L’Ilva di Taranto in aria di commissariamento. Subito dopo il sequestro di beni mobili e immobili per 8miliardi di euro disposti dalla procura tarantina alla Riva Fire e alla Ilva Spa, accusate di disastro ambientale, sono seguite immediate le dimissioni del Consiglio d’amministrazione. Il garante esecuzione dell’Aia, Vitaliano Esposito, ha chiesto, in una lettera indirizzata al premier Enrico Letta, di commissarriare l’Ilva. Per il garante siamo di fronte ad: “una nave senza nocchieri in gran tempesta“. Il 5 giugno potrebbero finalmente essere decise le sorti del polo siderurgico, in tale data infatti è stata convocata l’assemblea dell’azienda con le parti sociali e anche l’esecutivo dovrà sciogliere le riserve e indicare la migliore soluzione percorribile. Angelo Bonelli, leader dei Verdi ed ex candidato sindaco di Taranto, da anni si batte per la bonifica del territorio e il recupero dell’area industriale più avvelenata d’Europa.
Il ministro per lo Sviluppo economico, Flavio Zanonato, sostiene che salvare l’Ilva è una questione strategica: dalla sopravvivenza del polo industriale siderurgico dipende quella della meccanica, che per risultare competitiva necessita di acciaio prodotto sul suolo italiano. Come conciliare, se è possibile in questa fase, le ragioni della produttività e dell’occupazione con quelle della salute dei lavoratori e della città?
L’Ilva oggi si trova in queste condizioni perché chi aveva la responsabilità istituzionale di controllare e intervenire prima che si concretizzasse questo disastro sanitario e ambientale, non lo ha fatto. E allora è accaduto, come dice la procura di Taranto, che la dirigenza di questa azienda ha sfruttato al massimo impianti senza investire in sicurezza e ambiente. Un’altra inchiesta della procura che si chiama “environment sold out” ha messo in luce casi di corruzione da parte di chi aveva ruoli fondamentali nel controllo delle emissioni inquinanti dell’Ilva. Ma c’è un problema che si chiama area a caldo e il parco minerali che si trova a poche decine di metri dalle abitazioni del quartiere Tamburi che avvelenano ogni giorno gli abitanti. Area a caldo e Parco minerali sono diventati incompatibili con la presenza di una città.
Oggi la possibilità per coniugare salute-lavoro e produttività si chiama conversione industriale attraverso un piano che posso così sintetizzare:
- Scindere i destini dell’area a caldo da quella dell’area a freddo;
- Utilizzare il fondo sociale europeo per la formazione degli operai Ilva nell’avvio delle bonifiche e del risanamento;
- In una prospettiva di conversione industriale, è possibile inserire Taranto nella programmazione prevista dal decreto sviluppo che prevede il riordino in materia di riconversione e riqualificazione produttiva di aree di crisi industriale complessa. Questa norma verrà utilizzata per la Ferriera di Trieste;
- Dichiarare Taranto area No Tax per attirare nuove imprese a fare investimenti e quindi creare nuova occupazione.
La famiglia Riva ha impugnato il sequestro di 8 miliardi di euro di beni mobili e immobili disposto, per l’ipotesi di reato di disastro ambientale, dai giudici tarantini a carico di Riva Fire e Ilva Spa. Perché, come in altri casi, l’iniziativa giudiziaria ha sostanziale funzione di supplenza, rispetto all’inazione della politica? Perché la politica non ha saputo o voluto vedere quel che stava accadendo?
La politica ha nascosto la verità alla popolazione tarantina, la politica, come l’inchiesta della procura ha evidenziato, andava a braccetto con la dirigenza dell’Ilva, la politica si è fatta corrompere. La procura di Taranto ha fatto quello che le istituzioni avrebbero dovuto fare e non hanno fatto come ad esempio l’indagine epidemiologica chiesta più volte alla regione Puglia. I controlli della diossina avvenivano 1 o 3 volte l’anno. La salute dei tarantini è stata venduta e io sono convinto che Taranto sia anche il sistema Italia. In Italia ci sono 6 milioni di persone che vivono in siti altamente inquinati, ma in questi siti non conosciamo esattamente le condizioni di salute della popolazione. Anche lì hanno venduto la salute?
