Il 5 settembre Sulla strada ha compiuto sessant’anni dalla sua prima pubblicazione, in un momento storico che, per tanti versi, ricorda il clima di smarrimento che aveva avvolto gli americani nel secondo dopoguerra. Allo spettro dell’URSS e della guerra atomica si sono sostituiti paesi e nomi diversi ma il pericolo è arrivato a bussare anche alla nostra porta, senza avvertire. La paura di non potersi comprendere fino in fondo o quella che in un domani preciso tutto possa essere cancellato schiacciando soltanto un pulsante, è forse peggiore di quella degli anni ’50, eppure la necessità di non fermarsi è rimasta la stessa, perché altro, probabilmente non si può fare. Il paese diviso e quello silenzioso, le risoluzioni Onu e i test minacciosi di nuovi missili a ultra gittata, e quella tensione di essere in costante pericolo, perché da ogni parte la tua individualità può essere insidiata, sono parti fondamentali di Sulla strada, oltre alla mitologia con cui è stato trasmesso fino a noi che poco ha a che fare con gli ego divisi e precari dei suoi personaggi. Fragili, senza sicurezze, davanti a uno sterminato canyon di infinite possibilità e incredibili delusioni.
Ricostruire la propria identità è, sin dalla giovinezza, un aspetto fondamentale per Kerouac, e che ottenebra la sua scrittura, anche quella più libera che compone risvegliandosi, per attaccare i sogni alla memoria e allontanare le visioni di dolore. La più grande conquista del Kerouac scrittore, quella di poter esprimersi liberamente e senza filtri, ma la più dolorosa per l’uomo, quella di venire spesso frainteso e forse mai, davvero, compreso. Questo percorso si lega saldamente con la missione di dare agli Stati Uniti un nuovo passo, paradossalmente molto più lento rispetto alle auto inferocite che portano Sal Paridise e Dean Moriarty da New York a Denver fino all’estate del Messico e nell’inverno del Nord. Recuperare, come nuovi pionieri, le proprie origini più pure, convinto che da lì un uomo dovesse partire per autodefinirsi. Quando Dean aveva ancora le sembianze di Red Moultrie e vagava per le città appena uscito di prigione, Kerouac arrivava, sulla pagina di una poesia di Keats, a inquadrare nel mondo pre-whitmaniano, quello semplice e antico, algido e lento, che rimaneva a osservare le sue Foglie d’erba (Io ozio, ed esorto la mia anima, / Mi chino e indugio ad osservare un filo d’erba estivo), il sentimento autentico dell’uomo americano. La caccia all’oro, inaugurata dalla scoperta dei giacimenti in California, avrebbe, invece, causato la caduta miltoniana dei costumi e della solidarietà, segnando la nascita del consumismo americano e della divisione interiore, che gli stessi beats avrebbero fatto a pezzi nei loro Jukebox all’idrogeno.
I saw you, Walt Whitman, childless, lonely old grubber, poking among the meats in the refrigerator and eyeing the grocery boys.
I heard you asking questions of each: Who killed the pork chops? What price bananas? Are you my Angel?(A Supermarket in California, A. Ginsberg)
I figli più legittimi di quell’epoca, la generazione degli anni ’60 tutta tv e pubblicità, dei vagoni carichi d’oro che lasciavano dietro di sé amori e famiglie, sarebbero stati poi i primi a cogliere l’alternativa e trasformarla nella San Francisco Renaissance, erigendo alcune di quelle pagine di Kerouac a proprio manifesto. Ma Moriarty e Paradise, così come i sotterranei Leo Percepied e Mardou Fox, erano lo specchio di una gioventù che si era già spenta ed era in grado di comprendere la propria perdizione. La strada, simbolo mistico di una ricerca senza approdi sicuri, era tendenzialmente una strada di ritorno, verso il passato di Galloway raccontato ne La città e la metropoli e all’America rurale, molto distante dall’immagine di apertura e inclusione prorogata dai movimenti di controcultura.
Procedere quindi senza fermarsi, finché si ha benzina nel serbatoio, ma solo per scoprire che nessun porto è accogliente come quello di casa, prima che il nulla la assorbisse. La paura che il vuoto spaziale possa circondare e spegnere questi pazzi uomini luminosi che esplodono simili a ragni sopra le stelle, taglia la furiosa sincope jazz della prosa di Kerouac e ci restituisce il lato precario e insicuro del suo carattere. Il viaggiatore fragile, alla costante ricerca delle proprie origini di Satori à Paris («Perché ero l’uomo più solo di tutta Parigi, se possibile.») o di un Nirvana momentaneo secondo le leggi del Dharma, in cui potersi rifugiare contro gli incubi e i fantasmi di Big Sur, fino all’inevitabile sconfitta.
La faccia che ti vedi nello specchio è talmente stravolta e deformata dal dolore che non riesci nemmeno a piangere per una cosa così orrenda, così perduta, nessun rapporto con la perfezione di prima e perciò nessun rapporto con le lacrime o altro. (Big Sur)
Dopotutto, della fuga dal vuoto e dal dolore, sono pieni i quaderni preparatori di Sulla strada e i primi tre tentativi di mettere quell’idea così vasta in prosa, lavori preliminari che avrebbero poi composto alcuni echoes poetici e le Visioni di Cody, il libro più sottovalutato, probabilmente, di tutta la produzione di Kerouac. Tutto si concentra nella ricerca di un punto preciso, un IT, che muta di individuo in individuo, ma vuole rappresentare la pienezza della comunione fra uomo e Dio. L’energia di Moriarty, simbolo per eccellenza di questa instancabile tentativo, rivela anche la possibilità che si tratti di uno sforzo vano e che conduca a una miserabile caduta, che conduce all’oblio della solitudine, proprio l’incubo peggiore per Kerouac, che spesso si risvegliava da visioni in cui aveva perso la voce.
Troppo facile da colpire Jack, che avrebbe voluto condividere con qualcuno il suo immenso amore ma, poi, ritrovandosi alla fine di una strada, si rifugiava nello stesso abisso. Sulla strada è pieno di questi riferimenti, religiosi e carnali, mistici e terreni, ma è pieno anche della sfrontatezza giovanile di una vecchia anima come quella di Kerouac. Dietro ogni tramonto, ogni alba e ogni viso si nasconde un possibile segreto,il modo più sincero e umano è rincorrerlo, stracciare il velo di Maya fra l’esistenza e il suo limite di comprensione. Prima che le luci si spengano e le notti in carrozza siano fredde, le botte più forti. Dove c’è significato c’è vita, oltre quello solo la strada può dare una risposta.
8th Chorus
Mentre tutto il gran mondo
dorme profondo io piango.
Permetti che ti offra
il mio profilo rassicurante
che dica: ‘Okay, ragazza,
lo faremo
Finché il sole non cala per sempre
E fino allora, che cos’hai
da perdere
Se non ciò che è perdente? Siamo angeli
caduti
Che non credevano
Che niente significhi niente’.