Venerdì 26 Ottobre scoppia La Guerra Fredda. Protagonisti della prima battaglia sono i Bad Love Experience. Li abbiamo intervistati per farveli conoscere.
Al primo ascolto di “Pacifico”, non si può non pensare al fatto che il disco suona terribilmente internazionale. Qual è il vostro rapporto con il mercato estero e come vi sentite ad avere un grosso riconoscimento soprattutto fuori dal vostro paese?
Possiamo solo dire che le webzine e alcune testate europee hanno positivamente recensito il nostro LP; inoltre, nelle occasioni che abbiamo avuto di suonare davanti ad un pubblico in prevalenza straniero, il riscontro è sempre stato estremamente positivo. Sentiamo il reale bisogno di varcare le Alpi, non solo fisicamente: infatti siamo in attesa di buone nuove da un punto di vista internazionale, magari un tour.
Il vostro nuovo album è un viaggio bellissimo, un meltin pot di suoni e colori, dal garage alla psichedelia, dal post rock al folk. Ricorda un po’ le diverse correnti che si fondono nell’oceano. Com’è nato questo viaggio? Qual è stata la fonte d’ispirazione?
I membri della band da sempre hanno sviluppato un gusto musicale personale, questo ha portato a parecchie contaminazioni, che poi si sono intrecciate nella composizione. Inoltre abbiamo cambiato formazione e strumentazione tra gli ultimi due lavori in studio, con inevitabili conseguenze nello stile. Ci siamo appassionati a strumenti diversi da quelli che avevamo sempre utilizzato, abbiamo imparato a suonarli per quello che ci serviva e ci siamo lasciati andare.
Una domanda immancabile: cantate da sempre in inglese, avete una matrice di influenza molto anglosassone, come vi è venuta la voglia di coverizzare il Lucio Battisti de “Il vento”? Che rapporto avete con la tradizione musicale italiana?
L’inglese è frutto della supremazia anglosassone nell’ambito prima culturale, ma soprattutto musicale; il rock è opera loro, come è loro la maggior parte dei dischi che abbiamo in casa. “Il Vento” è stata un’espressa richiesta del nostro fonico Ivan Antonio Rossi, col quale stiamo fortunatamente intensificando i rapporti collaborativi. Siamo consapevoli che l’Italia ha fornito perle (Battisti ne è un esempio) che un tempo erano talmente belle da riuscire a raggiungere il pubblico mondiale, la qualità era innegabile: ciò non si può dire adesso, le tendenze musicali delle band italiane (noi compresi, ovviamente) derivano in larghissima parte da esperienze straniere.
Altra domanda rituale: dobbiamo aspettarci in futuro un album in italiano?
No, non crediamo, anche se escludere un’eventualità come questa sarebbe sciocco, viste le nostre origini 100% italiche, ma per ora la tendenza non è assolutamente questa.
Livorno, la vostra città, è anche la culla musicale di altre formazioni, quali gli Zen Circus, i The Walrus/Mandrake, il cantautore Bobo Rondelli, i Virginiana Miller e molti ancora. Diversi generi che sembrano, però, fare riferimento a qualcosa di comune. All’interno di questa scena, nipote dei versi di Piero Ciampi, trovate lo spazio necessario per dare libero sfogo alle vostre velleità artistiche? Com’è il rapporto con le altre band, vi confrontate, avete uno scambio frequente? Cos’ha di diverso la vostra Livorno rispetto alle altre città della Toscana?
Le dinamiche della nostra città crediamo siano quelle di qualsiasi altra città medio-piccola del mondo. Forse se ne parla in giro perchè esistono realmente delle buone band. Siamo sicuri che non sia Livorno a fare le band, o meglio non sia la città a stimolarle nel fare musica. Forse è la frustrazione dovuta al fatto che a Livorno non ci siano possibilità a cercare di spingerti a guardare oltre.
Esiste un bel vivaio di band, c’è collaborazione fra alcune di esse e possiamo consigliarvi di seguire una compilation interattiva che esce tutti gli anni a natale in free download in collaborazione con la rivista Il Mucchio. Il disco si chiama “We Love Livorno” e raccoglie ogni anno 15 band che scalpitano per farsi ascoltare. Io fossi in voi darei loro una chance: https://www.facebook.com/welovelivorno
Esce tra poco nelle sale “Tutti i santi giorni”, ultima creatura cinematografica del regista Paolo Virzì a cui hanno collaborato i vostri concittadini Virginiana Miller. Anche voi in passato siete stati chiamati a realizzare la colonna sonora di uno dei più film del regista livornese, “La prima cosa bella”. Com’è stato l’incontro con Virzì?
L’incontro con Virzì è stata un’occasione speciale, trasformatasi in un traguardo importante come la nomination ai David di Donatello: senza parlare del numero di persone che ci hanno conosciuto grazie al film.
Dateci un buon motivo per vedere i Bad Love Experience dal vivo!
Il nostro live è multiforme e poliedrico, si alternano momenti di beat compulsivo ad altri più “appoggiati” magari coronati da certi intrecci vocali che non ti aspetti. Venite e vedrete!