It-pop e Indie: la formula di Artico Festival

Si è chiusa sabato 23 giugno la seconda edizione di Artico, festival che si tiene a Bra in provincia di Cuneo, naturale prosecuzione di Chiamata Alle Arti, di cui vi avevo parlato qui. Quest’anno il festival poggia i piedi su un terreno fertile per la musica nella provincia: il parco della Zizzola, suggestivo monumento situato sulla punta più alta della collina braidese (ed accessibile solo dopo una bella passeggiata da fiato corto e tachicardia), che ogni anno ospita almeno due o tre eventi: un’inezia se si pensa alla quantità di musica nelle grandi città, un inestimabile regalo per un piccolo centro come questo. Un’edizione che viaggia tra i meandri della musica italiana, con lo scopo, vero o ipotizzato dalla sottoscritta, di analizzare due facce della stessa medaglia sonora: it-pop e indie.

Abbiamo anche chiesto a Colapesce cosa ne pensa della scena e dell’evoluzione dell’it-pop che ci risponde: «non credo molto nella parola “scena”, credo che al momento il pop viva un’involuzione più che una evoluzione, un po’ come nella politica. Non riesco più a distinguere alcuni artisti, sembra una grande variazione su tema. Percepisco poca curiosità, di conseguenza intacca la creatività, ma è una mia personale sensazione. Come quando al sud fra i ragazzi c’è stata la stagione delle magliette rosa.» Non conosco la stagione delle magliette rosa, ma posso provare a fare due considerazioni anche io.

GIORNO UNO: FENOMENI, IT-POP E AUTOTUNE

Ovvero la giornata dei nuovi fenomeni. Sicuramente la parola it-pop non è corretta né esaustiva quando tocca descrivere Coma_Cose, il duo milanese con all’attivo poco più di una manciata di pezzi , tra cui una cover di Cani Sciolti dei Sangue Misto (che da sola basta a descrivere perfettamente il loro background e la loro attitude, e la hit “Post concerto”. Un fenomeno (e scusate la ripetizione) decisamente interessante, che è riuscito ad attirare una discreta quantità di pubblico, rigorosamente under 30, che a fine concerto, anzi “post-concerto”, è stato protagonista di un’invasione di palco spontanea. La stessa cosa era avvenuta un paio di anni fa sullo stesso palco ad un certo signor Marco Bianchi di Ivrea: Cosmo, nel tour di “L’ultima Festa” quando ancora amava chiamare il pubblico sul palco, invece che buttarcisi lui, con risultati non sempre garantiti. E poche settimane fa, per Lemandorle, che giocavano in casa. Pare che la strada verso il successo debba passare necessariamente per un’invasione di palco a Bra. I numeri li hanno tutti, Lama e California: un set breve ma infuocato il loro, che non perde di smalto ed entusiasmo nemmeno nel bis, quando annunciano che i pezzi son finiti, ma se vogliamo ne ripetono qualcuno.

Crediti: Maurizio Marino

Prima di loro è toccato a Generic Animal, per cui possiamo decisamente spendere la parla it-pop. Una delle novità più interessanti su disco, che ha forse ancora bisogno di qualche prova live, o di una band che lo accompagni. Solo con la sua chitarra, ad un certo punto ha dovuto sfoderare il trucchetto dell’autotune per dare una verve a dei pezzi che risultano un po’ piatti. Rimandato, ma non bocciato.

Credit: Maurizio Marino

GIORNO DUE: INDIE, CANTAUTORI E ROCK’N’ROLL

Il secondo giorno arrivo abbastanza presto per godermi lo spettacolo del sole che muore dietro la sagoma della Zizzola, una pizza margherita appena sfornata, la mostra itinerante e il live di Gigante, che con le sue suggestioni a cavallo tra post-rock e prog si rivela di gran lunga la scoperta più interessante del festival, ribaltando le parole che ho usato per Generic Animal: ascoltati i pezzi in studio mi aveva lasciata interdetta, mentre dal vivo è stato un bel regalo.

Credit: Ermanno Fissore

Segue Dunk, progetto che sulla carta mi aveva lasciata perplessa, mentre supera la prova live a pieni voti. Non vi pare anacronistico buttare una manciata di artisti che arrivano da esperienze tutte diverse, anni luce, tra loro, chi più famoso chi meno, a suonare un misto di rock e folk in una band il cui nome significa “Dio Punk”? Una roba che puzza di anni 90 in modo bestiale. Eppure, prendi i due fratelli Giuradei, una spruzzata di talento di Carmelo Pipitone (un terzo di Marta sui Tubi) e le basi ritmiche di quel mostro della batteria di Luca Ferrari (Verdena) e inaspettatamente ottieni la formula chimica per un esplosivo. La poetica struggente dei testi si mescola agli impeccabili assoli di Carmelo, mentre Luca percuote la batteria, muovendo la bocca, masticandone quasi il suono come se fosse materico. E, ciuffo di panna su una torta già ricca di ciliegine, in chiusura arriva una coda psichedelica suonata insieme a Riccardo Tesio dei Marlene Kuntz.

Credit: Maurizio Marino

A chiudere la serata e l’edizione, Colapesce, che sale sul palco in abiti talari, come i musicisti (sette elementi in totale) che lo accompagnano. Menzione d’onore per i due sassofonisti che colorano il live di note blueseggianti. Lorenzo Urciullo ci racconta che i testi dell’ultimo album Infedele si sono fatti «più chirurgici, più consapevoli, tridimensionali, mai univoci, mai giudicanti, molto geografici» e sono decisamente il fulcro della sua esibizione, una poetica fine e delicata, che stride in maniera peculiare con il personaggio Colapesce, che sul palco inscena una vera e propria liturgia, che passa attraverso i cambi d’abito (dalla maschera da pesce, ai paramenti liturgici, al giubbino di pelle con fulmine fluorescente) nonché la dissacrazione di un gesto religioso forte come l’eucaristia, con l’ostia che viene data direttamente dalle sue mani alle prime file del pubblico. Aggiunge: «le mie canzoni sono dei caleidoscopi di influenze anche invisibili», influenze che passano attraverso artisti come Franco Battiato, Sufjan Stevens, Father John Misty ai quali spesso è stato paragonato, ma anche da Iosonouncane, con cui ha co-prodotto il disco.

Credit: Maurizio Marino

DULCIS IN FUNDO

Tutte queste considerazioni, in fondo, non mi hanno dato un’idea esaustiva della direzione che la musica italiana sta prendendo. Forse perché non è un’autostrada, ma una tangenziale, piena di uscite che portano verso piccole stradine che se percorse, permettono di godere di tanti paesaggi diversi. Forse ha ragione Lorenzo, è tutta una grande variazione sul tema, ma tutto sommato, non mi sembra una brutta cosa. Ho scoperto che anche questa nuova generazione – che ho snobisticamente bistrattato – ha tantissimo da dire, e mentre ho già eletto i Dunk come i miei vincitori morali, mi inchino ad Artico ed ai suoi organizzatori. E mi chiedo cosa abbiano già in cantiere per il prossimo anno.

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