A distanza di solamente un anno dal rilascio del debutto Psychopomp, Michelle Zauner aka Japanese Breakfast ha già pubblicato anche questo suo secondo disco solista. Sono passati ormai quasi sei anni dalla nascita dei Little Big League, ma è dal 2014 che gli americani non ci danno più notizie dopo le prime due fatiche These Are Good People e Tropical Jinx.
Nelle settimane passate abbiamo già avuto la possibilità di conoscere i primi tre assaggi Machinist, Boyish e Road Head (rispettivamente le tracce numero 2,3 e 6) che almeno per quanto riguarda l’aspetto strumentale possono essere considerate tranquillamente tra le più valide dell’intero album. Ma ovviamente le note positive di Soft Sounds From Another Planet non si limitano certo ai tre estratti: Diving Woman è una delle cose migliori che abbiamo ascoltato finora in questo 2017, con quella perfetta miscela tra lo-fi ed elettronica sperimentale che negli ultimi tempi si trova sempre più di rado e che bisogna proteggere come una specie in via d’estinzione.
Altre buone notizie arrivano anche dalla quarta traccia Planetary Ambience, lunga poco più di un minuto ma ricca di synth e voglia di trovare nuovi sound a differenza della title track Soft Sounds From Another Planet, dove è evidente il desiderio di risultare più orecchiabile che sperimentale (e più avanti capiremo ancora più nel dettaglio che è proprio questa la vera pecca del disco).
In un lavoro così esplicitamente improntato verso il lo-fi e il pop sperimentale, non mancano tuttavia sonorità più rockeggianti e vicine al sound della sua band: è il caso di brani come 12 step o Jimmy Fallon Big!, che ci sarebbero stati benissimo nel primo album dell’anno scorso (la stessa Zauner parlò di Psychopomp come una ripresa di Tropical Jinx dei Little Big League).
Purtroppo però questo entusiasmante momento rock dura davvero poco, poiché frenato bruscamente da un finale di disco alquanto noioso (a mio parere pezzi come This House e Till Death sarebbe stato meglio non inserirli perché stonano parecchio) in cui la Zauner si rimette ancora una volta alla ricerca di quella pulizia e orecchiabilità che però alla fine porta un po’ alla noia e allo sbadiglio facile.
In generale, con queste dodici tracce Japanese Breakfast dimostra una certa maturità artistica rispetto allo scorso anno mostrandoci un nuovo sound che, piaccia o no, è comunque molto più personale e meno legato alle influenze dei Little Big League.