Io non me ne intendo di Musical. Perché tutt’a un tratto si mettono a ballare e a cantare? Cioè, io non mi metto improvvisamente a ballare e a cantare!
(Jeff in Dancer in the dark, un film di Lars Von Trier)
Se Ian Curtis cantava “Love will tear us apart”, il sottotitolo di La La Land potrebbe essere “Dreams will tear us apart”… i sogni ci divideranno. Quella del musical di Damien Chazelle, infatti, non è esattamente la più tradizionale delle love story. Piuttosto, è una storia di audizioni, attese, speranze e delusioni, ed è una storia dedicata a chi continua a inseguire i suoi sogni, fino al limite delle sue forze e ancora oltre. Ed è forse proprio qui il segreto di questo piccolo gioiello, capace di far innamorare critica e pubblico, compresi quelli che di Musical proprio non ne vogliono sentir parlare: parlare un linguaggio universale, raccontando attraverso l’incanto del cinema una sensazione concreta e reale. In fondo, La La Land è un film sulla difficoltà di trovare il proprio posto del mondo. Ed è un film su quello strano segmento di vita che tutti ci troviamo prima o poi a conoscere: il momento in cui non si è più abbastanza giovani per pensare che magari la prossima volta andrà bene; quel momento in cui ci si chiede se crescere non significhi smettere di lottare. E poi quel sogno, naturalmente, anche quel sogno da cui nessuno è immune: il romanticismo che prende vita, l’amore che arriva in forma di qualcuno che istantaneamente ci comprende, ci sostiene, ci trasforma nella versione migliore di noi stessi. Su tutto, aggiungiamo la splendida confezione dei Musical classici, i colori saturi e brillanti del Technicolor, l’eleganza del Cinemascope, ed ecco il fascino irresistibile di La La Land, che con 7 Golden Globe e 14 nomination all’Oscar sembra ormai ufficialmente il Titanic del nuovo millennio.
Lo scorso anno, Whiplash ha fatto del giovane regista Demien Chazelle l’enfant prodige di Hollywood. Se con il suo secondo lungometraggio aveva già vinto di tre Oscar, forse era arrivato finalmente il momento per quel film che sognava da sempre: un Musical capace di fondere gli elementi classici del genere con le atmosfere di Los Angeles oggi. Lo stesso La La Land era già stato rifiutato molte volte. Ma grazie a Whiplash, le magiche porte di Hollywood si sono aperte per Mia e Sebastian.
Mia (Emma Stone) è un’attrice divisa tra una serie infinita di provini e il suo lavoro in un Caffè degli Studios: ogni giorno vede sfilare le star davanti ai suoi occhi, sognando di somigliare alla sua eroina, Ingrid Bergman. Sebastian (Ryan Gosling) è un pianista, ed è arrivato a Los Angeles sognando di aprire il suo club, dedicato al genere che ama sopra ogni cosa: il Jazz. Ma il locale che aveva scelto di rilevare funziona benissimo con la formula Salsa & Tacos, e Sebastian deve accontentarsi di suonare il piano in qualche ristorante, o accompagnare band improbabili nei party dei grandi ricchi di Beverly Hills.
Mia e Sebastian sono solo due sognatori tra i milioni che ogni giorno percorrono le strade di Los Angeles, in corsa verso un’altra audizione o un altro provino. Eppure, sembra che una forza invisibile li spinga a incontrarsi sempre più spesso. Difficile pensare a una coincidenza: nonostante le molte reticenze, Mia e Sebastian non potranno che abbandonarsi alla musica e così al loro travolgente amore.
Ma i sogni sono una strana cosa: se prima hanno permesso a Mia e Sebastian di trovarsi e capirsi, saranno proprio le loro ambizioni professionali a incrinare l’incanto di un sentimento perfetto.
