Jean-Luc Mélenchon – leader della formazione La France insoumise che è uscita dal primo turno delle presidenziali francesi con il 19,6% delle preferenze – ha scelto di non dare [per ora] nessuna indicazione di voto ai suoi elettori, lasciando libertà di coscienza, attirandosi feroci critiche, e stimolando un dibattito intorno all’appuntamento del 7 Maggio che chiamerà i francesi a scegliere tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen. Tra i suoi elettori, ribattezzati come insoumis (non sottomessi), il discorso in queste ore è sempre più acceso. Abbiamo raggiunto alcuni dei ragazzi impegnati nel movimento degli insoumis alla Sorbona per farci raccontare le ragioni di questa scelta.
“Sì, io andrò a votare e lascerò la scheda bianca”, ci dice Théau, giovane studente di storia alla Sorbona di Parigi, dove il movimento degli insoumis continua a discutere di ipotesi e futuro. “Esiste un trend nel movimento per l’astensione. Non vogliamo né il liberismo né l’ultra-nazionalismo”. L’invito alla libertà di coscienza di Mélenchon orienta sempre più la maggioranza degli insoumis verso l’astensione, al motto di Ni Le Pen Ni Macron. Eppure una parte di Francia ritiene che l’astensione dell’elettorato di Mélenchon possa trasformarsi in un favore per la leader del Front National.
“Non abbiamo paura di essere criticati”, ci racconta Rémi, che studia filosofia ed è stato molto attivo nella campagna pro-Mélenchon. “Si tratta di una scelta tra due opzioni identiche, due ciarlatani che seducono il loro pubblico. Dal nostro punto di vista è come scegliere tra due forme di fascismo: una più diretta e chiara, la Le Pen, l’altra insidiosa, supportata dal potere. Siamo stati subissati da una vera e propria progaganda pro-Macron negli ultimi sei mesi, e non è mica complottismo questo! 9 milionari posseggono il 90% della stampa in Francia, e Macron è loro amico, così viene fuori un’unica visione liberale da parte della stampa.”. Le due forme di fascismo a cui fa riferimento Rémi sono quella xenofoba di Marine Le Pen e quella smaccatamente liberista, supportata dalle ricette dell’austerity europee, complici di alimentare lo scarto tra un 99% e un 1% di popolazione a livello mondiale. In campagna elettorale Mélenchon ha puntato molto sull’opposizione contro le politiche europee di austerity, e oggi c’è chi considererebbe un tradimento allo spirito degli insoumis supportare l’europeismo entusiasta di Macron.
Rémi vuole diventare un giornalista, anche se della maggioranza dei giornalisti francesi diffida. “Prima della scorsa settimana eravamo al 20%, poi la maggior parte degli editorialisti e dei cosiddetti giornalisti hanno cominciato a chiamarci comunisti, e tirare in ballo Fidel Castro, Hugo Chavez. Questa classe dirigente del partito socialista è piena di bugiardi, non sono socialisti, il partito stesso non lo è. Hamon [il candidato del partito socialista, ndr] è un uomo di sinistra, ma la maggior parte degli uomini lì dentro sono lì solo per fare carriera. In ogni caso neanche Hamon è stato così corretto con noi, voleva che saltassimo dalla sua parte, ma non potevamo. E quando ha visto che eravamo in vantaggio è rimasto dov’era”.
Théau è più duro con Hamon, per lui è uno dei responsabili della sconfitta della sinistra in Francia. In effetti sommando il 6,4% del candidato socialista al 19,6% di Mélenchon, un’ipotetica sinistra unita in un solo fronte avrebbe preso il 26% (due punti in più di Macron), passando il primo turno. Ma sappiamo che la politica non è un’operazione matematica, perché ha che a fare con le persone, e dunque l’irrazionale. “Certo che sono responsabili! Abbiamo provato così tante volte a convincerli a correre insieme a noi, ma non ci hanno ascoltato, e ora sono responsabili di questa sconfitta della sinistra. È chiaro che non ci riconosciamo più nel Partito Socialista dopo la politica liberale dell’attuale presidente Hollande, ormai destra e sinistra sembrano non significare più niente in Francia, e Hamon ha continuato a correre per le presidenziali con il Partito Socialista perché non ha voluto ammettere la fine del partito. Eppure l’unico punto di discordia era il piano B di Mélenchon per l’Europa”.
In molti hanno visto nel programma di Jean-Luc Mélenchon delle somiglianze con il sovranismo del Front National, di contro all’europeismo di Macron. In effetti un’esigua minoranza dei supporter di Mélenchon si interroga in queste ore sul se non abbia più senso votare per la Le Pen piuttosto che per il liberista Macron. Eppure la ricetta di Mélenchon è diversa da quella di Marine Le Pen. In caso di vittoria aveva promesso di rinegoziare i Trattati per le politiche di austerità in Europa, altrimenti sarebbe passato al piano B. Lasciare l’Europa e creare un’alleanza alternativa. “Penso che Mélenchon volesse costruire una nuova Europa, un nuovo fronte coi paesi del Sud. Non possiamo cambiare l’Europa così com’è, allora dobbiamo lasciarla e costruirne un’altra, un’Europa sociale e non liberale. Non per i mercati e le banche, ma per le persone”, dice Rémi. “Mélenchon vuole un’unione europea sociale, paesi che si aiutano tra di loro e non pensano in termini di competitività”, aggiunge Théau. “Marine Le Pen vuole un’Europa di paesi separati con confini e senza immigrazione. No, non hanno per niente la stessa visione dell’Europa come dice qualcuno”.
