La storia del Cile passa attraverso i ricordi di Pedro, un bambino nato nel 1948 da una famiglia libanese emigrata in America Latina ai primi del Novecento, quando le occasioni di riscatto sembravano accessibili a tutti. La fatica, lo sfruttamento del lavoro e anche le difficoltà di integrazione in un nuovo paese con una cultura diversa dalla propria non sono nulla in confronto a quello che sarebbe accaduto dopo l’11 settembre 1973 con il golpe militare di Augusto Pinochet che estromise dal potere il presidente regolarmente eletto Salvador Allende e che avviò una lunga e sanguinosa dittatura. Nel frattempo, in poco più di vent’anni, non solo il Cile subisce una trasformazione, ma anche il resto del mondo si trova a fronteggiare un’autentica rivoluzione.
Questo fermento è raccontato attraverso le pagine in bianco e nero del graphic novel firmato da Désirée e Alain Frappier che, con cura quasi maniacale, portano all’attenzione dei lettori una storia romantica, basata, però, su episodi accaduti realmente. A metà tra un album di foto di famiglia e la pellicola di un cinema d’essai, Là dove finisce la terra è un libro dove gli appunti di viaggio del giovane Pedro si mescolano alla cronaca, quella locale, ma anche quella internazionale che ha riempito i giornali, gli schermi in technicolor e i libri di storia che abbiamo studiato sui banchi di scuola. Vite a confronto fatte di sogni e speranze, generazioni che si specchiano e si scontrano per dare un senso alla matassa dell’esistenza, proprio come fanno Pedro e suo padre, Guillermo Atías, scrittore e fervente socialista, che basano il loro rapporto su un groviglio di nodi.
Dopo la separazione tra i genitori e la lontananza del padre i contorni cambiano. Al posto dei pomeriggi bucolici in campagna appaiono alti muri da abbattere, impossibili da scavalcare. La società non è più quella di prima, così come non lo sono gli scenari che si delineano sotto le minacce di una nuova classe politica. Il tesoro più grande è l’amore per il sapere, il filo invisibile che lega Pedro alle sue radici:
L’immensa biblioteca di mio padre non sarebbe sopravvissuta alla nostra partenza. L’esilio è una pagina bianca che ci costringe ad abbandonare i nostri libri. Di volta in volta perquisita, saccheggiata, distrutta, depredata… Al nostro ritorno, non era altro che vuoto e assenza.
Il popolo che ha imparato a vivere sotto il rischio dei terremoti si ritrova anche protagonista di alcune tra le pagine più scure della storia, con quei centri di sperimentazione occultati per anni, seppelliti nelle cartelle dei servizi segreti e le atroci esecuzioni compiute dopo il golpe del 1973. Il rapporto tra letteratura e politica ritorna spesso, ne parla anche Roberto Bolaño in Notturno cileno:
Fu allora che il generale mi fece quella domanda, se sapevo cosa leggeva Allende, se pensavo che Allende fosse un intellettuale… Riviste. Leggeva solo riviste. Sunti di libri. Articoli che i suoi seguaci gli ritagliavano… E cosa pensa che leggesse Frei? Non lo so, signor generale, mormorai già più sicuro. Nulla. Non leggeva nulla. Non una riga, non leggeva nemmeno la Bibbia… Io credo che uno dei fondatori della Democrazia Cristiana potrebbe leggersi almeno la Bibbia, no?, disse il generale. In effetti, mormorai… E Alessandri? Ha mai pensato qualche volta ai libri che leggeva Alessandri? No, signor generale, sussurrai sorridente. Be’, leggeva romanzetti d’amore! Il presidente Alessandri leggeva romanzetti d’amore, roba da matti, che ne dice? Incredibile, signor generale.
Il Cile è pure calcio e frenesia. La Coppa del mondo del 1962 trascina allo stadio i cileni che esprimono, attraverso urla di gioia e di disperazione, l’incontenibile felicità di ritrovarsi al centro dell’universo, inseguendo un sogno: quello di un pallone che rotola lontano.
In questo libro sono trattati tutti i temi che riguardano la vita umana: dalla religione alla politica, dalla crescita personale al rapporto con gli altri. Pedro è un soggetto in cui è facile rivedersi, sia quando si interfaccia con l’altro sesso sia nel momento in cui scopre il proprio corpo. Le ore trascorse al cinema il sabato pomeriggio tra le ombre della sala gremita e i bagliori improvvisi provenienti dal grande schermo ci ricordano che siamo stati giovani tutti e tutti abbiamo cercato la libertà nelle cose più semplici che, forse ai nostri occhi, sono sempre state le più durature.
Nella prefazione al libro Luis Sepulveda dice: «La vita di Pedro Atías qui narrata è quella di un giovane cileno, uno dei tanti che hanno messo la propria vitalità, energia e generosità al servizio della causa più degna: l’emancipazione dell’essere umano». Un libro dedicato a tutti i “romantici” si legge nell’incipit. Impossibile non essere attratti da questa dedica, senza domandarsi il motivo.
Quello che emerge durante il corso della narrazione è il ritratto di un paese che preferisce la speranza rispetto alla nostalgia e rivolgersi al futuro, piuttosto che guardarsi indietro. Prima di iniziare la narrazione, le parole di Eduardo Galeano, noto giornalista uruguayano che si è occupato di studiare la politica e la società dell’America Latina, introducono proprio il concetto di speranza, quel fortissimo sentimento che alberga in ogni cileno, che lo anima dalla più tenera età fino alla vecchiaia. Là dove finisce la terra è un delicato affresco di una società che sogna la libertà più di qualunque altro popolo e che ci insegna, prendendoci per mano, a scalare le vette, non importa quali, se le Ande, le Alpi o l’Everest, basta arrampicarsi sempre più in alto.