Emma Stone e Ryan Gosling, già premiati con i Golden Globe e candidati all’Oscar come migliori attori protagonisti, hanno saputo riempire La La Land di emozioni incredibilmente autentiche. Non è successo certo per caso: dietro la superficie impeccabile del cinema ci sono infatti mesi di lavoro. Ad esempio, Ryan Gosling ha davvero studiato pianoforte per mesi prima di interpretare il ruolo di Sebastian, e quasi nessuna delle sue scene è stata affidata ad una controfigura. Un risultato quasi incredibile, considerato che Gosling prima di La La Land non era certo un pianista. Lo stesso dicasi per Emma Stone: l’attrice ha scelto di cantare tutti i suoi pezzi dal vivo sul set. Le performance live sono un elemento determinante per il film di Chazelle, che trova il suo più grande punto di forza proprio in quell’equilibrio perfetto tra naturalezza e affabulazione, realtà e sogno.
Per centrare questo equilibrio, Chazelle ha trovato certamente un team in stato di grazia: dal produttore Marc Platt (veterano dei Musical) alla coreografa Mandy Moore (la donna che è riuscita a conquistare il piccolo schermo con il popolare You think you can dance), fino a quello che per Damien Chapelle è anche un vecchio amico, il compositore Justin Hurwitz. Con i parolieri Benj Pasek e Justin Paul, Hurwitz è riuscito a cucire sui personaggi di Mia e Sebastian una colonna sonora dalla bellezza magnetica. In particolare, il brano che prende il titolo di City of Stars sembra insinuarsi nella mente degli spettatori, accompagnandoci fuori dal cinema, ancora storditi dalle luci e da suoni, per scoprire che il giorno dopo che quelle note suonano ancora insistentemente nella nostra testa.
Un mondo di colori, luci, suoni, musica e parole che ci lasciano nell’estasi della felicità che tutti inseguiamo… e nell’angoscia delle passioni che ci tormentano.
Questo l’universo di La La Land, una complessa architettura di citazioni del grande cinema del passato, che in un regista come Damien Chazelle incontrano una grande consapevolezza delle potenzialità dei mezzi tecnici del presente. La macchina da presa diventa così un vero e proprio personaggio, capace di seguire, passeggiare o danzare con i protagonisti. Nei numeri di ballo, è impossibile non riconoscere i passi di Fred Astaire e Ginger Rogers, in quelli solisti rivedremo in Ryan Gosling ed Emma Stone la sensualità e il carisma di Gene Kelly e Chyd Charisse. Poco prima di La La Land Emma Stone era stata protagonista di Cabaret di Bob Fosse: nei suoi primi piani e nell’intensità dei suoi grandi occhi azzurri, impossibile non rivedere anche l’indimenticabile Sally Bowles di Liza Minnelli.
In realtà, l’ispirazione principale per Demiem Chazelle non erano i grandi Musical americani dell’era MGM, ma piuttosto un autore della Nouvelle Vague francese: Jaques Demy. Il suo Musical Les parapluies de Cherbourg, uno dei primi successi di una giovanissima Chaterine Deneuve, è forse il punto di riferimento essenziale per La La Land.
Infine, non possiamo non citare One from the heart (Un sogno lungo un giorno) di Francis Ford Coppola: quel sogno così ardito che fu anche responsabile del fallimento della casa di produzione di Coppola, l’American Zoetrope. Certo, Chazelle sembra condividere con Coppola l’idea che il Musical, tra le strutture classiche del cinema, sia quella che meglio si presta a mutare e adattarsi al presente, pur conservando i suoi meccanismi fuori dal tempo. Se Las Vegas era la vera grande protagonista del film di Coppola, lo stesso vale per La La Land e Los Angeles.
Dalla primissima sequenza, un ingorgo all’incrocio tra la 110 e la 105, La La Land è anche una dichiarazione d’amore alla città degli angeli. Dal Griffith Park Observatory agli Studios, ai piccoli ambienti come il cinema Rialto o lo storico jazz club Lighthouse Cafè, scopo del film di Damien Chazelle era anche restituire quell’atmosfera che solo Los Angeles possiede: passare in un secondo dagli anni ’40 a una metropoli contemporanea, attraversando semplicemente un paio di isolati.
A questo punto, non ci resta che lasciarvi alla visione di La La Land, il film del momento, che forse ci affascina anche per la capacità di farsi specchio del nostro tempo: che interroga il passato per proteggere, celebrare la bellezza anche nella confusione del presente.