La mostra indagherà i differenti percorsi e dibattiti generatisi in circa cento anni (tra il 1913 e il 2013) di storia dell’architettura contemporaneamente alle continue trasformazioni, ridefinizioni e contraddizioni delle realtà sociali all’interno delle neonate metropoli.
Il percorso ha un prima e un dopo; si parte dalla Pinacoteca civica, nella quale è possibile ammirare circa 50 disegni – fino ad ora inaccessibili – dell’architetto comasco Antonio Sant’Elia: formatosi presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera a Milano, Sant’Elia, a partire dal 1914 iniziò a pensare all’architettura urbana in maniera totalmente rivoluzionaria, influenzato dalle teorie formulate dai futuristi: egli infatti rielaborò il Manifesto futurista di Marinetti contestualizzandolo all’architettura e teorizzando quella che egli definì la “città futurista”. La “città nuova” di Sant’Elia metteva al centro la funzionalità prima della bellezza; le città appaiono – dai disegni dell’architetto comasco – contraddistinte da edifici vertiginosi, grattaceli caratterizzati da numerose e ripidissime scale e lunghe passerelle. Elastici, leggeri e polifunzionali, le “visioni urbane” futuriste dovevano essere composte essenzialmente di materiali quali legno, ferro battuto, cemento e vetro. In questo contesto si inseriscono le tele di alcuni pittori di matrice futurista: da Boccioni a Sironi.
Spostandocisi in Villa Olmo, il percorso mette il visitatore dinanzi al carattere visionario – non solo per quel che riguarda la storia del cinema – del colossale capolavoro del cinema muto espressionista Metropolis (1927) del regista tedesco Fritz Lang; opera rivoluzionaria anche per quel che riguarda la scenografia del film pensata e realizzata da Erich Kettelhut: espressionista e assolutamente visionaria. La proiezione del film è accompagnata dalla possibile visione dei bozzetti autentici di preparazione alla scenografia.
È inoltre possibile ammirare il botta-e-risposta tra Charles-Edouard Jeanneret-Gris, meglio noto come Le Corbusier, e Frank Lloyd Wright. L’architetto svizzero naturalizzato francese teorizzò un modello di città tutta inclinata “verso l’alto” che precludeva all’uomo un rapporto con la natura. Tale modello viene contrapposto a quello dell’influente architetto statunitense più propenso ad indagare il possibile rapporto tra spazio urbano, uomo e natura, ricerca che lo spinse a pensare le cosiddette “prairie houses”.
Tra le varie opere, il percorso continua con le “città sospese” di Constant, Yona Friedman e degli inglesi di Archigram. Decisamente particolare è l’opera dell’artista cinese Cao Fei che, dovendo immaginare la città del futuro, pensa a un paesaggio urbano virtuale ambientato su Second Life, sintesi di elementi e simboli del comunismo, del socialismo e capitalismo (“un paese, due sistemi”, sosteneva Deng Xiaoping).
Una mostra davvero emozionante, indispensabile per avere una panoramica circa le modalità attraverso le quali architettura e arte hanno rielaborato le tensioni derivanti dall’interno della realtà sociale, sfruttandole al meglio al fine di immaginare le città del futuro.