Come nasce un libro | Intervista a Cristina Palomba

Chi è l’editor? Questa figura enigmatica che lavora dietro le quinte, che seleziona i testi, li perfeziona e li rende pronti per il mercato. Come nasce un libro, come si trovano testi di successo, sono tutte curiosità a cui Cristina Palomba, editor di “Ponte alle grazie”, una delle più importanti realtà editoriali in Italia, appartenente al gruppo editoriale Mauri Spagnol, ha risposto per noi. Impreziosito dalla presenza di Margaret Atwood, il catalogo di “Ponte alle grazie” vanta una consolidata tradizione di testi di successo, di alta qualità.

Dal 1995 nel gruppo Gems, prima come redattrice per “Salani”, dal 2000 come editor per “Ponte alle Grazie”, Cristina Palomba ha un’esperienza e una conoscenza straordinaria del mondo dell’editoria che ha voluto condividere con noi. Ha raccontato cosa significhi essere un editor oggi, in tempo di pandemia. Il lavoro e la ricerca, le soddisfazioni e le zone d’ombra di un mestiere che non smette di incuriosire.


L’editor ha una funzione decisiva nell’elaborato passaggio da manoscritto a romanzo. Come funziona il suo lavoro e soprattutto come riesce a scovare il testo con potenzialità, capace di sfondare, nella massa degli invii spontanei e non?

La ricerca dei libri da pubblicare richiede tenacia e pazienza, e molta curiosità. Bisogna leggere tantissimo, tenere le antenne sempre ben alzate, sintonizzate sul mondo per cogliere ogni possibile segnale. I canali principali attraverso cui giungono i potenziali libri da pubblicare sono gli agenti letterari, gli editori stranieri, gli amici e i collaboratori della casa editrice, i nostri autori, i giornalisti. Ora anche il web è un terreno di caccia interessante. E la televisione, la radio, il mondo del teatro. Sulla scelta influiscono il proprio gusto, le proprie idee, il modo di essere, la formazione. Una volta che si è individuato un testo, può iniziare il lavoro di editing – se si tratta di un testo italiano, naturalmente – ma non sempre: ci sono libri che richiedono pochissimo lavoro, vengono al mondo da soli senza bisogno della levatrice.

Com’è cambiato il mestiere dell’editor con la pandemia? E quanto ha influito la chiusura delle librerie e il lockdown in generale sulle vendite e sulla pubblicazione dei nuovi libri?

È stato sicuramente un periodo difficile, ma la lettura non ha perso terreno. Durante la prima ondata si è registrato un calo delle vendite ma perché le librerie erano chiuse. Noi siamo stati molto isolati, ma abbiamo continuato a lavorare e sicuramente abbiamo sofferto molto meno di altri settori della cultura. L’autunno e il Natale hanno registrato una decisa ripresa e possiamo dirci soddisfatti dell’anno passato.

Che approccio ha la sua casa editrice al formato e-book? Indipendentemente dai gusti soggettivi, da editor, è una scelta del lettore che la convince o propende per il tradizionale formato cartaceo?

Quella dell’e-book è un’alternativa interessante alla carta, si tratta solo di un cambio di supporto. Può essere molto vantaggioso per alcune categorie di lettori: penso ai viaggiatori che possono portare molti volumi in un solo dispositivo, agli anziani, agli studenti. L’e-book può rivelarsi un’opzione utile a ridurre l’accumulo della carta stampata nelle case. È un’esperienza di lettura diversa. Il lockdown ha favorito la diffusione di questo nuovo modo di leggere: dal momento che le librerie erano chiuse, l’e-book si è guadagnato una nuova fetta di lettori.

Il 2020 è stato un anno duro per l’editoria, per molte ragioni. Sono trascorsi sei mesi dalla morte di Luigi Spagnol, uno dei più grandi editori italiani, capace di scovare best-seller e che per “Ponte alle grazie” aveva fortemente voluto la collana editoriale “Scrittori”. Quanto pesa la sua assenza nel mondo dell’editoria? Che eredità ha lasciato? E che ricordo ha di lui?

