A tu per tu con One True Pairing

Solo una rampa di scale separa la torrida Torino dalla stanza “sotterranea” in cui stanno riposando Tom Fleming, One True Pairing, e la sua crew. Sotto lo spazio 211 dove si è tenuto il TOdays festival, l’ex Wild Beasts si dimostra da subito molto gentile e amichevole con me e, fatta uscire la crew, mi invita a sederci a un tavolino vista ventilatore che scuote la sua testa da una parte all’altra senza fermarsi mai.

Allora, Tom, parto subito dicendo che ho avuto la possibilità di ascoltare il tuo album in anteprima e ne sono rimasto davvero stupito. Al di là dell’aspetto musicale, di cui parleremo tra un po’, ho apprezzato molto l’idea che c’è dietro. Vorrei capire se ho avvertito le giuste sensazioni, quindi ti chiederei di parlarmi del concept dietro il tuo progetto, perché non credo che si tratti di un mero prodotto estetico.

Esattamente così, il disco nasce dalla voglia di fare tirare fuori qualcosa di vero, che fosse capace di parlare della realtà vera. Volevo suscitare un senso di inadeguatezza nei confronti della realtà che ci circonda e l’ho fatto creando un disco ruvido, che potesse sembrare persino meno piacevole all’ascolto, sotto un certo punto di vista, ma che suscitasse qualcosa e inviasse un messaggio. Non volevo fosse un bel prodotto musicale confezionato, volevo fosse in grado di insegnare qualcosa, riscoprire il valore formativo della musica. Volevo far aprire gli occhi sulle condizioni delle classi sociali meno ricche e disagiate, sui comportamenti di merda che gli esseri umani hanno nei confronti dei loro fratelli. Volevo che il disco fosse un incentivo a riscoprire la speranza e la gentilezza. La scelta di cambiare nome, di dare un nome d’arte che non conduceva direttamente a me o alla mia carriera passata risponde esattamente a questo bisogno. Il mio è un messaggio, non doveva essere il mittente al centro ma il contenuto.

Proprio a proposito del nome, come mai One True Pairing? Ha a che fare in un certo senso con la speranza? Con la voglia matta che hai di vedere nascere la tua coppia preferita dei telefilm?

One True Pairing è un’espressione che deriva, come dici, dalla fan fiction. Indica quella coppia di personaggi dei telefilm per cui fai il tifo, tra cui speri possa sbocciare l’amore. Sicuramente è un concetto che rimanda alla speranza che, come ho detto, è il concept dell’album ma è stato anche un modo per me per giocare con la mascolinità forzata, con il machismo. Si trattava di riscrivere un po’ i ruoli e le situazioni, sfidare il paradigma della violenza che spesso opprime le coppie nella vita reale. Naturalmente poi la coppia che vorresti esistesse è un riflesso di ciò che tu sei e per questo fa riferimento alla tua parte più personale e intima.

Proprio rimanendo sul tema dell’intimità, credo che risponda a questo stesso bisogno anche la tua scelta di suonare tutti gli strumenti presenti nell’album. Sbaglio?

Per nulla, per me si trattava di produrre qualcosa di intimo e personale. La mia musica nasce dalla voglia di comunicare le mie idee al mondo. Non c’è nulla di più personale di questo bisogno e di ciò che si comunica. Non si tratta, però, di una sorta di diario in cui parlo solo dei miei sentimenti. One True Pairing è qualcosa in cui ritrovarsi, parla di qualcosa che può essere traslabile anche alle altre persone. Non c’è traccia di solipsismo ed è questo aprirsi al mondo che rende un album valido, secondo me.

Ho apprezzato molto nell’album i riferimenti a una sorta di coscienza di classe e politica in una chiave tendenzialmente rock. A proposito di questo, mi piacerebbe parlare di una dinamica che sto notando, ovvero dell’allontanamento del rock dai temi politici e sociali. Per chi come me è cresciuto con la rabbia rock, è strano vedere come il genere e la protesta si siano allontanati l’uno dall’altro. Tra l’altro, mi sento di dire che questo compito è diventato a tutti gli effetti appannaggio del rap che ha saputo intercettare meglio la rabbia di questi anni.

Verissimo! Il mio album e la mia musica non possono dirsi propriamente rock ma le mie influenze arrivano da lì. La narrativa del mio Paese, del Regno Unito, non sempre è adeguata all’ascolto musicale e questo può rivelarsi un problema ma non una ragione sufficiente per non provarci. Siamo tutti dentro tutto questo. Non è un qualcosa che raccontiamo da esterni. Viviamo in un mondo in cui l’ascensore sociale è rotto e io ho visto questo stallo da quando ero adolescente nel mio paese. Il denaro la fa da padrone e tutto è gestito del denaro. Viviamo in una sorta di flusso in cui tutto rimane come è. I ricchi si arricchiscono e i poveri frustrati sembrano non avere via d’uscita. Io penso che sia naturale parlarne, non ha senso nascondersi in un’interiorità chiusa rispetto alla realtà lì fuori. Parlarne vuol dire anche spiegare, capire e credo sia questo il senso dell’arte.

Foto di Alessia Naccarato all’ultima edizione di TOdays Festival

Tornando all’aspetto musicale, il tuo è uno stile riconoscibile, la tua voce è il tuo segno distintivo ma molto più che con i Wild Beasts, ho sentito una serie di influenze dalla musica del passato. Sbaglio?

Per nulla, stavolta ho lasciato che i miei punti di riferimento musicali diventassero parte integrante della mia musica. Mi sono lasciato ispirare da Bruce Springsteen soprattutto per quello che riguarda i testi. Per quanto riguarda la musica Don Henley e Tom Petty ma c’è tanta elettronica dei Depeche Mode e degli Swans. Ho anche lasciato spazio alla contemporaneità di Post Malone e Jpeg Mafia che fanno una musica molto diversa dagli altri citati ma che hanno lasciato la loro impronta sullo stile di questo nuovo progetto che si trova a metà tra classico e moderno. Anche i live sono un electronic-rock show.

Un ultima domanda riguarda la tua esperienza musicale passata, come giudichi One True Pairing ripensando ai Wild Beasts? Si tratta di una prosecuzione o di un’avventura tutta nuova?

Questa è sicuramente una bella domanda, di getto non ti saprei dire perché non c’era in me un’ambizione di cambiare rotta ma sicuramente si tratta di una nuova avventura per via degli strumenti utilizzati, del mood e dello spirito decisamente arrabbiato che con i Wild Beasts non avevamo. Direi che la differenza più grande sta in questo mood. Non ho intenzione di tornare indietro e sono felice del nuovo progetto che mi permette di dare spazio alla sperimentazione. Non intendo fermarmi qui.

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