Con Jean-Paul Belmondo se ne va un grande attore. Un attore riconoscibilissimo per la sua faccia, per la posa, per la camminata, per quel modo di muovere la bocca o di fumare una sigaretta, per una piccola serie di gesti che abbiamo imparato a conoscere come suoi tipici o belmondiani. Come gli attori più grandi del cinema Belmondo ci metteva il corpo nella recitazione, ci metteva la faccia scorbutica, lo sguardo fintamente cattivo che improvvisamente poteva diventare quasi-tenero e velato di tristezza e nostalgia, la balordaggine impacciata da bandito di strada che prova a imitare la grandeur del balordo di professione. Belmondo giocava a fare il farabutto, allo stesso modo in cui James Dean usava il corpo per impersonare la noia del giovane solitario e ribelle. Questo eroe canaglia a volte era anche un perdente – per questo si avvicinava tanto a noi, nei difetti o nelle giornate storte; la faccia di Belmondo non era quella statuaria dell’amico Alain Delon (compagno di avventure malavitose in Borsalino), né quella sessuale di Marlon Brando; la faccia di Jean-Paul Belmondo era una specie di maschera da uomo di strada, la maschera di un gagà vitalista innamorato pazzo di donne e automobili che può perdere la testa per una particolare donna o automobile, la faccia deturpata da sorrisi che ispirano simpatia anche quando sono accompagnati da battute strafottenti, la faccia del giocatore allegro e della cazzimma – una faccia di cui si è trascinato la responsabilità addosso fino alla vecchiaia.
Per fortuna il cinema intrappola le immagini e ce le manda a ripetizione, così le espressioni di Jean-Paul Belmondo – mentre il tempo gli scorreva addosso – potremo sempre rivederle nei film in cui ha recitato. Tanti film a scorrerli, tante parti truffaldine, e una personalissima interpretazione di una delle maschere più famose di Francia, Pierrot. Niente di più diverso dal vero Pierrot, personaggio triste e innamorato impossibile e demenziale della luna, eppure lo stesso Pierrot le fou ha una sua malinconia da stagioni impossibili. Il Ferdinand protagonista che diventa un Pierrot moderno parla pure lui alla luna dalla spiaggia, evoca l’uomo della luna, si innamora di una donna e si fa saltare in aria con un colpo di teatro, interpretando magistralmente uno dei nostri folli preferiti di sempre. E a un attore come Jean-Paul Belmondo non possiamo che dire grazie per aver portato al cinema questo tipo di eroe minore e poco americano; spesso parliamo dei film, dei registi, degli autori, e poco ci dedichiamo ai grandi interpreti del ruolo, agli attori. Ma se proviamo a immaginare un cinema senza Jean-Paul Belmondo ci sembrerà di colpo più vuoto.