Nel 1964 in occasione del Berlin Jazz Festival Martin Luther King Jr. pronuncia uno dei suoi memorabili discorsi, mettendo l’accento sul valore della musica e del jazz per il movimento dei diritti civili.
“Il jazz parla alla vita. Il Blues racconta la storia delle difficoltà della vita, se ci pensi per un momento ti rendi conto che prendono le realtà più difficili della vita e le mettono in musica, solo per far uscire fuori una nuova speranza. Questa è musica trionfante. Non c’è da stupirsi che così tanto della ricerca d’identità dei neri americani sia stata sostenuta da musicisti jazz. Molto prima che i moderni saggisti e studiosi scrivessero dell’identità razziale, i musicisti stavano tornando alle loro radici per affermare ciò che si stava agitando nelle loro anime. Gran parte del potere del nostro movimento per la libertà negli Stati Uniti viene dalla musica. E ora il jazz viene esportato nel mondo. Perché nella particolare lotta del nero in America, c’è qualcosa di simile alla lotta universale dell’uomo moderno. Tutti hanno il blues. Tutti aspirano al significato. Tutti hanno bisogno di battere le mani ed essere felici. Tutti desiderano la fede.”
Proprio l’anno prima al Lincoln Memorial Martin Luther King aveva smosso le persone con il suo discorso più celebre, quell’I-Have-A-Dream scandito dalle ripetizioni del refrain Now is the time – che ricordava la canzone del musicista jazz Charlie Parker. Il tempo di Parker è quello della musica, e del suo modo speciale di suonarla, quello che presto lo fece distinguere come il solitario della scena jazz, il più pazzo e illogico di tutti. Anche Martin Luther King usa il tempo nel suo discorso, scandendo Now is the time per quattro volte.
Now is the time to make real the promises of democracy. Now is the time to rise from the dark and desolate valley of segregation to the sunlit path of racial justice. Now is the time to lift our nation from the quicksands of racial injustice to the solid rock of brotherhood. Now is the time to make justice a reality for all of God’s children. (Martin Luther King)
La musica per King è uno dei grandi motori del cambiamento sociale e della lotta per i diritti civili d’America. Del resto quella della musica jazz era stata un’esperienza di grande connessione – dai bar di New Orleans quella musica era arrivata a girare il mondo, e chi aveva bollato il jazz come musica per selvaggi, primitivi e rozzi, poi si era messo ad ascoltarlo, così le case e i bar si lasciavano travolgere da quel suono. Ecco come il jazz aveva mosso il cambiamento, e Martin Luther King poteva vederlo chiaramente. Poco prima di essere assassinato a Memphis nel ’68 King aveva chiesto a Ben Branch di suonare una canzone quella sera, una delle sue preferite, Take My hand, My Precious Lord. Non l’avrebbe più sentita suonare, né avrebbe sentito Mahalia Jackson cantarla il giorno del suo funerale. Eppure ci sono canzoni che ancora ci agitano i cuori.