Lo conoscevo da oltre trent’anni, era uno dei miei migliori amici. Luigi ci manca moltissimo: era una persona curiosa, originale, inquieta, ha portato libri eccezionali sul mercato editoriale italiano. Al grande vuoto lasciato corrisponde una grande eredità, che cercheremo di cogliere nel migliore dei modi. Mi ha sempre colpito una frase che ha pronunciato in occasione di una conferenza: “Noi dobbiamo correre davanti alla bellezza”. Era molto eclettico e sapeva trovare la bellezza in cose molte diverse. Non aveva paura di cambiare idea, ed era intellettualmente un vero anticonformista.

In foto: Cristina Palomba, Luigi Spagnol

“Ponte alle grazie” è sinonimo di qualità. Oggi la casa editrice investe molto su autori internazionali del calibro di Margaret Atwood, su classici, autori italiani e stranieri affermati, ma va anche a caccia di esordienti, che non di rado si rivelano grandi successi, penso al romanzo di Mattia Insolia o nel 2009 al caso di Matteo Nucci finito poi in cinquina allo Strega. A quali obiettivi punta oggi la sua casa editrice?

Noi vorremmo continuare sulla strada intrapresa ormai molti anni fa. Una strada che comprende certamente la narrativa, sia italiana che straniera, ma anche la saggistica che copre tematiche molto diverse: politica, filosofia, natura, linguistica, montagna, psicologia e psicanalisi, musica, arte. Per il catalogo di saggistica non cerchiamo soggetti, ma autori. Adesso abbiamo anche una collana di poesia di classici, in piccolo formato, belle copertine, bella carta, curatele e traduzioni nuove. Una collana economica, che non rinuncia alla qualità.

L’editor è anche uno scrittore, almeno in parte. Non ha mai nutrito il desiderio di darsi alla scrittura creativa, non abbandonando l’impegno di editor, ma facendo convivere le due anime?

Moltissimi editor scrivono, con risultanti convincenti, ma a me non interessa. Non ho mai scritto, non ne ho mai sentito la necessità. Non riesco a concepire l’idea che nel tempo libero faccio la stessa cosa che faccio quando lavoro. Nel tempo che non è dedicato al lavoro, ho voglia di stare all’aria aperta, per fare sport o passeggiare. Cerco altri nutrimenti, insomma.

Lavorando su un testo, le capita di sentirsi genitori di quel testo, di non riuscire a scindere il cordone ombelicale?

Può capitare che, al termine del lavoro a un testo, si possa provare un senso di appartenenza, diciamo di maternità. Questo rende il lavoro editoriale appassionato e coinvolgente e di solito i progetti che si seguono con molto ardore hanno percorsi importanti. Nello stesso tempo è fondamentale mantenere quella distanza professionale che permette di essere lucidi.

Ogni anno, in occasione della proclamazione del vincitore del premio Nobel per la Letteratura, il nome di Margaret Atwood è uno dei favoriti. Che emozione è stata conoscerla e poter pubblicare le sue opere nel vostro catalogo?

È una donna gentilissima, forte e libera. Sì, soprattutto mi è parsa un modello di libertà. Io l’ho incontrata due volte e mi hanno colpito la sua intelligenza, il suo senso dell’umorismo e il suo anticonformismo. Mi auguro che un giorno possa tornare nel nostro Paese; lei ama l’Italia e credo abbia ancora voglia di incontrare i suoi lettori.

Pensiamo al futuro. Quali sono le opere di prossima pubblicazione alle quali ha lavorato?

A gennaio uscirà la testimonianza di Piero Terracina, uno dei sopravvissuti alla Shoah, scomparso nel 2019. Piero Terracina ha realizzato un’intervista con Lisa Ginzburg a Rai Radio Tre e noi pubblicheremo la trascrizione della conversazione, in cui racconta la sua storia. Una testimonianza potente e di grande umanità, che avrà la postfazione di Lisa Ginzburg. Inoltre mi sono occupata, per la collana di montagna “Passi”, in collaborazione con il CAI (Club Alpino Italiano), del libro “Cieli neri” che uscirà in febbraio. È un viaggio alla ricerca della notte che noi cittadini del XXI secolo non conosciamo più: l’illuminazione artificiale ce l’ha portata via insieme ai cieli stellati, alla via Lattea, a un ritmo sonno/veglia che segue i cicli circadiani, e a tante altre cose di cui possiamo fare esperienza solo al buio.

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