Abbiamo scambiato qualche parola con Mirko Perri, direttore artistico di Color Fest, il festival che ha luogo da sei anni a questa parte nel territorio di Lamezia Terme, in Calabria, e che registra un numero sempre più alto di affezionati e nuovi appassionati partecipanti.
Infatti, grazie ad un continuo lavoro volto a migliorarsi e ad offrire una sempre migliore fruibilità dell’evento nella sua totalità, Color Fest continua a raccogliere ogni anno ottimi risultati.
Ne è uscita fuori una chiacchierata intensa e a tutto tondo sul festival che riunisce tutti i “figli delle stelle” condensando “qualità, freschezza, gioventù e innovazione”.
- Il Color Fest celebra quest’anno la sua VI edizione e si conferma come un Festival in costante crescita — avvalorata, tra l’altro, anche dal recente cambio di location dovuto alla sempre maggiore e sentita partecipazione.
Quali sono le principali difficoltà che comporta l’organizzazione di Festival, nella fattispecie in Calabria, e quale pensi che sia il punto di forza di Color Fest?
Il cambio location avviene principalmente per una questione di incremento del
numero di biglietti venduti. Aumentano in modo esponenziale le persone che si
recheranno quest’anno al festival e adesso lo faranno in una location naturale più
accogliente, sempre molto bella, molto suggestiva che rimane nelle vicinanze di
Lamezia Terme.
Organizzare un festival nel nostro territorio ha dei pro e dei contro. Fra i contro
l’atteggiamento di alcune amministrazioni pubbliche che spesso sono poco abituate
a manifestazioni di questo tipo e conoscendo molto poco la disciplina che vige su
queste, mettono in difficoltà i promoter che spesso si trovano dieci passi avanti
rispetto agli uffici pubblici che non conoscono a volte minimamente la materia.
Altra difficoltà è riuscire a valorizzare i luoghi pubblici, che spesso sono abbandonati
e prendono vita soltanto nei giorni in cui si tiene la manifestazione.
Tra i pro metterei assolutamente il fatto che la Calabria è una terra molto vergine,
che ha fame di questi eventi, sta crescendo molto dal punto di vista turistico negli
ultimi anni e che può raccontare delle storie molto interessanti di un Sud che vuole
rinascere.
- Il claim di questa edizione, “Figli delle stelle”, è un chiaro omaggio ad Alan Sorrenti.
Quali suggestioni vi piacerebbe far passare attraverso questa definizione?
“Figli delle Stelle” ci piace proprio come idea: quella di essere figli di un qualcosa di
molto luminoso, di guardare il cielo e sognare. È di certo quella di organizzare
questo festival un piccolo sogno che negli anni sembrava lontano ed è diventato
invece realizzabile, siamo figli di stelle lontane ma oggi bellissime e sempre più
vicine. È un omaggio alla famosissima canzone di Alan Sorrenti, un mood del
festival e un invito alla condivisione, a guardare sotto lo stesso cielo per due giorni le
stesse stelle, in una cornice naturale suggestiva e bellissima, sopra il livello del
mare.
- Oltre all’aspetto squisitamente artistico e musicale, ciò che è possibile osservare è l’attenzione che Color Fest riserva al fattore paesaggistico. Il festival, infatti, si inserisce ogni anno all’interno di luoghi estremamente affascinanti del territorio lametino, contribuendo ad una reciproca scoperta e valorizzazione. Che tipo di messaggio vorreste trasmettere attraverso queste scelte?
La valorizzazione dei luoghi è fondamentale per un progetto come il nostro. Color
Fest non è mai stato un contenitore squisitamente musicale ma un’esperienza
culturale a 360°: enogastronomia e servizi di qualità, paesaggi di qualità, musica di
qualità, accoglienza e aria buona.
Il pubblico è arrivato rispetto al passato ad un livello superiore e in un momento
storico di grande difficoltà e tristezza diffusa non basta più un concerto, bisogna
ricercare e costruire un’esperienza collettiva. Il passaggio per noi è proprio questo,
dal concerto al concetto: Color Fest è un concetto, un modo altro di vivere l’arte, i
luoghi, la socialità.