Con la legge salva Ilva erano state previste una serie di prescrizioni dell’Aia a cui l’azienda doveva obbligatoriamente attenersi per poter continuare la produzione: le risulta siano state rispettate?
No e sono molte le prescrizioni non rispettate. Ma non sono solo questi i ritardi. Dall’agosto del 2012 con un decreto il governo aveva stanziato 336 milioni di euro per Taranto di cui solo 119 milioni per il risanamento. Ad oggi nemmeno un euro è stato speso e non vi è alcun progetto. In un paese europeo il ministro responsabile di questo sarebbe stato dimesso.
Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, parla di una situazione “fuori controllo” per il dramma occupazionale di circa 20 mila dipendenti diretti e almeno altrettanti nell’indotto. La FIOM si è detta favorevole ad una ipotesi di nazionalizzazione. Quale valore attribuisce al possibile intervento diretto della mano pubblica, con il sostanziale ritorno all'”acciaio di Stato”?
Ci troveremo di fronte alla socializzazione dei debiti e delle malattie e alla privatizzazione dei profitti. La nazionalizzazione è un’operazione sbagliata perché porterebbe lo Stato a mettere i soldi che deve invece mettere la proprietà per le bonifiche e per l’applicazione delle prescrizioni. Stiamo parlando di cifre intorno ai 7 mld di euro. Grazie alla magistratura in Italia si sta applicando il principio chi inquina paga. A Taranto chi ha inquinato deve pagare e chi ha venduto la salute dei cittadini facendosi corrompere deve essere condannato.
A suo avviso ci sono alternative, e quali, alla chiusura dello stabilimento siderurgico più grande e più inquinato d’Europa, che rischierebbe di replicare il disastro e l’abbandono di Piombino e Bagnoli?
Io penso che la strada da seguire è quella della conversione industriale come Bilbao o Pittsburgh (la città dell’acciaio degli USA). Queste due città oggi hanno il Pil più alto del loro paese con posti di lavoro creati nel settore della ricerca biomedica, delle nanotecnologie, della green economy, della produzione industriale nelle nuove tecnologie e del turismo. L’istituzione dell’area no tax e l’avvio delle bonifiche potranno portare nuova occupazione facendo uscire Taranto da un’economia alla diossina. Potranno essere usati anche i fondi europei in questa direzione.
Lei da anni si batte in prima linea in difesa dei diritti dei cittadini e dell’ambiente. La citazione in giudizio in sede civile dei legali di Emilio Riva, che le chiede un risarcimento di 500mila euro per diffamazione, può influire sul suo impegno sul caso Ilva?
Sono stato citato per danni da Emilio Riva perché in un’intervista a Servizio Pubblico, riferendomi ai casi di corruzione dell’inchiesta “environment sold out” avevo definito “infami chi aveva venduto la salute dei tarantini“. Ma anche l’ex ministro Clini ha minacciato di denuncia per procurato allarme e per manipolazione di dati. Avevo diffuso i dati sulla mortalità dell’Istituto superiore della Sanità a Taranto che erano pronti da oltre sei mesi e che non venivano resi pubblici. Li presentai in una conferenza stampa perché chiedevo che venissero analizzati prima del rilascio dell’autorizzazione ambientale per l’Ilva. Clini mi aveva accusato di aver manipolato i dati. Dopo che l’autorizzazione ambientale venne rilasciata, i dati furono resi pubblici dal Ministero della sanità e confermarono quelli che io avevo dato. Taranto è stato anche il motivo per cui il csx ha voluto fare a meno dei Verdi, Vendola mi definì un avvoltoio per la mia candidatura a sindaco nel 2012. Ho preso tante botte in testa e non nascondo che è durissima. Ma su Taranto non si può e non si deve mollare.