In questo limbo calcistico caldo, orfano di un mondiale appassionante anche guardato da esterni e in attesa di un campionato nazionale che prefigura grandi cose, non c’è lettura migliore da fare se non Kaiser di Marco Patrone, edito Arkadia editore.
Kaiser è Carlos Kaiser Henrique Raposo: calciatore brasiliano passato alla storia di certo non per le sue doti. Nessun mondiale vinto per Raposo; nessuna nomina da enfant prodige né gol particolarmente spettacolari a porre luce su carriere sotto tono. Raposo, detto Kaiser per la sua somiglianza fisica con Franz Beckenbauer, è passato alla storia per essere “il più grande truffatore nella storia del calcio”. Una ventina d’anni di carriera, da club in club, da una nazione all’altra senza giocare praticamente mai. Dalla sua una furbizia spudorata, finti infortuni, risse e una rete di amicizie – da giocatori a medici – pronti a partecipare a questo processo di insabbiamento.
Fate una rapida ricerca attraversi i nostri – forse abusati – mezzi di comunicazione e vedrete che è tutto vero. Strumenti di informazione la cui assenza ai tempi d’oro di Raposo si fece complice fidata delle sue menzogne. Ma da questo breve volume di Patrone non aspettatevi un’accurata biografia né un’apologia del personaggio, anzi. L’autore affonda le mani in questa simpatica storia e con ironia ci restituisce un romanzo a più voci, sull’inganno, l’ambizione e il bisogno quasi fisiologico di conquistarsi delle rivincite personali.
La voce che ci introduce nelle vicende di Kaiser è Dosto, cronista sportivo e nothingwriter – come si definisce lui stesso. A lui viene suggerita la storia di Kaiser, di nuovo in auge per un suo recente tour, e da lui parte la necessità di costruirne una grande storia, svelando anche presunti lati più oscuri della sua figura. Primo interlocutore di Dosto e seconda voce del romanzo è l’amico francesce, a sua volta giornalista, che anni addietro aveva difatti incontrato e intervistato Kaiser. Anche Kaiser stesso prende parola in questo romanzo ed è la sua testimonianza diretta che arricchisce la pluralità di questo romanzo.
Kaiser non si risparmia nel raccontarsi. Dagli appunti di François traspare un personaggio furbo, irriverente, che non cela la sua truffa al mondo del calcio né ha intenzione di farlo. Vi è una certa fierezza, nell’essersi costruito da sé, svincolandosi da una mediocrità da calciatore che non vi era proprio motivo di digerire. Stessa mediocrità da cui certa di sfuggire il nostro Dosto che vede nella storia di Kaiser la possibilità di svelare uno scandalo capace di dargli una fama anelata e mai raggiunta.
Il romanzo di Patrone non è quindi solo un romanzo sul calcio, ma anche un testo sull’ambizione, sulla manipolazione della storia e quindi le possibili narrazioni della stessa
Una volta facevamo le cose, ora c’è il bisogno di trasformarle in narrazione. Un bisogno apparente, dare loro un altro nome, per essere rassicurati di costruire qualcosa d’importante.
Lo stile è ironico, svelto, semplice senza mai essere banale. Quella che ne viene fuori è una riflessione importante sulla costruzione delle notizie, in tempi in cui era difficile trovare delle fonti, ma anche adesso in cui è difficile trovarne di credibili e distriscarsi nel nebbioso confine tra verità e falsità. E nonostante il libro sembri prendere una direzione parallela a quella strettamente legata al pallone, il calcio resta comunque uno dei protagonisti: raccontato più come fenomeno antropologico che sportivo, in cui è impossibile non riconoscersi per gli appassionati e capace di incuriosire anche quelli che hanno ancora difficoltà a comprendere il fuorigioco.
In definitiva, Kaiser è un romanzo breve, leggero senza mai risultare sciocco. Con la sua punta di carisma che ti fa proprio andare avanti con scioltezza di capitolo in capitolo e lo rende perfetto per questa stagione.