Lo scorso marzo Figaro ha pubblicato un articolo provocatorio che si chiedeva se Mélenchon e Le Pen non avessero lo stesso programma economico. Tra i punti in comune, l’insistenza sull’importanza dei servizi pubblici, il protezionismo e l’ostilità al libero scambio. Il ritorno della Francia sovranista. Tuttavia i due candidati divergevano sul nucleare e l’uscita dalla moneta unica. Figaro voleva marcare l’attenzione su come ironicamente il candidato più irriverente della sinistra francese avesse dei punti in comune con la candidata dell’estrema destra populista e xenofoba. Ma la questione non era proprio così. Nelle ultime ore sono venute fuori – è così che va il racconto giornalistico contemporaneo – storie minori, come quella di un certo Guillaume, elettore indeciso che alla fine ha optato per Mélenchon ma che è orientato per l’astensione o Marine Le Pen al secondo turno. “Non ho mai votato Le Pen in vita mia, non sono fascista, non sono razzista, ma sono un sovranista di sinistra”. Qualunque cosa sovranista di sinistra voglia dire in questo secolo. Sotterraneamente nasce un certo sentimento di preoccupazione per una possibile convergenza che potrebbe esserci tra gli elettori di Mélenchon e quelli di Marine Le Pen, e così si susseguono gli appelli al candidato di La France Insoumise per dare un’indicazione precisa di voto ai suoi elettori in favore di Macron.
“Siamo patrioti, non nazionalisti“, ha raccontato a Jacobin una delle portavoci del movimento di Mélenchon, Raquel Garrido, nel tentativo di mettere in chiaro le profonde differenze sul concetto di sovranità che corrono tra il Front National e France Insoumise. Il patriottismo, spiega Raquel Garrido, non scende a compromessi con nessun odio per il prossimo, ma è solo amore per i propri compatrioti. “A destra non sono veramente per la sovranità popolare, supportano quella nazionale. Il potere è per Marine Le Pen, non per i francesi“.
Ma di che genere di risposta di sinistra stiamo parlando quando parliamo di France Insoumise? Posto che il Partito Socialista ha arrancato in queste elezioni, raccogliendo la scomoda eredità dell’impopolarità di Hollande, esiste un futuro ipotetico per questo movimento francese, e che tipo di movimento diventerà? La sua vocazione è transnazionale o resta limitata allo specifico caso della Francia? Uno degli obiettivi dichiarati di France Insoumise è stato quello di costruire la Sesta Repubblica francese, in direzione contraria al trend di transizione verso il presidenzialismo di questa stagione (pensiamo al referendum italiano dello scorso Dicembre), Mélenchon proponeva di andare oltre il modello di un presidente forte della Quinta Repubblica e rivedere la costituzione. France Insoumise resta quindi un’esperienza tipicamente francese in questo senso, ma si fa portavoce di un modello di sinistra diverso da quello europeo socialiberale.
“Qualcosa nella testa delle persone sta cambiando, durante le elezioni abbiamo sentito che le persone sono disgustate. Forse qualcosa accadrà dopo l’elezione di Macron, a settembre o più probabilmente nel maggio del 2018, penso che qualcosa si muoverà nelle strade, a causa del malcontento popolare“, Rémi è ottimista rispetto al futuro del movimento degli insoumis nonostante la sconfitta al primo turno, e auspica una sollevazione popolare. “È un movimento giovane, ma alle elezioni legislative se otteniamo un grande risultato possiamo influenzare il futuro governo“, Théau pensa già al prossimo appuntamento elettorale, se per il secondo turno l’orientamento è quello dell’astensione, per le elezioni legislative di Giugno gli insoumis sono pronti a tornare a votare.
In realtà non sembra esserci una vera ansia lenepenista tra gli insoumis, sono davvero pochi quelli che credono che alla fine vincerà Marine Le Pen (tutti gli altri candidati hanno lanciato appelli di voto per Macron, e persino i giornali sembrano allineati in quest’occasione), così la vera grande “preoccupazione” per gli insoumis francesi non è quella di evitare la corsa e la vittoria delle destre xenofobe europee ma contenere il modello liberista creando una forza di opposizione e resistenza. D’altro canto gli appelli di mobilitazione per scongiurare una possibile avanzata di Marine Le Pen continuano in queste ore, Libération scrive così: non si tratta di eleggere il presidente dei propri sogni, ma di evitare un incubo. Se nel 2002 Jean-Luc Mélenchon si era esposto, incitando a votare per Chirac nel ballottaggio contro Jean Marie Le Pen, adesso questa libertà di coscienza gli fa piovere addosso accuse di irresponsabilità.
È il tempo delle domande sulle possibili e future direzioni della sinistra in Europa, sulla sua inevitabile interazione con i movimenti populisti di destra che continuano ad attraversare questa stagione. È il tempo delle domande sulla società aperta e le frontiere, sulle possibili risposte e ipotesi della sinistra a questi enigmi della contemporaneità. È anche il tempo di interrogarsi sulla tentazione sovranista, e se il movimento degli insoumis potrà avere la forza per irrompere a livello transnazionale nel futuro o resterà l’esperienza di una stagione francese. Nell’attesa di sapere cosa uscirà fuori dalle urne, e se Marine Le Pen sarà capace di attirare a sé gli aspiranti astensionisti. Previsioni qui non ne faremo.