Jonathan Coe, ti sei impaludato anche tu nel Middle England

Caro Mr. Coe,
ti scrivo, e so che ne avvertivi il bisogno. So che sei un appassionato lettore de L’Indiependente, che orienti gran parte delle tue scelte musicali e letterarie sulle recensioni che qui vi leggi, che riponi un valore immenso, quasi eccessivo, in ciò che questa redazione scrive. Per questo, venendo incontro a una tua specifica, seppur telepatica, richiesta, ti scrivo. E lo faccio a proposito di Middle England, il tuo ultimo romanzo da poco edito da Feltrinelli. Be’, ci sarebbero molte cose da dire, ma una più impellente si impone su tutte le altre. Una semplice domanda: perché?

Perché Jonathan (posso chiamarti così?) hai deciso di riprendere in mano i personaggi di uno dei tuoi maggiori capolavori, La Banda dei Brocchi, per ridurli in questo modo cedendo, come tanti altri autori a cui ti reputavo superiore, a una nostalgica quanto sterile rilettura dei tuoi lavori? Hai ragione Jon, sto correndo troppo, mi accaloro e mi accavallo. Lascia che ti esponga con ordine.

Partiamo dai fatti. Middle England è ambientato negli anni tra il 2010 e oggi. Periodo difficile per la Gran Bretagna, tra la progressiva scomparsa di un ceto medio, l’estinzione delle industrie nazionali, la difficoltosa realizzazione di un meltin pot di popoli figlio (fin anche nipote) del colonialismo. A tutto questo si aggiunge la presa di potere di una classe dirigente (Cameron, Johnson, Theresa May) viziata e rimbambita dalla troppa bambagia inspirata nei grandi college di Eton e Oxford, sorda alle reali necessità del paese e pronta, di contro, a fare da becero megafono ai suoi istinti più bassi (tranquillo Jo-Jo, è così anche qua da noi, nel Bel Paese). Culmine di questa conflittualità è la Brexit, la scellerata decisione di pigiare il piede sull’isolazionismo, sull’autarchia, voltando le spalle ai principi di accoglienza e apertura (mentale prima ancora che economica) che dovrebbero costutuire i cardini su cui poggia l’UE. Che dire, lo scenario è interessante, un humus indubbiamente fertile e contraddittorio da sviscerare su carta e inchiostro. Ma sorge qui la prima domanda: perché ritirare in ballo Benjamin Trotter, sua sorella Lois, Doug Anderton e Phil Chase, insomma gli adolescenti che avevamo abbandonato al limitare dell’età adulta ne La Banda dei Brocchi?

Cerco di spiegarmi meglio, J-dog, d’accordo. Vedi, La Banda dei Brocchi era – ed è tuttora – un vero capolavoro per il miscuglio inestricabile tra vicende private e Storia inglese con la esse maiuscola. Il punto di forza di quel tuo grande romanzo del 2002 era il dipingere in maniera così vivida, così vera e profonda, l’adolescenza, quel periodo di passaggio tra i sogni giovanili e la spesso deludente realtà adulta. Tutto il libro era permeato da una nostalgia romantica così struggente, così puntuale, da costringere chiunque a immedesimarsi in quanto veniva raccontato. Solo in un secondo momento si aggiungeva a ciò la ciliegina sulla torta, ossia l’intreccio con il declino socio-politico del tuo paese negli anni Settanta, il rimpianto per un tempo più povero ma indubbiamente più autentico, l’ammirazione per una realtà periferica come Birmingham contrapposta alla caotica e spiazzante Londra.

Già con il seguito del 2005, Circolo Chiuso, eri andato fuori rotta, e lo riconosci anche tu quando affermi che quel sequel non lo ritieni un grande successo. Ma per la Corona d’Inghilterra JJ! Fidati dei tuoi istinti, di ciò che ti suggerisce il formicolio alla punta dei polpastrelli che impugnano la tua penna! Non dirmi che non l’avevi capito tu stesso. Che tu per primo avevi intuito che la vicenda dei Trotter si doveva concludere lì, al limitare dell’adolescenza. Era già tutto scritto: si sapeva che Ben aveva raggiunto il culmine della felicità in quella fugace notte d’amore con Cicely e che quella storia non era destinata al successo; si sapeva che Phil avrebbe dedicato i suoi sforzi alla salvaguardia della vecchia Birmingham, che Doug sarebbe stato inghiottito dalla metropoli Londra, che Paul sarebbe cresciuto in un adulto cinico e destrorso, che Lois non avrebbe mai scordato il Capellone. Era evidente, e lo era perché La Banda dei Brocchi era una perla perfetta, completa nella sua finita rotondità.

E invece no, hai dovuto cedere, anche tu, alle ragioni del dio denaro. Hai dovuto spremere succhi ormai insapori da quei personaggi che non avevano più nulla da raccontare solo per fare felice il tuo agente, l’editore, per incamerare nelle tue tasche qualche ulteriore sterlina nel periodo natalizio, affiancando il frutto del tuo ingegno scrittorio agli imbrattafogli che riempiono gli scaffali in quel mese di bulimia da regali. Perché diciamolo, il problema maggiore di Middle England è la mancanza di una vera trama, viva e accattivante. Le vicende sono un filo impalpabile che funge da pretesto per portare avanti un indignato quanto piatto reportage sulla Gran Bretagna. C’è qualche ammiccamento al lettore, strizzate d’occhio per verificare se si ricorda del primo libro e nulla più.

Eppure gli altri tuoi libri avevano confermato il tuo talento. La pioggia prima che cada, I terribili segreti di Maxwell Sim, Expo 58. Tutte opere che, dal 2007 al 2013, confermavano come la tua vena scrittoria fosse tutt’altro che inaridita. Poi, avevi già fatto un mezzo passo falso con Numero Undici, guarda caso ancora un sequel, stavolta della Famiglia Winshaw. Davvero, Jonny, non hai voglia di cimentarti con nuovi personaggi? Davvero la modernità riesci a guardarla solo con gli occhi delle tue vecchie e gloriose creazioni? No, JC, sei meglio di così. Sei meglio delll’ometto di mezza età che cerca di stare al passo con i giovani copiando maldestramente i loro termini. Solo perché siamo nel 2018 i ragazzi non devono per forza maneggiare specifici Iphone, Ipod, bere da Starbucks e guidare Tesla. Questo puntiglio è forzato, lo si percepisce, inceppa la lettura. Cellulare, lettore musicale e caffè vanno bene uguale. Lascia, come facevi un tempo, che sia il lettore a dare colore ai dettagli, che sforzi un po’ la mente per personalizzare il racconto. Tu narra, che è la cosa che sai far meglio. Inventa storie, trame, da’ vita a personaggi credibili in cui immedesimarsi. E, per favore, smettila con i sequel.

Caro Jonathan, spero che tu abbia capito ciò che volevo comunicarti. Spero che sia evidente che la mia rabbia e la delusione discendono dalla grande ammirazione che ho per te. E se non hai idee per un nuovo romanzo, ma vuoi comunque esprimere il tuo sdegno per lo stato della politica inglese, sono certo che L’Indiependente ti concederà una colonnina per manifestare le tue opinioni.

Tuo affezionatissimo,
Stefano

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