Le cose crollano; il centro non può reggere; / Mera anarchia è scatenata sul mondo, / La corrente torbida di sangue è scatenata, ovunque / Il rito dell’innocenza è sommerso…
William Butler Yeats
Il maresciallo Yarden, “personaggio leggendario, scaltro e pericoloso”, si appresta – in un futuro imprecisato, in un luogo sulla Terra che prende il nome di Campo Terzo – a un viaggio che lo porterà alla scoperta di due grandi necropoli “in una partita che si gioca sul cammino da prendere al crepuscolo” dove sarà chiamato a scegliere la sua sepoltura, “a schierarsi, da vivo, per la morte”. Con lui – in questa che parte come una scoperta distopica capace di richiamare un mondo che evoca lo spirito d’avventura degli Stevenson, dei Verne fino a Philip K. Dick – suo nipote Rama “tredici anni e mezzo, quasi quattordici”, Pierre, un androide “superautoma generato in un burrascoso sabba quantistico” e Max, negromante dal fisico imponente che indossa scarpe di Prada rigorosamente d’epoca.
Questa, in breve, la trama del terzo romanzo di Giordano Tedoldi, romano, classe 1971: un esordio affidato a una serie di racconti confluiti nella raccolta Io odio John Updike (Minimum Fax, 2006) quindi, dopo un lasso di tempo considerevole, I segnalati (Fazi, 2013) – romanzo tra i più grandi della letteratura italiana degli ultimi quarant’anni – nonché inizio formale di una trilogia del delirio proseguita con Tabù (Tunué, 2017) fino, appunto, a Necropolis che del delirio ne rappresenta a suo modo l’uscita, il risveglio, per Edizioni Chiarelettere nella collana Altrove, curata da Michele Vaccari, che ha già ospitato alcuni tra i titoli più suggestivi di questa stagione come Il grido di Luciano Funetta e La festa nera di Violetta Bellocchio.
Romanzo sui generis, distopia anomala, Necropolis raccoglie e trascende i generi di cui pur si nutre. Commedia inevitabilmente dantesca per l’opulenza dell’immaginazione che guarda tanto a una certa letteratura americana così come al fiore perturbante di un nucleo letterario europeo (Cioran su tutti) fino a farsi esplosione filosofica, universo mondo, tentativo riuscito di testamento personale sul senso stesso della Storia.
Non credo nella Storia. Come si può pretendere di stabilire ciò che non era stabile nemmeno quando accadde?
Come le sue opere precedenti, anche Necropolis è un’affascinante cattedrale – di parole, di suggestioni, d’immagini – elevata sull’orlo di un precipizio da cui è intrinsecamente attratta e verso le cui profondità è inesorabilmente destinata.
Se, come soprattutto ne I segnalati c’è l’eco di tanta musica classica (Bach, Beethoven, Mozart, Bizet, Schinittke) al centro resta soprattutto il suono della parola che, pur guardando ancora molto a Marinetti, a Savinio, al grande rimosso della letteratura italiana – Guido Morselli – si fa qui più asciutta, più essenziale, più tagliante, mentre debordano altrove la fantasia, l’invenzione, l’immaginazione.
Tutta l’azione è concentrata nel dopomorte del Campo Terzo, diviso in due grandi necropoli. L’una, la Necropoli Ovest con la quale si apre il libro e il cui motto è “Vivi per la tua morte”, è il regno della rudezza analogica, l’altra, la Necropoli Est, è il “gioco di prestigio della tecnologia”, l’”ethos della trasparenza”. Entrambe però – sembra suggerirci Tedoldi – sono ancorate a una “tradizione del ‘900 che non ci rassegniamo a seppellire”.
Il regno dei NecrOvest è un crepuscolare universo catacombale che Tedoldi, attraverso la negromanzia di Max, anima di una galleria di personaggi che si fanno letterariamente indimenticabili fin dal primo istante della loro apparizione/evocazione. Il poeta suicida Konrad Jung le cui poesie erano come se “una qualche belva inafferrabile fosse stata sbranata, strangolata brutalmente e presentata sulla pagina con una sezione trasversale” insieme alle donne della sua vita, Maddalena e Rux. Il Barone Valdegamas e sua figlia Margherita che Yarden aveva conosciuto “all’epoca dei sequestri politici” (come per ogni distopia che si rispetti Tedoldi è bravissimo nel restituirci il senso di un’angoscia strisciante come mescolamento tra concreti turbamenti del passato e le ipoteche che le ombre del presente sanno proiettare sul futuro), macchiatisi di orribili crimini per il puro piacere del sadismo: “era stata la stessa baronessina, con tutte le risorse di un’eccezionale grandezza nel male, a chiamare la corruzione del padre”.
