Dietro ogni evento c’è una storia fatta di microstorie e di vicende parallele che raramente si incrociano nonostante i punti in comune. Per realizzare una manifestazione di successo è necessario che tutti gli interlocutori siano in grado di dialogare tra di loro, fondendo bagagli di esperienze, senza, però, snaturarsi o omologandosi. Forse è più facile dirlo che farlo, testimoni tutti quegli organizzatori e addetti stampa che lavorano anche un anno intero per pochi giorni di festival.
Uno degli esempi più interessanti e vivaci del panorama italiano è il Flowers Festival, la rassegna di casa nel Cortile della Lavanderia a Vapore all’interno del Parco della Certosa di Collegno, che è arrivato alla terza edizione, dimostrando una particolare abilità comunicativa. I temi centrali di quest’anno sono stati due: la follia e la nuova canzone d’autore italiana. La scelta di intraprendere questo duplice percorso è allo stesso tempo tanto spontanea quanto difficile da rendere comprensibile a tutti. Nel 2018 saranno celebrati i quarant’anni della Legge Basaglia e proprio dai padiglioni del Manicomio di Collegno – il più grande d’Italia – è partita la rivoluzione che ha definito un nuovo modo di concepire la malattia mentale. Hic et nunc, invece, assistiamo a un altro tipo di rinnovamento, quello che ci ha consegnato nuove leve cantautoriali dotate di una voce forte capace di arrivare a tutti, eccetto per chi intende nascondersi dietro snobismi e polemiche.
La Certosa di Collegno è un luogo abituato ai cambiamenti, nato come monastero nel Seicento per volontà di Maria Cristina di Borbone, reggente di Savoia, diventato poi un ospedale psichiatrico e infine, un centro di aggregazione per le attività culturali che, a partire dalla fine degli anni Ottanta, ha ospitato rassegne musicali come Pellerossa Festival e Colonia Sonora, fino ad arrivare oggi al Flowers Festival. Grandi nomi della musica italiana e internazionale hanno calcato questo palco dai Verdena, Marlene Kuntz e Subsonica a Lenny Kravitz, Marianne Faithfull e i Korn. Nel 2012 abbiamo aspettato con trepidazione anche Chris Cornell, ma quel live non c’è mai stato a causa di problemi di salute del cantante. L’edizione di quest’anno è stata eterogenea, com’era già intuibile sfogliando il programma, concepita proprio con l’intenzione di abbracciare un pubblico più ampio e variegato, grazie anche a un ventaglio ricco di offerte tra conferenze, workshop e bandi di progetto.
Einstürzende Neubauten: non solo palazzi che crollano
In questo calendario pieno di sorprese spiccano gli Einstürzende Neubauten, la formazione tedesca capeggiata da Blixa Bargeld, che fino al 2003 è stato anche chitarrista nei Bad Seeds, la band di supporto di Nick Cave. Rispetto ad altre serate l’età anagrafica del pubblico è più elevata, l’avanguardia tedesca attrae soprattutto gli over 40, un pubblico rigorosamente vestito di scuro capace di un ascolto silenzioso. L’atmosfera è carica di un’intensa tensione emotiva, spezzata soltanto da un martellante fragore sonoro. Gli occhi della platea sono puntati sul palco per carpire le mosse più spettacolari e per non lasciarsi cogliere impreparati alla vista di centinaia di viti che fluttuano verso il basso come una cascata durante la piena del fiume. Tracce per commuoversi come How Did I Die che sembra uscita dalla colonna sonora di un film o come Salamandrina che si attacca al cervello quasi fosse un tormentone estivo. La musica degli Einstürzende Neubauten non è fatta solo di palazzi che crollano, ma anche di brividi che percorrono la schiena e di scosse che immobilizzano il flusso dei pensieri. Il Greatest Hits Tour non offre nulla di nuovo, eccetto la sicurezza di trovare tutte le tappe che hanno segnato il viaggio di Blixa Bargeld e dei suoi compagni di avventura.
