Agosto 1942. Tommaso, Camillo e Lia sono bambini quando scoppia la guerra, ma per loro, così come per gli adulti la vita continua scandita dalle feste di paese, dalle amicizie e dagli amori che nascono e dalla rabbia che esplode all’improvviso e che divide uomini cresciuti a pochi chilometri l’uno dall’altra. Sullo sfondo di questa storia raccontata coraggiosamente dal punto di vista dei bambini c’è la campagna piacentina con le sue colline boscose e le vallate dorate coltivate a frumento e mais, ampi spazi dove perdersi tra i colori che si mescolano come nelle tele degli impressionisti. Cinquant’anni dopo gli stessi luoghi diventano lo scenario delle avventure di Lidia e Luca, due ragazzini che amano correre tra i campi scaldati dal sole e giocare tra le balle di fieno. Due epoche storiche a confronto, da una parte gli adulti, dall’altra i bambini e in mezzo la terra che assorbe i fantasmi del passato come una spugna intrisa di ricordi. Pubblicato da Fazi, Volo di paglia è l’esordio di Laura Fusconi che dimostra di avere una forte urgenza narrativa e di essere consapevole dell’importanza della storia per il presente. Mi sono addentrata tra le pagine di questo libro e ho scoperto che i luoghi descritti dalla giovane scrittrice piacentina erano gli stessi dove anch’io come lei – pur non conoscendola – ho trascorso tutte le estati della mia infanzia e della mia adolescenza. E così ho pianto, riso e sospirato vedendo quei nomi scritti nero su bianco. La letteratura ci porta spesso lontano, ma tornare a casa e guardare quello che ci circonda senza filtri, ci aiuta a fare pace con le nostre origini. Ed è anche per questo che è necessario leggere chi riesce a compiere incantesimi di questo tipo con le parole.
Volo di paglia è il tuo esordio letterario, come si è sviluppata la tua passione per la scrittura? E quali consigli daresti a chi vuole intraprendere questo percorso?
Scrivere mi piace da sempre, ero la classica bambina insopportabile che alle elementari alzava la mano ogni giorno insistendo per scrivere un tema. Frequentando la Scuola Holden ho avuto modo di chiedermi se scrivere era davvero quello che volevo fare e se in qualche modo la scrittura poteva far parte del mio futuro. E in questi tre anni ce l’ho messa tutta per rispondere, e rispondermi, di sì. A chi vuole scrivere consiglio di tenersi due post-it sopra il letto con scritto “pazienza” su uno e “umiltà” sull’altro. Pazienza perché scrivere è un processo lungo in cui si deve costantemente tornare indietro, riscrivere, riflettere sulle critiche e tornare di nuovo sul proprio lavoro. E umiltà per tenere la testa bassa e non credere di essere geni incompresi e quello che si ha scritto da Nobel. Credo convenga lasciare da parte presunzione e arroganza, trovare un buon agente e cercare di pubblicare su riviste, sia online, che cartacee.
Sei nata a Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza, e il tuo romanzo è ambientato nelle campagne della Val Luretta. Perché hai deciso di rimanere all’interno dei confini di “casa” per raccontare questa storia?
Sono i luoghi che conosco meglio, quelli a cui sono più affezionata. Ho trascorso tutte le estati della mia infanzia tra il castello di Boffalora e la chiesa di Verdeto, dove mi precipitavo ogni giorno alle cinque del pomeriggio per suonare le campane. Mi affascinano le storie piccole, quelle della gente comune, dei paesi dove le voci e il sentito dire sono tutto.
Il tuo romanzo è pieno di descrizioni minuziose in cui anche i particolari meno rilevanti acquistano importanza. Pare quasi che le colline, la vallata, i piccoli borghi e i loro abitanti passino attraverso una lente cinematografica. Ti sei ispirata a qualche pellicola per dare forma alle diverse immagini?
Non mi sono ispirata a nessuna pellicola in particolare: come dicevo prima, tutti i luoghi di Volo di paglia sono reali, sono bastate le prove di coraggio che facevo da piccola nella casa abbandonata, le passeggiate nella vallata, i pomeriggi nei boschi, le sere a guardare il sole che spariva dietro al castello di Boffalora.
I protagonisti di Volo di paglia sono i bambini. Da una parte Tommaso, Camillo e Lia che vivono il dramma della guerra e dall’altra, Lidia e Luca che, a cinquant’anni di distanza, si muovono in una campagna disseminata di ruderi e popolata da fantasmi. Per quale motivo hai deciso di far raccontare ai bambini la tua storia? Cosa hanno in comune tra di loro, nonostante appartengano a epoche diverse?
Hanno in comune lo sguardo violento, senza pregiudizi. Per un bambino tutto è ancora da interpretare, il mondo e le scelte degli adulti misteriose e incomprensibili, il futuro qualcosa di lontano che non li riguarda. Quello che mi affascina dei bambini, tutti i bambini, di ogni epoca, è che non hanno mezze misure, non ci sono grigi, solo bianco o nero: o è sì o no, o un gioco è bello o è brutto. Loro stessi possono essere buonissimi o cattivissimi.
Nel tuo libro non c’è solo fiction, ma anche molta storia. Come sei riuscita a far convivere la memoria del passato del nostro paese con un mondo inventato?
Documentandomi molto: ho fatto interminabili chiacchierate con persone che quegli anni li hanno vissuti, ho cercato per ore documenti dell’epoca in varie biblioteche, ho chiesto in prestito fotografie degli anni Quaranta per poterle studiare. L’immaginazione ha fatto il resto.
Quali sono i tuoi principali riferimenti letterari? Ci sono pagine di autori alle quali sei particolarmente affezionata? E se sì, perché?
Penso a Haruki Murakami, Irène Némirovsky, Elizabeth Strout, Kent Haruf, Alice Munro, Marilynne Robinson. Almeno una volta all’anno devo rileggere La luna e i falò e Il diavolo sulle colline di Cesare Pavese. Mi fa impazzire la canzoncina che cantano i bambini in Abbiamo sempre vissuto nel castello di Shirley Jackson:
Merricat, disse Connie, tè e biscotti: presto, vieni.
Fossi matta, sorellina, se ci vengo m’avveleni.Merricat, disse Connie, non è ora di dormire?
In eterno, al cimitero, sottoterra giù a marcire!
Qual è stata la tua reazione quando hai visto per la prima volta il tuo nome tra gli scaffali di una libreria? Ti troveremo in giro per l’Italia a presentare Volo di paglia?
Mi sono messa a ridere che non la finivo più. E non riuscivo a parlare. La libraia mi ha chiesto quale fosse la mia canzone preferita così la metteva su per coronare il momento e io d’impulso ho detto I need my girl dei The National. Classica canzone per festeggiare: dopo le prime tre note avevo smesso di ridere. Credo che mi aspettino mesi impegnativi, sono stata invitata in varie città a presentare Volo di paglia e farò del mio meglio, anche se parlare in pubblico mi mette ancora parecchia ansia.