Recensione a cura di Martina Neglia
Intervista di Ilaria Del Boca a Florencia Di Stefano-Abichain
Cosa vuol dire lottare ai tempi del coronavirus, di una pandemia, in cui il diritto all’apparizione pubblica è (giustamente) sospeso e abbiamo una data di inizio dell’isolamento ma non ancora una di fine? Come si può immaginare un cambiamento e lavorare in quella direzione se le pieghe del presente ci sembrano così incerte, e sappiamo dove siamo oggi ma non quando potremo tornare a circolare liberamente e quindi manifestare. La diffusione del virus in Italia ci ha colti impreparati, disinformati, ci sta costringendo a casa lontani dalle possibilità di aggregazione necessarie per una crescita e per le rivendicazioni da portare avanti. È successo per esempio con lo sciopero transfemminista dell’otto marzo, che ha fiaccato gli animi in un momento in cui ti si viene chiesto di non riempire le strade, ma i luoghi di lavoro quelli ancora sì, va bene, in una delle maggiori contraddizioni dei decreti ministeriali che si sono susseguiti.
Cosa possiamo fare quindi in questi giorni per molti sospesi e fuori dai ritmi di una quotidianità programma e sicura? Una risposta me l’ha data un’amica citando Virginia Woolf: “Non c’è cancello, nessuna serratura, nessun bullone che potete regolare sulla libertà della mia mente”. Ed è quella che dobbiamo riuscire a tenere vispa – senza paura di concederle una pausa ma neanche la tentazione di spegnerla completamente seguendo la caduta a domino di eventi cancellati e limitazioni ai nostri corpi. Un modo vivace per continuare a istruirci ce lo ha dato add editore a inizio mese, con la pubblicazione de L’Atlante delle donne di Joni Seager – apparso per la prima volta nel 1986 e in continuo aggiornamento con i risultati che nel tempo riusciamo ad ottenere.
Seager – geografa femminista ed esperta di politica globale, nonché consulente delle Nazioni Unite per le politiche ambientali e di genere – ricrea qui una mappatura femminista del mondo per permettere ai lettori una presa di coscienza, dati alla mano, della reale condizione delle donne del mondo. Con una lettura intersezionale della lotta e una lente inclusiva sulla condizione di ogni Paese, Seager esplora temi quali la sessualità, e quindi la salute e il diritto all’aborto; l’accesso all’istruzione; la violenza domestica; il divario salariale ma anche l’impossibilità in alcune nazioni di lavorare. Parla del mito della bellezza e dell’industria pornografica (tema spinoso per molti femminismi), ma anche dell’accesso alla connettività e delle morti per inquinamento. Il tutto nella facilmente leggibile e accessibile formula dell’infografica. Forse ci sarebbe voluta qualche pagina in più dedicata alla condizione delle sorelle transgender, ma speriamo riescano a essere integrate nelle edizioni future.
Molti detrattori del femminismo sottolineano che almeno in Occidente siamo già all’uguaglianza, eppure basta arrivare a pagina 15 per leggere che l’Italia è posizionata tra il 56esimo e il 90esimo posto nella graduatoria del Global Gender Gap Index – indice che segnala l’ampiezza di genere su aspetti come sanità, diritto all’istruzione, partecipazione e opportunità economiche ed emancipazione politica.
Per le donne e anche gli uomini desiderosi di apprendere, sfogliare questo volume può fornire molte risposte a numerosi “lo sapevi che?”. Alcuni di questi potrebbero essere: lo sapevi che in Canada è tre volte più probabile che le donne indigene subiscano violenza rispetto alle donne non-indigene e quattro volte che siano vittime di omicidio? Lo sapevi che a partire dal 2014, i soldati dell’ISIS hanno catturato e reso schiave più di 6000 donne yazide del nord dell’Iraq trattandole come schiave sessuali? Ma anche: lo sapevi che nel Regno Unito quasi due terzi delle persone sono a dieta “per quasi tutta la vita” o che 520 milione di donne nel mondo non sono in grado di leggere questo volume poiché analfabete?
Sapere è potere e ad esso tocca far seguire l’azione, il rimboccarsi le maniche; dovremo essere pronti a piegare il sistema – in qualsiasi condizione esso ci verrà restituito da questo virus –, ma per immaginare il futuro dobbiamo sapere anche qual è il presente di tutte. Quindi: forza.