Fotografie di Maurizio Vaccariello
Brunori Sas: uscire di casa per non avere più paura
È notizia fresca di stampa: Brunori Sas è l’artista indipendente dell’anno ossia il vincitore della targa Pimi Speciale 2017, il premio conferito dal MEI, che ritirerà il 30 settembre prossimo presso il Teatro Masini di Faenza. L’annuncio non ci ha stupito per il semplice fatto che un po’ lo speravamo, soprattutto dopo aver ascoltato quel gioiellino uscito all’inizio di quest’anno e dal titolo A casa tutto bene. Brunori Sas è da quasi un decennio uno dei portavoce più significati della nouvelle vague italiana, amatissimo dal pubblico e capace di riempire i locali così come i festival all’aperto. Il Parco della Certosa è gremito fin dall’apertura dei cancelli, prima del live di Brunori il reading di Guido Catalano, poeta torinese altrettanto conosciuto e stimato non solo tra i piemontesi e in seconda serata Lucio Corsi, il cantautore grossetano incaricato di animare la festa passata la mezzanotte. Brunori Sas è un menestrello che lega il sud al nord mentre sale sull’aereo Lamezia – Milano, simbolo di un’Italia unita, fatta di persone frenetiche e al tempo stesso pigre, che amano viaggiare, ma a cui manca sempre casa. Essere un cantastorie moderno vuol dire raccontare fatti quotidiani che coinvolgano tutti, parlando attraverso un linguaggio semplice, ma non basso. La fortuna, o meglio l’abilità, di Brunori è la sua parlantina e insieme la sua dolcezza nel rivolgersi al pubblico. A Collegno le sue parole risuonano quasi più forti della sua musica. “Uscite di casa, vivete il mondo, non abbiate paura”, se ce lo dicessero più spesso forse lo faremmo davvero. Non c’è tempo per asciugarci le lacrime, dobbiamo andare.
Baustelle: la società che cambia intorno a noi
Francesco Bianconi torna dopo due mesi a Torino, questa volta con i Baustelle al completo, dopo aver accompagnato Alessandro Baricco durante la lettura di alcuni brani tratti da Furore di John Steinbeck all’interno dello spazio MRF, un gigantesco capannone nel quartiere Mirafiori che la FIAT utilizzava per la logistica. I luoghi che a lungo sono stati abbandonati a Torino oggi stanno lentamente tornando a nuovi fasti, soprattutto per creare socialità e mettere in piedi eventi culturali. Collegno è uno dei motori attivi di questa rinascita urbana che non significa soltanto ristrutturare edifici, ma anche saper dare un’identità specifica ai luoghi. La musica è in grado di imprimere un’immagine alle situazioni e agli spazi, lo sanno bene i Baustelle che a Collegno si sono esibiti nonostante il cielo minacciasse pioggia dal pomeriggio. Passata la bufera, rimane soltanto qualche sporadica gocciolina a rinfrescare la serata, i Baustelle sono in gran forma e il pubblico li segue con entusiasmo. In scaletta nuovi e vecchi successi: Amanda Lear, Betty, Eurofestival e poi le indimenticabili Charlie fa surf, Un romantico a Milano, La guerra è finita. Manca la voce, ma continuiamo a cantare coprendo quasi quella di Francesco Bianconi. Le movenze di Rachele Bastreghi ricordano quelle di Drake che canta e balla con un’energia rinnovata, impeccabile come sempre, ma ancora più sciolta sul palco. Lo stile dei Baustelle cambia in modo impercettibile, così come muta la società. Noi siamo ancora qui come in quel luglio torrido dopo la Maturità o in quel dicembre gelido coperti fino alla testa di neve e probabilmente non smetteremo mai di intonare Con una bic profumata / Da attrice bruciata / “La guerra è finita” / Scrisse così.