Da pochi giorni è sbarcato sugli scaffali di tutte le librerie italiane, Una Cadillac rosso sangue (per Einaudi stile libero), ultima fatica del prolificissimo Joe Lansdale uno di quegli autori in grado di trasformare la propria scrittura in intrattenimento puro. Non si equivochi il termine “intrattenimento” che, lungi dall’avere valenza riduttiva, inserisce Lansdale fra i maestri di una narrativa in grado di divertire e distrarre il lettore, scaraventandolo – è proprio il caso di dirlo – dentro a inquiete atmosfere in bilico tra western e pulp, scendendo spesso in particolari splatter da B-movie di culto.
Nella sua ultima opera, del resto, non mancano i rimandi ambientali, veri intarsi sensoriali – «La luce illuminava a giorno la zona di fronte al chiosco(…) Sembra oro che si scioglie a terra»- tanto cari all’autore e forieri di un Texas orientale fatto di paludi, torrenti e boschi, dove Lansdale è nato e dove il protagonista Ed, che di mestiere vende auto usate, fa il suo ingresso, rivelandosi subito come un ciarlatano di gran classe.
Cinico quel tanto che basta, Ed trucca il chilometraggio dei mezzi o, in alternativa, li rattoppa alla bell’e meglio, spacciando rottami per usato garantito nel tentativo di raggranellare abbastanza soldi per riscattarsi agli occhi della madre, ostica e irrimediabilmente alcolizzata, e della società. Ed, infatti, dichiara sui documenti di essere di razza bianca ma, in realtà, è un ‘mezzosangue’ in quanto suo padre è un uomo di colore, tormentato e bello quanto irresponsabile che lo abbandonerà per rifarsi una vita con altre donne.
Il tema del razzismo nelle opere di Lansdale viene frequentemente trattato seguendo termini particolari e la discriminazione diventa una duplice maledizione, sia per chi la compie che per chi la subisce. La condanna di Lansdale verso ogni forma di abuso è esplicita, dura e violenta, e punta il suo sguardo sulla vita dei protagonisti che spesso appartengono proprio alla categoria degli emarginati.
Apertamente contro la chiusura mentale generata dal pregiudizio – specialmente se politicizzato –, Lansdale usa i suoi romanzi per scardinare le false certezze di un’America che ancora vede nel diverso, in particolare negli afroamericani e negli ispanici, la causa di tutti i mali sociali. Le tinte forti di cui si serve gettano una luce aspra sulle condizioni di indigenza e afflizione in cui versano gli strati più bassi della società e da cui provengono questi eroi ammaccati. Poveri diavoli che vivono alla giornata e vengono presi a cazzotti da un’esistenza tormentata, rei di essere nati sotto una cattiva stella o – come in questo caso – con un colore considerato ‘sbagliato’, a cui fa seguito un’infinita serie di complicazioni imputabili a una prima, sfortunata, casualità. Lansdale ne descrive le avventure sostenendole con un’ironia che talvolta sconfina nel trash, per recuperare quei personaggi che nella vita reale non avrebbero risalto.
La trama di Una Cadillac rosso sangue si configura come una continua lotta su più fronti: un rapporto familiare difficile da gestire, il violento passato della guerra di Corea – che infesta ancora gli incubi di Ed -, e il presente fatto di disparità esistenziale, colmabile solo attraverso il denaro e le belle donne.
Ed è un guerriero incallito che, nella sua vita, sembra non abbia fatto altro che tentare di sopravvivere, la cui epicità nasce in una gragnuola di situazioni grottesche in cui si trova invischiato e che, insieme a Nancy, clamorosa bellezza mozzafiato ai limiti della prosaicità, organizza un piano per arricchirsi e sbarazzarsi del violento marito della donna che fungerà da innesco per un’inarrestabile valanga di situazioni estreme che, procrastinando il vertice narrativo – proprio come la tifoseria si aspetta -, troverà il suo epilogo solo all’ultima pagina.
Da profondo conoscitore e demiurgo di narrativa di questo genere, Lansdale infila nella storia elementi che strizzano l’occhio a Frankenstein, Il mostro della palude, Il seppellimento prematuro, Pet Sematary, e prosegue, mandandoci al tappeto, col ritorno poetico di quelle immagini a cui è così affezionato: i vasti parcheggi dei drive-in dove, alla luce del solo schermo, il confine tra dimensione reale e incubo si azzera; il Texas delle Cadillac che scintillano sulle quattro ruote, miraggio e ultima vanità legata alle terre dimenticate di una depressa America di provincia; la fotografia sbiadita di un sogno americano forse perduto eppure mai retorico perché bilanciato da una crudezza dosata con sapienza.
Anche in quest’ultimo romanzo la vera forza di Lansdale è però l’accessibilità, non tanto determinata dal genere romanzesco ma, più in generale, da un prodotto letterario che si configura come l’equivalente di una pellicola di culto, concedendo una soddisfazione pressoché immediata – un dollaro a biglietto, prego! – e facendo concentrare il lettore sul bisogno di finire dentro alla storia, anche guardandola da lontano, dimenticandosi del resto e sedendosi comodamente sul sedile di pelle di questa Cadillac letteraria.
Articolo a cura di Sara Galletti Manfroni