Intervista a Maria Antonietta

È cresciuta tanto Letizia Cesarini, dall’ultima volta che l’ho vista. A Napoli ha presentato il suo nuovo disco “Sassi” con una bellissima esibizione al George Best Music and Football, all’interno della rassegna Suona. Tra chitarre incendiarie e melodie raffinate, ha intrattenuto il pubblico con una scaletta che alterna mirabilmente brani del primo lavoro a ultime canzoni. Un’ora e passa di ottima musica. Nel pomeriggio l’abbiamo incontrata per farle qualche domanda:

Ci piace iniziare sempre le interviste cosi: Qual è il tuo rapporto con Napoli e con il suo pubblico?

In realtà a Napoli ci ho suonato una volta e mi dispiace sempre un po’ averci suonato così poco rispetto ad altri posti, perché è una città che anche se conosco così poco mi ispira sempre molto. Sarà che il mio fidanzato è mezzo napoletano, quindi ho un certo feeling: è una città che mi piacerebbe conoscere di più e poterci venire anche a suonare più spesso, quindi sono proprio molto contenta quando posso venire qua. E insomma ho un amore in casa, quindi sono un po’ di parte.

Come mai è finito il rapporto con Brunori e la Piccica, e sei passata a La Tempesta?

Sicuramente avevo voglia di capire anche come funzionava altrove, come potevano lavorare altre etichette, altre realtà. Sicuramente quando ho iniziato a scrivere questo nuovo disco e ho cominciato a immaginarmelo in testa era un lavoro che forse era più in sintonia con La Tempesta e con i lavori che sono prodotti da loro. E’ stata poi una cosa maturata anche mentre scrivevo il disco, senza una volontà ben precisa, iniziale. Ai concerti poi qualche volta è passato Davide Toffolo ed Enrico, si è parlato ed è venuta fuori questa possibilità e io che alla fine sono piccola e ho fatto molte poche cose avevo anche la curiosità di potermi confrontare con altre persone e con un modo diverso di lavorare, perché no?. E quindi è stata un po’ una curiosità che mi ha spinto a vedere anche come funzionava altrove anche in base a quello che è il lavoro di questo disco in particolare, anche perché ogni disco poi ha una sua storia, una sua anima, una sua poetica e quindi devi anche trovare le persone che sono più in sintonia con quella poetica di quel lavoro nello specifico, e per questo lavoro ho preso questa decisione.

Facciamo il gioco delle differenze: il tuo primo disco era un’istantanea di un periodo difficile della tua vita ed era anche nato in tempi piuttosto brevi. Con “Sassi” immagino tu abbia avuto un processo creativo più pensato. Ha a che fare con il fatto che stai vivendo un periodo di maggiore serenità? 

Il periodo di composizione dei brani in realtà è stato sempre lo stesso, anche se sono passati un paio di anni dal disco vecchio. Un anno è mezzo è stato tutto di tour, quindi poi i mesi in cui concretamente ho scritto i brani sono stati due o tre, perché è proprio un mio modo di lavorare, di scrivere, sono abituata a concentrare molto le cose. Sicuramente il momento della mia vita che sto vivendo è diverso da quello in cui ho scritto l’altro lavoro e quindi giustamente questo poi si riflette nei testi magari, però direi che ci sono un mucchio di sentimenti negativi in realtà anche dentro questi brani: di rabbia, di frustrazione, di fastidio.

Magari è meno rivolto ad una singola persona, è un po’ più corale, ci sei più te contro il mondo rispetto a te contro singole persone..

Si, può essere molto vera questa cosa. Anche perché forse tu in qualche modo riesci a costruirti il tuo mondo, il tuo equilibrio, la tua dimensione e quindi a quel punto magari non sono le singole persone ma è un po’ tutto il mondo che è al di fuori che ti sembra potenzialmente pericoloso per la tua felicità. Però direi che l’approccio alla scrittura è lo stesso, alla fine la cosa che a me interessa è la sincerità di quello che dico e quindi quella è rimasta immutata. Sicuramente c’è più lucidità nel dire le cose, questo ti permette di elaborare, di parlare anche di sentimenti in realtà molto più radicati e profondi, però riesci a farlo perché la tua felicità ti permette un certo distacco da quelle cose, di analizzarle un po’. E poi la differenza principale è il fatto che comunque il disco è stato arrangiato e prodotto da me assieme a Marco e Giovanni Imparato, e quindi in famiglia comunque e questo ti permette di essere sicuramente molto libera anche nel confronto, perché ovviamente uno è il mio fidanzato, l’altro è suo fratello, e quindi mi conoscono alla perfezione, così riesci davvero a essere molto sincera in tutto quello che fai in una fase della produzione che è in realtà una fase molto delicata e molto strana. E’ stato un grande privilegio poter lavorare così.

