Interpol – El Pintor

Inutile negare che una delle maggiori attese di questo 2014 (che musicalmente sta dando le sue soddisfazioni) si condensava attorno al nuovo album degli Interpol, di ritorno a quattro anni dall’uscita dell’omonimo Interpol (un disco non accolto con troppo calore a suo tempo). Premessa: il sound degli Interpol è immediato e fendente come una catapulta che fa impazzire, Paul Banks è il direttore d’orchestra di questa catapulta, gli Interpol hanno smosso qualcosa in un’era in cui non erano neanche i social a trainare la musica, ma le esibizioni live e i suoni dal vivo (nella convulsa New York d’inizio Duemila). Turn on the Bright Lights esce per Matador Records nel 2002, un’epoca che sembra lontana e invece si parla appena di un decennio fa: rimane impiantato a lungo nella memoria quel disco, per il suono indie rock dalle cadenze dark wave, colpi di basso e batterie oscure, un lungo viaggio da Untlited fino alla pietrificante e dolorosa Leif Erikson che ancora oggi è bello da ripercorrere a distanza di tempo. Si è messo in risalto l’apporto a questo suono del bassista Carlos Dengler, che fino al 2010 è stato un pilastro della band di New York, tant’è che c’è chi ancora ne lamenta l’assenza, e scopre ne El Pintor il cambio di marcia di Banks e co.

Dal loro esordio il consumo degli album degli Interpol è sempre stata una tappa obbligatoria o un’esperienza totalizzante, in una sorta di rituale collettivo riconoscibile che dice: quando sei indeciso su che disco mettere puoi sempre scegliere gli Interpol. E così, tra un Antics e un Bright Lights, quei suoni diventavano perfettamente incastrati dentro il cervello, e la voce di Paul Banks si poteva quasi ricalcare con la propria. Forse è proprio per quel consumo violento che il nuovo album diventa ora come ora più scarno nella sua immediatezza, con quei suoi dieci pezzi in cui non riesci a rintracciare il guizzo geniale di una vecchia sofferta canzone d’esordio. Del resto Paul Banks ha avuto un paio di progetti solisti in questi anni che hanno continuato il percorso della band: come Julian Plenti ha dato alle stampe Julian Plenti is.. Skyscraper nel 2009, un disco che ripercorre i soliti suoni in cui si incastra la voce di Banks, forse poco meno oscuro e più solare. Meno ispirato Banks del 2012, che esce a firma Paul Banks. Probabile influenzi anche questo la storia intima degli Interpol, che si ritrovano al giro di boa di un nuovo disco da rilasciare per il 2014 senza una precisa voglia di sperimentazione, o un allargamento di percorso, come è capitato per esempio ai The National, che pur mantenendo la stessa andatura di batteria sono riusciti a passare dalla spietatezza oscura di Alligator all’apertura di High Violet. Quello che si nota degli Interpol è forse proprio la mancanza di una bruttissima parola: evoluzione. Anche se nelle intenzioni non c’era nessun entusiasmo verso la rotta di un’evoluzione.

Il giro ripetitivo di Same Town, New Story accompagna il tempo a diventare quasi un’esperienza noiosa e bypassabile, per esempio, tant’è che la stessa voce di Banks sembra fiacca. Non fende. Come se ci trovassimo di fronte a un disco meno incisivo intarsiato di suoni che ricalcano il marchio Interpol. Basti sentire la mancanza di un ritmo duro anche nel pezzo successivo, My Blue Desire, che parte bene e sembra però lasciar sentire la mancanza di qualcosa di diverso dall’eterna ripetizione sonora che verrà dopo. Everything is Wrong dice il titolo di un pezzo con il riff probabilmente più bello di tutto l’album. E quel suono di chitarra che si accompagna al falsetto della voce durante il disco non impedisce di pensare di star ascoltando un sound neo-melodico in certi punti di El Pintor (Tidal Wave ne sia una prova). Ci si chiede: è uno di quegli album che metteremo a ripetizione?, ci sono pezzi che ci incanteranno e incanteneranno? Alla fine l’apertura di All the rage Back Home è un bell’episodio di questo disco, ma quando vorremo sentire gli Interpol più probabilmente torneremo indietro nel tempo, a rimettere Pda e Slow Hands.

In un’intervista a Rolling Stone Paul Banks dice: ”siamo una nuova band ora”, e probabilmente il messaggio che Banks e co. volevano far passare con El Pintor era proprio quello di un rinnovamento, tuttavia quello che ne viene fuori è letteralmente un’anagramma senza forza. Ma forse sono i tempi ad aver bisogno di una colonna sonora diversa. Li aspettiamo alla prova del live, perché è sul palco che gli Interpol sanno essere magnetici.

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