Andando a spulciare l’immensa collezione di musica di Spotify si trova anche una chicca come Poetry for the Beat Generation, l’album che Jack Kerouac rilasciò insieme al presentatore tv e musicista Steve Allen nel 1959. Kerouac legge, Allen suona il piano. Potete ascoltare per esempio Kerouac che implora il perdono di Charlie Parker, o il Bowery Blues e lasciarvi suggestionare. Non verrà ricordato come il più grande esordio della storia della musica, anche perché gli American Haiku (o Blues and Haikus, come volete) accompagnati dai sassofoni di Al Cohn e Zoot Sims escono fuori più intensi, tanto che Jack prova pure a cantarci sopra. Come ci ha spiegato lui l’haiku americano non è quello giapponese a ventisette sillabe, è sciolto, libero, come una jamming session jazz (Jack amava il jazz). Lo spirito americano dei Cinquanta. E allora ci alterniamo ancora tra un San Francisco Blues, recitato dalla voce di Jack, e un’intervista di Fernanda Pivano, letture da On The Road e I sotterranei, frammenti e poesie.
A spulciare bene c’è anche un piccolo tributo allo scrittore, un disco che si chiama Kicks Joy Darkness e raccoglie una collezione di musicisti (Joe Strummer, Morphine, Micheal Stipe, John Cale), scrittori (Hunter S. Thompson), attori (Johnny Depp), che leggono e musicano Kerouac. Ma Jack è in buona compagnia su Spotify. Credo abbiate immediatamente immaginato che c’è anche Charles Bukowski che recita le sue poesie. Come fare a non riconoscere la sua voce nella Master Collection, mister Bukowski decanta i suoi versi davanti a un pubblico che spesso, in risposta, ride. Come in The Sex Friend, o in I don’t need a Cleopatra. E avrete capito anche che troverete pure Allen Ginsberg con i suoi versi, Howl e America su tutti. William S. Burroughs (mixato anche in versione dub), Lawrence Ferlinghetti, Gregory Corso. Beat generation e Bukowski presi.
Spostiamoci un attimo verso il Sudamerica, qualcosa di più latino, e troviamo anche una canzone di Julio Cortàzar che ha le atmosfere del tango, Buenas noches, che bandoneón. In un attimo siamo a Buenos Aires, e allora non ci spostiamo e andiamo a trovare Borges che legge se stesso. Non è quello che ci conquista di più Borges, non è certo come Dylan Thomas che sembra cantare pur non avendo nessuna musica in sottofondo, ricordando quasi Nick Cave. Provate a sentire che ritmo musicale ha Dylan Thomas mentre legge e capirete la differenza. A confronto il Canto d’amore di J. Alfred Prufrock letto da Eliot è debolissimo. Sia lodato Thomas coi suoi versi e il suo bicchiere. Anche William Butler Yeats canta mentre legge. Tutt’altra roba rispetto alla serietà di Sylvia Plath e Ted Hughes.
Qui sotto abbiamo raccolto qualcosa.