Rappresentare un paese è una cosa seria, indipendentemente da quello che è stato prima. L’Italia affonda, più velocemente di quanto non sembri, ma non tanto per l’economia, quella l’ha sempre fatto, quanto per l’arrendevolezza dei suoi cittadini. La retorica del contrasto, volta ad insinuare la diffidenza negli altri, è una retorica che paga, perché non si prende responsabilità e, quindi, non può scontentare nessuno:
Ma è un bambino viziato che decide di non giocare per non perdere ed è la stessa che ti fa leccare le matite per paura che il tuo voto venga cancellato o che ti fa credere di essere meglio di qualcun altro. La retorica del contrasto è quella della rabbia, ma è la sua forma cinica e meditata, quella che arriva al potere a doverci preoccupare. Impreparata ed inesperta, ma pur sempre al potere, la spina nel fianco di una democrazia fragile come i conti bancari dei suoi cittadini. La rabbia che vince sulle speranze è il fondamento di ciò che ci ritroviamo davanti ed è il Movimento 5 Stelle il più abile a farsene interprete. La più grande abilità di questo movimento sta nelle sue proposte, così vaghe da poter interessare tutta la popolazione, e nei suoi candidati, così anonimi da farti credere di poter contare davvero qualcosa.
Demonizzare i giornalisti, gli altri partiti (come se ce ne fosse ulteriormente bisogno) e i cittadini è lo strumento di chi, non potendo contrastare in altri termini le domande, cerca di evitare le risposte. La politica malata, la popolazione sonnolenta sono terreno fertile per la superstizione, per il populismo e per l’abbandono della correttezza. L’idea di base del Movimento, ora al governo con un grande successo, è quella di far valere le proprie idee e proposte come qualsiasi partito di opposizione. Il problema risiede nel fatto che l’opposizione è totale, ad ogni proposta, come se questi eletti fossero lì soltanto per denunciare il marcio che c’è, come la Lega Nord faceva vent’anni fa, e tutti sappiamo cos’è successo. Ostili a compromessi, coerenti soltanto all’idea di un uomo a cui l’adorazione è totale. Automi della politica riempiti di slogan deboli ma così semplici da poter funzionare.
L’instabilità che oggi ci troviamo a dover fronteggiare è dettata da una politica che ha fatto uscire il suo figlio malato, quello dell’antipolitica, e l’ha fatto entrare in Parlamento. Perché, fondamentalmente, la mancanza di risposte, i privilegi e l’assurdità di chi ci ha governato sono i veri padri del Movimento 5 Stelle. Quando si parla di ‘seguaci’ e non più di componenti il gioco è fatto. Demonizzare, instillare la diffidenza, volersi a tutti i costi estraniarsi e mostrarsi diversi agli occhi degli altri sono maschere che permettono di allontanarsi dalle responsabilità e, quindi, poter rifiutare di stringere le mani, rifutare di votare altri candidati ed altre proposte. La superstizione è quella componente che nella politica ti fa dubitare degli altri, ti fa credere che tutto sommato andrà bene, che l’esperienza la si fa sul campo. Il buon senso è quello che, una volta eletto, ti fa lavorare per il bene del tuo paese. Quello che, tutti, sembrano essersi dimenticati.
La presenza del Movimento 5 Stelle non è un errore della democrazia, è forse la conferma di come possa funzionare e di quanto la sua struttura sia fragile se non supportata da un’opinione pubblica forte. La sua presenza può portare ad una maggiore correttezza, soltanto quando si accorgerà di non essere più un bambino viziato ma un adulto, capace di giungere a compromessi e far valere le proprie opinioni, senza bisogno di urlare o di puntare il dito contro qualcuno. Il buon senso è quello che non ti fa accettare i favori ma che ragiona verso una affermazione, quella dei bisogni delle persone, senza necessità di coprirsi di gloria. Finché questo passaggio non verrà capito il Movimento 5 Stelle rimarrà l’ennesimo partito, almeno finché non sarà diventato l’unico, di mussoliniana memoria.