Hai anche esplorato territori diversi, visto che magari il primo era un disco più punk, più diretto, in Sassi ci sono arrangiamenti più pensati…

L’aspetto dell’arrangiamento è stato molto più curato in questo lavoro, proprio perché anche io stessa sentivo molto la necessità di mettere dentro i brani anche un sacco di cose che ho sempre ascoltato e che però non sono magari confluite nel lavoro precedente perché è nato in un momento diverso, in una contingenza diversa con anche dei tempi diversi. Io ascolto un sacco di cose, mi piace moltissimo il reggae, mi piace moltissimo il punk, o il pop dei gruppi anni ’60 femminili e in realtà avevo voglia di mettere nella musica una maggiore complessità e appunto potendo lavorare con due persone che comunque suonano praticamente tutto, è stato bello avere la possibilità di sperimentare anche cose diverse in una direzione di maggiore complessità, ma che non deve essere un disvalore secondo me: deve essere messa al frutto dei brani, se poi accade è bello.

Hai ritrovato la capacità di accettare la realtà?

Mah forse non l’accetterò mai la realtà (ride). E’ un battaglia persa in partenza. Diciamo che riesco più a gestirlo questo aspetto però penso che non sia una cosa solo mia, ma di tante persone in realtà: la vita ha delle regole e tu a volte fai fatica ad accettarle, però sono così e alla fine devi gestirle insieme a te stesso più che altro, perché il resto non lo puoi gestire.

Nel disco citi la Bibbia. Cosa rappresenta per te questo libro? Lo usi come veicolo per interpretare la realtà? Ti è capitato di trovarci delle risposte?

A prescindere da qualunque discorso religioso, dogmatico, ideologico, è un libro molto bello, scritto in una maniera poeticissima, e allo stesso tempo violentissima: pieno di morte, di sangue, di sesso, proprio torbido. E quindi se lo si legge un po’ scevri da pregiudizi, in realtà dentro ci sono spunti molto belli. Per dire L’Ecclesiaste (che è il testo dell’Antico Testamento che cito) è il libro a cui fa riferimento il titolo del disco (ndr. “Sassi”), ed è super umano e fa un sacco di riflessioni belle sulla vanità, sullo scorrere del tempo, sulla vita degli uomini. E’ un libro molto filosofico in cui tutti possono leggerci delle cose e devo dire che mi ispira molto e quando mi capita ogni tanto di leggere delle cose, poi ci penso sopra. Magari trovo delle idee e rubo dei versi.

Abbiamo chiesto ai Be Forest, che sono tuoi concittadini, cosa si fa a Pesaro quando non si fa musica indipendente. Tu cosa ci risponderesti?

Io mi sono trasferita da quasi due anni a Senigallia, per cui la mia città la vivo molto meno…

Però l’hai comunque vissuta quando hai iniziato…

Sisi, certo che dirti? Quando non si fa musica si sta al Mengaroni a bere le birre.

Ieri Piero Pelù ha definito gli ottanta euro di aumento del governo Renzi un’elemosina, tu cosa ci faresti con questi soldi?

Con questi 80 euro ci ripianerei i debiti che sto accumulando, visto che quattro giorni fa ho comprato una chitarra nuova!

Che chitarra hai comprato?

Una Telecaster americana bellissima.

E la Jaguar?

Il discorso è serio, nel senso che era una Jaguar messicana, non si esprimeva al meglio. Mi sono detta voglio comprare la prima chitarra seria della mia vita…e mi sono indebitata, quindi direi che li userei per appianare il debito.

Courtney Love, a proposito di Sky Ferreira, ha detto che deve ancora imparare a gridare e trovare il suo grido. Tu hai trovato il tuo?

Ma io penso di aver trovato parzialmente un mio modo di esprimermi e quando lo faccio mi sento felice, quindi penso che sia il mio modo. Poi non ti nascondo che comunque sono molto curiosa, quindi quando faccio una cosa già mi sono stancata e vorrei farne un’altra meglio, diversa e cambiare tutte le carte in tavola. Però forse ho trovato una via per esprimermi e questa penso sia già una grande conquista.

Facci un paio di nomi di artiste indipendenti internazionali che ammiri.

Mi piace molto Sharon Von Etten…e poi mi metti molto in difficoltà. Io ho un problema fisiologico, e cioè che vivo proprio in differita di tipo 30 anni…

Però Sharon Von Etten non è di 30 anni fa…

Infatti questa è una cosa rara, è una delle pochissime cose contemporanee che mi è capitato di ascoltare e mi piace molto quello che fa, perché è molto diritta, super melodica e mi piace moltissimo. Ma da 2 anni mi sono fossilizzata sul reggae e quindi ascolto solo i Wailers, Gladiators e queste cose qua e mi perdo molte cose belle sicuramente in quella che è la contemporaneità, però sono troppo pigra e ho questo difetto fisiologico di essere sempre un po’ in differita. Però un nome te l’ho detto e quindi non ho fatto brutta figura!

Canti che “C’è un tempo per lanciare i sassi e un tempo per raccoglierli”. A chi lo lanceresti un sasso?

In realtà non ho un bersaglio unico, proprio perché dicevi che questo è un disco molto corale, direi che questo sasso lo lancerei coralmente a tutte quelle persone che molto spesso si riempiono la bocca con un sacco di cose, con un sacco di giudizi, di opinioni, che – per carità – sono sacrosante! Però si riempiono un po’ troppo la bocca e alla fine io penso che sia molto più produttivo per il mondo stare zitti, più spesso.

Datele una brioche!
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