L’ho lasciata troppo sola, nella città. È tornata un’altra. La credevo presa dalle sue nuove amicizie, esistevano soltanto nelle mie fantasie.
Mi fido molto di Donatella Di Pietrantonio. Ho amato L’Arminuta, ho apprezzato Borgo sud e mi piacerebbe molto recuperare i due romanzi precedenti. Per questo motivo, appena possibile, ho letto anche L’età fragile, il suo ultimo romanzo pubblicato sempre da Einaudi e ora in lizza al Premio Strega 2024.
Quello che, da lettrice, non mi sarei aspettata è senza dubbio trovarmi davanti a un tempo della storia che, al netto di molti capitoli flashback, racconta eventi del 2021, inclusi riferimenti al covid-19, lockdown, pandemia e quello che ha portato nella vita delle persone. Leggerezza mia del momento, perché comincia ad esistere, già da qualche anno, della narrativa in merito e possiamo prenderne atto.
Tuttavia L’età fragile di Donatella Di Pietrantonio non è un romanzo incentrato sull’argomento, anche se la scelta di parlarne rimane significativa ed è, evidentemente legata a doppio filo ai diversi temi che indaga. Rapporto madre e figlia, amicizia, amore, adolescenza e prima giovinezza, la vita sulle montagne in Abruzzo, Di Pietrantonio prende questi elementi e li mescola in un calderone insieme a un fatto di cronaca di molti anni prima, riuscendo bene a tenere tutto insieme.
— Non sei riuscita a staccarti, — conclude, — né prima né dopo.
Vorrei risponderle che staccarsi è complicato, anche per lei. È tornata al niente che voleva lasciare. Ma poi guardo l’orizzonte, cielo e acqua si toccano. E i paesi, arroccati sui monti. Non è il niente.
L’età fragile è quella di Amanda, studentessa universitaria al primo anno, dall’Abruzzo a Milano. Di lei ci racconta sua madre, Lucia, fisioterapista che, nel semestre in cui la sua unica figlia si trasferisce al nord per studiare, vede che il proprio matrimonio con Dario le si sta sgretolando sotto gli occhi. Due abbandoni, per lei che non è mai andata via dalla sua terra, mettendo radici, nonostante il tempo, nonostante i dolori presenti e passati. Questo perché l’incertezza del presente, data da una figlia che, una volta tornata a casa, si chiude a riccio e non si sfoga con sua mamma, si confonde con un evento fumoso forse per pudore, ma vividissimo per il trauma che lasciato nella vita sua e di tutta la comunità, fatto triste che riaffiora nei ricordi della donna, direttamente dal suo passato di ragazza della stessa età di Amanda e che la riporta costantemente ai sensi di colpa che nutre nei confronti della sua vecchia amica Doralice.
— Forse sto perdendo mia figlia, — penso ad alta voce.
Elementi in comune, tra presente e passato, sono l’età delle due e la presenza per entrambe di un evento traumatico (Avevo vent’anni, e ancora mi sembrava così facile cancellare un danno. Era forse la mia ultima occasione per crederlo, quella sera, sotto le stelle di fine agosto). Sullo sfondo, il paesino d’origine di Lucia e Amanda rappresenta per la prima quelle radici difficili da abbandonare e che, alla fine, aveva scelto di legare a sé (Il nostro luogo di nascita ci aveva protetti a lungo, o forse era stata una falsa impressione. Siamo cresciuti in una sola notte), per l’altra un posto che non aveva niente da offrirle per il futuro, ma a cui (quando si è trovata in seria difficoltà in una grande città sconosciuta che brilla sotto la luce delle mille opportunità, ma che è spesso umanamente respingente) sceglie di fare ritorno, come in nido dove potersi sdraiare in attesa di stare meglio.
Da questo punto di vista, con L’età fragile Donatella Di Pietrantonio ci offre un ottimo racconto di cosa significhi scegliere di lasciare la provincia della famiglia e degli affetti o, al contrario, scegliere di rimanere proprio in nome di quella famiglia e di quegli affetti in primis. Infatti, oltre l’evento passato, ad ancorare Lucia al suo paesino di montagna e al Dente di Lupo, c’è la figura di suo padre che, come lei, quel posto si è sempre rifiutato di lasciarlo, anzi non si allontanava da lì neanche momentaneamente, per una giornata di mare a Pescara, per esempio.
Mio padre mi chiede di accompagnarlo nel suo ultimo tratto, insiste che prenda quel terreno. A mia figlia devo restituire il mondo. Mi tirano ognuno dalla propria parte, al proprio bisogno. Mi spezzano.
Presente e passato, giovinezza e vecchiaia, conosciuto e ignoto su più piani. Nel suo insieme, L’età fragile di Donatella Di Pietrantonio è un romanzo di oggi (e la cornice della vita nel 2021 ce lo conferma) sull’età giovane di oggi, di ieri e di sempre. Il suo intento è chiaro e riesce proprio perché, stilisticamente, lo affida alle sue parole che accompagnano il lettore quasi per mano per tutti i saltelli temporali di cui si compone la storia. Volevamo soltanto essere giovani, confida Di Pietrantonio, e questa storia lo dimostra.