonano dentro palazzi cupi e misteriosi, bestie giganti appaiano in maniera leviatanica circondandosi di aperture carnali, ossa e segni di devastazione.

La nuova edizione di Lanark pubblicata da Safarà

Al fine di addentrarsi in fondo a questa vita occorre cogliere innanzitutto l’essenza indeterminativa di quell’una (in inglese A Life), una misura articolata fuori dalla dimensione numerica, che rende possibile la dualità della storia che essa stessa introduce. L’unità vitale del protagonista è infatti divisa in una entità Lanarkiana e in una entità Duncaniana. Lanark e Duncan Thaw sono il protagonista, i protagonisti, e due facce della stessa medaglia. La medaglia di quell’unica vita che il titolo ci sbatte monoliticamente in faccia.

La suddivisione interna in libri, non solo risucchia il lettore all’interno di diverse dimensioni, ma lo sballotta da una parte all’altra. I libri 3 e 4 sono i volumi di Lanark e i libri 1 e 2 sono di Duncan. Ma la non-consequenzialità degli stessi apre a letture che rendono vorticoso il tempo e dilatano e restringono lo spazio. Sono la periferia e il centro, l’oscurità e la luce, sono l’essenza misteriosa del tempo in un dopo/prima e un prima/dopo che si fanno spiraleggianti.

Duncan l’artista fallito, Duncan il bambino di Riddrie, Lanark l’uomo senza età, l’uomo senza tempo nell’era del mondo accelerato nei misteriosi anfratti di Uthank, dell’Istituto, di Provan, vagabondo di un inferno lisergico dove il reale e il non-reale vengono trascesi. Da Glasgow sino ai mondi fantastici, il protagonista si imbatte in personaggi strambi ed enigmatici riesaminando la vita stessa di Gray sotto una lente deformata e deformante, tanto dentro tempi storici ben definiti quanto in ucronie immaginifiche. Infanzia e giovinezza scorrono dentro sogni, fantasie e drammi sino a finire decapitate in un crescendo granguignolesco che apre ad una vita adulta misteriosa, affacciata su un mondo tanto incantato quanto terribile. Il tempo storicizzato è un tempo di guerra, affacciato sulla fine del mondo, attraverso una immaginazione di sfondo e sonora, in quello che oggi potremmo facilmente identificare come un’eco glazeriana ante-litteram. Nel caos della guerra l’autore ci trasporta attraverso le dimensioni dell’Addio e del Ritorno, prima nella forma di un lento esilio e poi nella forma della restituzione. Il tema del viaggio viene instillato a partire dall’infanzia del protagonista e lo accompagna per tutta la sua crescita personale attraverso quelle che sono tappe di sviluppo fondamentali che ne sorreggono tanto una crescita quanto una costante perdita che scarnifica l’animo del protagonista sino all’osso.

L’amore e l’arte corrono su binari paralleli che tendono sempre più ad allontanarsi dalla vita del protagonista, troppo scapestrato e ancora troppo bambino in un mondo dove ogni suo coetaneo si muove in una adultità prematura fatta di privilegi interiori ed esteriori, misura di tutte le mancanze del derelitto ragazzo, presenza di un’assenza vissuta dentro antiche cattedrali abbandonate, simbolo assoluto e legame dei due Mondi. Il mondo di Duncan/Lanark si articola in una sensualità fanciullesca prima e sublime poi, in un aggrovigliarsi di estetiche angeliche e mostruose, corpi robusti, corpi paffuti, corpi sinuosi, squamati, aperti, pura esplosione di carne e luce. L’amore e il desiderio attraversano il romanzo e la crescita del personaggio in un andirivieni di afferrarsi e negazioni, amori carnali, amori filiali, amori devastati dal lutto.

Ma “Lanark” non è solo un romanzo estetico, è anche un romanzo intrinsecamente politico. Si intrufola dentro burocrazie kafkiane, immerge le mani nella fanghiglia della povertà, nei quarti di sterlina tintinnanti, nei sogni appaltati al prestito e quindi di proprietà altrui. È un frullatore di cibi e i cibi sono frullati di corpi diseredati più di quanto ci si possa immaginare. Si ha a che fare col potere senza fine e con la totale assenza dello stesso, l’impotenza davanti ad un Capitale fagocitante in uno sfondo sempre a cavallo tra un ineffabile mondo onirico ed un tattile realismo votato alla distruzione, privo di un vero lieto fine.

La lettura di “Lanark” prende una forma sfaccettata e ibrida, mette insieme l’umano e la disgregazione delle esperienze sensoriali, richiamando alla mente immagini se non divine perlomeno dantesche, attraverso l’esperienza di una cardinalità completa di discesa e di risalita, di espansione e di ristringimento. È un libro che cammina sul confine dei generi letterari attirando a sé interessi plurali. Gray ha la capacità di sfondare la quarta parete delle fonti del libro stesso mettendo davanti al lettore passi, figure, idee e chiavi stilistiche che non hanno paura di gridare “ehi! Io derivo da qui!” dando a “Lanark” la possibilità di essere il più avventuroso dei testi didascalici o il più didascalico dei testi avventurosi, creando dei veri e propri laghi di storia della letteratura e torrenti meta-letterari nei quali tuffarsi dentro.

“Lanark” è un libro che può essere preso in mano da più angolazioni e da cui possono uscire chiavi di lettura pressoché infinite. Lanark è una storia di guerra, una storia d’amore, di perdita, di formazione, di frustrazione, di sconfitta, di impotenza, di religione, un libro infinito.

La mia è una storia di fagocitazione, ma questa è solo una, un limite, un confine, un invito a lasciarvi avvolgere dalle spire costruite dalla mente di Alasdair Gray, un libro che non vi pentirete mai di avere tra le dita.

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