- Quest’anno per la prima volta Color Fest ha promosso, nel periodo invernale, eventi gemellari dislocati in diverse città d’Italia — rispettivamente Firenze e Bologna, Pisa e Milano —, distanti dal festival ma uniti ad esso dal filo conduttore del gusto artistico. Qual è il bagaglio di esperienze maturato attraverso l’organizzazione di singoli eventi nelle altre città?
Il confronto con altre grandi realtà italiane ci è piaciuto molto ed è stato utile per tutto
lo staff, perchè Color Fest quando arriva nelle grandi città si confronta con le
produzioni territoriali ma si sposta anche completamente per lavorare in loco.
Numeri importanti di partecipazione e un aspetto positivo di crescita professionale e
promozionale per tutti noi. Una sorta di corso di formazione per migliorarsi sempre.
Portare in giro questo concept mi sembrava interessante e innovativo, in passato ci
sono state esperienze simili ma ora lo vedo fare poco e c’è tanta richiesta, abbiamo
iniziato con qualche data spot ma tanti locali mi contattano ora per ospitare il tour del
Color Fest fuori dalla Calabria e il prossimo anno certamente intensificheremo.
- Qual è il minimo comune denominatore delle due serate del festival? Cosa le accomuna e le rende complementari?
È la line-up variegata, il criterio è l’eterogeneità.
L’idea come direzione artistica è la completezza musicale del festival nella due
giorni, per godersi appieno l’esperienza e fare una valutazione completa del Color
Fest.
C’è il meglio della nuova musica italiana in circolazione, la ricerca di nomi del
passato attualizzabili per la nuova generazione come quest’anno Donatella Rettore,
la scommessa sulle nuove band calabresi quali La Stazione, Nel Giardino, Nimby,
nomi tutelari della scena come Cosmo, Bud Spencer Blues Explosion, Sick
Tamburo, Zen Circus.
Tanta qualità, freschezza, gioventù e innovazione.
- Color Fest — con l’unica e sola eccezione di The Soft Moon — ha ormai definito il proprio focus puntando esclusivamente sulla musica italiana, creando ogni anno lineup che conciliano grandi nomi consolidati a nuove leve del panorama musicale italiano, sottintendendo anche una ricerca in tal senso.
Che periodo pensi che stia attraversando la musica italiana in questo momento?
Il Festival è ormai indirizzato chiaramente verso la musica italiana ma non abbiamo
nessun fondamentalismo nella direzione artistica.
Non ho difficoltà a pensare ad un futuro con nomi stranieri, facciamo veramente solo
quello che ci interessa e ci piace. Con le band internazionali sarà fatto nel prossimo
futuro un lavoro di ricerca soprattutto legato all’innovazione, mantenendo comunque
un’attenzione particolare verso la musica italiana soprattutto quella emergente.
Per la musica italiana è un momento bellissimo, è il nostro momento.
Sono gli ascolti che abbiamo sempre fatto e che in tanti solo pochi anni fa
criticavano duramente, mentre ora stanno diventando nazionapopolari. E’ una
vittoria per tutti quelli che fanno parte di questo circuito da tanti anni e dobbiamo
essere felici, se band come gli Zen Circus fanno numeri sempre più importanti, il
cantautorato di qualità, le proposte innovative sono ospiti di trasmissioni nelle reti
pubbliche.
Dobbiamo ritenerci soddisfatti e più fortunati rispetto a qualche anno fa.
- Cosa dovrà aspettarsi il pubblico da questa edizione di Color Fest e da questo nuovo e più partecipato capitolo della storia del festival?
Si dovrà aspettare un’edizione super.
Un’edizione in crescita che mantiene però tutta la freschezza, la gioia e la serenità
degli anni precedenti. Maggiori servizi, area camping di fianco l’area concerti che ti
farà vivere il festival per due giorni e anche nelle ore diurne, con attività ricreative,
concerti, presentazioni di libri.
Si deve aspettare di più ma mantenendo come cardine la nostra costruzione di
festival che ha a che fare con un’idea di bellezza diffusa dell’esperienza, che va dalla
qualità artistica alla condivisione di un progetto: un concetto importante quest’ultimo
che ci ha permesso in questi anni di fidelizzare un pubblico sempre più numeroso.