E poi, ancora, Père Alberic Mignard “l’Arcangelo, il principe degli abusi sui minori” e “il poeta, filosofo, scienziato, musicista e acrobata del circo” Abdus Wakil con la sua originale cosmogonia e i suoi mutanti uomini-pianta.
A fare da cesura tra questo mondo e quello fantascientifico e iperspaziale della NecrEst (un doppio modulo ruotante nel buio assoluto dello spazio) l’incontro con la semidonna Andrea – “il vero scherzo della natura, il fenomeno da baraccone” – Virgilio e Beatrice a un tempo, che in virtù di una sua costante e congenita indeterminatezza (nata bambina con un testicolo all’interno della vagina) diventerà – ma non diremo una parola in più – motore e artefice degli sviluppi della storia.
È vero, non ho mai sentito la tua mancanza, sempre e soltanto la tua presenza. Finché a un certo punto le ho scambiate e sono cominciate le nostre difficoltà
Se la NecrOvest è un universo umido, decadente e affascinante dal cuore nero e pulsante del novecento, la NecrEst – “catacombe di menti”, di mana “ossia il pacchetto, unico per ogni individuo, di dna e coscienza dello stato solido” – è il trionfo della tecnologia e del mito e della fede nella scienza e nel progresso. Raccontata in maniera quasi spettrale e asettica eppure percepita da Yarden come “un calmo e evoluto essere vivente” la NecrEst sarà teatro di appena due incontri, col “solo maestro” del maresciallo, il Monadologo e quello, ben più importante, con la figura centrale del libro – e della vita tutta – la madre di Yarden.
Si rompa, la vita
Dietro alla trama distopica, dietro all’esuberanza dell’immaginazione mortifera, si cela però soprattutto un testo che vuole essere analisi ultima e definitiva sul senso della politica e della Storia. Le necropoli, pur nel loro dualismo, sono agli occhi di Tedoldi la rappresentazione più concreta dell’”ostinazione umana alla conservazione del vissuto”; la politica è “solo impeto”, “onde cortissime che ti scaglieranno contro un destino di anonimato”, qualcosa che vuole “prendere la normale esistenza felice di se stessa e incalzarla con obiettivi morali o religiosi affinché si contorca soffrendo eroicamente tendendo ogni muscolo a un fine ritenuto universalmente supremo”. Necropolis è, in ultima istanza, il tentativo di una sconsacrazione che sa farsi alta perché a un sacro ormai immobile sembra invece sostituire un orizzonte di autentica libertà: “non scegliere mai nulla. E poi andarsene senza fare chiasso”.
La cattedrale di Tedoldi è così una polifonia di voci, contrappunto d’idee, scrigno e sepolcro di citazioni colte, riflessioni, provocazione che in una ridda – dentro il caos di un sabba – anela al principio e alla fine di ogni cosa: la verità del silenzio.
In un dopomorte che consente finalmente di osservare in tutto il suo squallore/splendore l’inutile abbacinante miseria delle cose umane, dentro la Storia che “non ha più nulla di cui occuparsi se non dell’agonizzante decomposizione di questa vescica gonfia che sa tutto e non vale nulla” ecco allora che la non scelta si manifesta come unica via: lì dove scegliere si è ridotto ormai a stantio rito che marca il confine di un’appartenenza e l’inizio di un’avversione all’altro da sé, il rifiuto di scegliere, il ritorno all’unione uomo/mondo naturale in opposizione alla condivisione uomo/uomo appare come la sola possibile scelta pacifica anche se verso conseguenze che appaiono terribili per il destino dell’umanità.
Con una scrittura che varia registro lungo l’arco delle sue quasi trecento pagine – e che non rinuncia anche a momenti di grande ilarità come pure a riflessioni sull’arte, sulla scrittura e sul ruolo della critica – Tedoldi consegna al pubblico l’ennesimo tassello di un percorso letterario che lo colloca senza dubbio tra le voci più peculiari, originali e interessanti dell’intero panorama letterario europeo.