Intervista
Per comprendere meglio il lavoro editoriale che ha portato in Italia questo manuale abbiamo fatto un paio di domande alla traduttrice Florencia Di Stefano-Abichain, speaker radiofonica di Radio Popolare, content creator, presentatrice e cantante.
Sono stata estremamente felice e onorata quando add mi ha chiesto di curare la versione italiana dell’atlante: io peraltro già conoscevo questo testo nella versione inglese, l’avevo sfogliato in gioventù in una delle precedenti edizioni (nel mondo anglosassone siamo arrivati alla quinta edizione aggiornata), perciò a maggior ragione ho compreso l’importanza e l’urgenza di far arrivare un testo come questo in tutte le librerie italiane.
Rispetto alla prima edizione dell’Atlante uscita nel 1986, sono aumentate le conquiste nel campo dei diritti femminili, ma come sottolinea l’autrice nello scorso decennio molte donne in tutto il mondo hanno visto peggiorare la qualità della propria vita. Secondo te quali sono le azioni più utili da fare dal basso affinché si continuino a promuovere leggi a tutela delle donne?
Ora più che mai è importante trasmettere consapevolezza alle giovani generazioni, alle bambine e alle ragazze, affinché in tutto il mondo conoscano i propri strumenti, sociali e politici, e sappiano che seppur con fatica saranno in grado di cambiare la loro condizione, partendo dalle piccole conquiste di emancipazione domestica fino alla scelta della classe dirigente del proprio paese, passando per il diritto all’istruzione.
Un traduttore rappresenta il veicolo per spostare informazioni da una lingua all’altra. Questo è stato il tuo compito quando ti sei avvicinata a questo atlante che tocca argomenti e temi così vari. Qual è stata la difficoltà maggiore che hai incontrato durante la traduzione?
Quando ci si approccia a un testo come questo, bisogna avere non solamente un’attitudine e una sensibilità particolari nei confronti del tema, io credo, ma anche molta conoscenza a livello terminologico, è molto facile commettere errori di traduzione o inesattezze: questo perché temi come l’inclusività, la parità di genere, la tutela della comunità LGBTQIA+ non trovano nella lingua italiana, di connotazione fortemente maschilista anche nella forma, un terreno fertile, e quindi bisogna scegliere molte volte delle soluzioni efficaci che possano rendere la “neutralità” e la non assegnazione di genere anche alle parole che nel testo di partenza sono in inglese.
Secondo te qual è il dato più sconvolgente in termini negativi e quello più positivo tra le notizie presenti all’interno del libro?
Devo dire che in generale è spaventoso notare in maniera così cristallina l’arretratezza sul tema della parità di genere in paesi che consideriamo fortemente evoluti come gli Stati Uniti, soprattutto nei confronti delle donne nere, ispaniche e in generale non bianche, sotto diversi aspetti (salario, condizioni di lavoro, aborto, matrimoni precoci, e molto altro). Fa molto piacere invece constatare che con il passare degli anni, grazie alle strenue battaglie femministe, qualche blando risultato si stia ottenendo, e in particolare sono felice della (lenta ma) progressiva scolarizzazione delle bambine nel sud del mondo.
Devo dire che di primo acchito una traduzione come questa può sembrare molto più semplice e scorrevole di quella di un romanzo o un saggio a impostazione classica, è parso così pure a me prima di iniziare a tradurlo! Ma in realtà non solo si tratta di un tipo di traduzione molto tecnica, dove il margine di errore consentito è zero pena il crollo di tutta la tesi sostenuta, ma allo stesso tempo non deve essere asettica, perché Joni Seager ha inserito nel testo diversi incisi con, laddove consentito, anche un piglio ironico per descrivere la situazione odierna attraverso le infografiche.
L’Atlante delle donne è un manuale rivolto a tutti, ma c’è una categoria specifica di persone a cui lo consiglieresti?
Alle bambine e ai bambini, prima lo leggono e meglio è. Ai genitori di questi bambini e bambine, perché lo leggano insieme a loro e si rendano conto che bisogna ancora darsi da fare moltissimo per garantire loro un futuro dignitoso. Alle donne adulte, perché sappiano a che punto siamo e siano consapevoli di dove e come tenere il punto sulle battaglie vinte e sui diritti acquisiti. A tutti i maschi, perché questa battaglia non la vinciamo da sole e magari grazie a questo atlante potranno capire come e perché esserci alleati.