Per la sua dodicesima edizione Jazz:Re:Found torna all’aria aperta e sceglie una location d’eccezione, Cella Monte, incantevole borgo fiorito incastonato tra le colline del Monferrato. Arriviamo dopo un pomeriggio di tempesta, caratterizzata da grandine e forti raffiche di vento, quando il sole tramonta lentamente dietro l’orizzonte. L’aria è fresca, il paesaggio è leggermente velato, ma sopra di noi il cielo si sta aprendo. Mentre percorriamo la salita che ci porterà nel cuore del paese, iniziamo a respirare musica a pieni polmoni: dj set lungo la via principale, nei cortili dei palazzi e sulle alture. In questa località il tempo sembra essersi fermato. Gli anziani che incontriamo per le strade ci rivolgono sorrisi autentici e sembrano curiosi di capire cosa abbia portato così tante persone tutte insieme alla scoperta del loro territorio.
Cella Monte è situato in un punto strategico sia per chi arriva da Milano che da Torino (a un’ora di distanza da entrambi i capoluoghi di regione) ed è considerato patrimonio dell’UNESCO dal 2014 per i paesaggi terrazzati a vigneto e gli infernot (le celle scavate nella roccia che fin dall’antichità hanno permesso la conservazione del vino). Il Jazz:Re:Found inizia di giovedì con il travolgente spettacolo dei Meute, la techno marching band che ha conquistato il pubblico europeo e con Boosta che si esibisce tra luci, ombre e frasche che fanno da scenografia naturale al musicista torinese.
Noi arriviamo con il solstizio d’estate per la serata dedicata alla scena rap e hip-hop italiana, portata in alto da Noyz Narcos e dai Colle Der Fomento e introdotta dall’acid jazz di Gilles Peterson e dalle sonorità di Tullio De Piscopo che, con i suoi settantatre anni suonati, ammalia e trascina una folla adorante che lo chiama a gran voce intonando uno dopo l’altro diversi cori da stadio improvvisati in suo onore. L’atmosfera che si respira è gioiosa e la musica non smette mai di essere la vera protagonista del festival. Dalle parole di Noyz Narcos e dei Colle Der Fomento, però, passano anche i vizi della nostra società, che viene studiata nel dettaglio per cercare di capire il presente e il futuro. Il sabato, invece, è per lo zoccolo duro della black music e per chi ama le novità e la commistione tra generi, con i Kokoroko, gli I Hate My Village, Yussef Dayes, Tony Esposito e gli Area.
Come dice il nome stesso della rassegna, la riscoperta del jazz è in primo piano, ma non l’unica strada per aprirsi a nuove direzioni. Si tratta di un festival per chi ama lasciarsi travolgere dagli impulsi della corrente contemporanea, rovistare tra i vinili, bere bene, mangiare panini superfarciti e ballare fino a notte fonda sotto le luci al neon. Jazz:Re:Found prende spunto dalla scuola britannica, ma adatta i propri insegnamenti all’Italia, dopo essere partiti da Vercelli, essere sbarcati a Torino e ritornando oggi in provincia per affrontare una nuova sfida, ma con la consapevolezza dettata dalla maturità.
Negli ultimi anni la scommessa degli organizzatori di festival è trovare un luogo ricco di storia che sappia guardare al futuro e non si lasci intimorire dalle novità. Cella Monte è una vittoria non solo per Denis Longhi e tutto lo staff di Jazz:Re:Found, ma è anche una speranza per tanti che hanno incontrato amministrazioni comunali avverse, persone che storcevano il naso senza davvero rendersi conto che la musica non fa male a nessuno, ma è risorsa, porta turismo, genera nuove sinergie, produce visibilità, ma soprattutto aiuta a svegliare le coscienze.
Sulla strada del ritorno incrociamo due signore intente a bagnare i fiori prima di andare a dormire, ci augurano la buonanotte come se ci avessero visto crescere estate dopo estate all’ombra delle case del paese. Con questa immagine salutiamo il Jazz:Re:Found e Cella Monte, un luogo incantevole che è sempre stato a un’ora da casa e che non conoscevamo: un sogno magnifico che aspettiamo di rivivere nel 2020.
tutte le foto e le GIF sono di Maurizio Vaccariello