Interpol @Fabrique, Milano

Le mani di El Pintor si ingrigiscono sullo schermo prima di spegnersi per l’ultima volta, e gli sguardi del pubblico riniziano a incrociarsi fra di loro, non appena gli Interpol, composti ed esausti, abbandonano il palco del Fabrique, sommersi dagli applausi. È una storia che si ripete, troppo rapida perché non possa partire, effettivamente, dal suo epilogo, per provare, la mattina dopo, a rivivere quello che è stato e che, per poterlo ripetere bisognerà, probabilmente, aspettare molto tempo. Un po’ come l’attesa e i conti alla rovescia sul calendario, all’annuncio del sold out e del consumare i biglietti che, fortunatamente, si avevano già. O le maledizioni al traffico della Torino-Milano, che ci fa arrivare colpevolmente in ritardo, con la diretta sulla radio sperando di arrivare in tempo quando le nove di sera erano già passate ed eravamo ancora in macchina. Certe cose, ogni tanto, sembra non possano andare male e, quando entriamo in quella vecchia fabbrica gremita di gente, il primo riff di Say hello to the angels inizia. Non abbiamo vissuto l’attesa, gli Health e quel momento estatico fra il silenzio e la salita sul palco, ma eravamo già pieni dell’adrenalina giusta, che ci fa camminare a mille fra il parcheggio e l’ingresso, con gli occhi sbarrati quando non vediamo fila. La musica ci accoglie e ci porta via, non appena ne entriamo in contatto, come sarebbe potuto essere diverso, dopotutto.

È complicato parlare di come Paul Banks possa accompagnare a una compostezza scenica, quasi glaciale, alle migliaia di sensazioni che invece trasmette con la sua voce. O di come il ritmo della batteria di Sam Fogarino ti costringa a un movimento perpetuo e istintivo. È questione di equilibrio, quello che per vedere meglio ti costringe in punta di piedi, una pratica complicata nel saper bilanciare il peso, come quello del ruolo degli strumenti che non scompaiono mai, nemmeno quando sono più bassi e tutti reclamano una propria individualità che, invece di trasformarsi in proiezione personale, diventa una poesia corale. Una preghiera, di quelli attorno a noi che cantavano a occhi chiusi, Banks che ringrazia in italiano il pubblico per il calore che ricevono, e quelli che non ne hanno mai abbastanza. Se El Pintor non ci aveva convinto, dal vivo ci ipnotizza, trascinati dagli altri, nell’essere così costante nel suo percorso new wave. Gli Interpol ci regalano tanti pezzi del passato, mentre alle loro spalle, il visual e le luci, caratterizzano ogni canzone anche dal punto di vista visivo. Si fanno prepotentemente spazio Evil e Rest My Chemistry, trascinandoci nel mezzo di un pubblico omogeneo, senza pretese d’apparenza, o di quel gusto di essere in un posto per un vacuo appuntamento con la storia da immortalare con lo smartphone, meno ossessivi di quanto, chiunque, avrebbe creduto. È il momento di rincontrarsi, tra persone che si conoscono, tra i vicini che non si vedranno più, nostalgico come alcuni brani, o come la scena che si ritaglia la chitarra di Daniel Kessler quando viene lasciata da sola a tenere il palco. C’è tanto calore, e non solo per l’ammasso di gente e quella tipica rarefazione dell’aria ai concerti, e gli Interpol devono percepirlo, perché nella loro compostezza, senza corse o balletti, escono dal palco per rientrare poco dopo e ripartire con All the rage back home, anche solo fosse un gusto di spettacolarità tutto loro, che li porta fuori una seconda volta per farli concludere, definitivamente, con Untitled.

Il cerchio, così, si chiude una volta per tutte, e davanti a uno spettacolo del genere rimane poco da aggiungere, per quello basta la gola secca e le ore che non riesci a recuperare al sabato mattina. Figlie della complessità di un’esibizione che lascia la spettacolarità alla musica e non alla fisicità che, invece, viene richiesta al pubblico come tributo, e che riesce ad avvicinarti con un modo del tutto particolare, malinconico e nella sua maniera sottile. Lasciandoti pieno quando ti rimetti in macchina alla ricerca di un nuovo modo per trovarti in pace con te stesso, come quella sera al Fabrique quando ti sentivi così vicino alla perfezione.

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Foto F.P.
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Setlist:

Say Hello to the Angels

My Blue Supreme

Anywhere

Evil

The New

My Desire

Rest My Chemistry

Everything Is Wrong

Lights

Breaker 1

The Lighthouse

Take You on a Cruise

Not Even Jail

Slow Hands

Encore:

All the Rage Back Home

NYC

Stella Was a Diver and She Was Always Down

Encore 2:

Untitled

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