Tutte le foto sono di Chiara Pasqualini
Un paio di giorni fa Carolina Capria pubblicava nei canali del suo progetto L’ha scritto una femmina una citazione tratta dalla raccolta di Bao Publishing Indomite: Le ragazze sono forti. Ma hanno bisogno di supporto. E per tutte quelle che non hanno nessuno… be’, per loro ci sarò io.
In un mondo in cui è ancora difficile per le donne prendere voce e spazio e aver riconosciuta una credibilità nel loro campo, è importante che chi abbia aperto un varco continui a tenerlo accessibile anche per le altre. Creare quindi spazi per dare modo anche altre donne di parlare e farsi conoscere: è questo dopo tutto alla base della nascita di InQuiete – Festival di scrittrici a Roma che si prepara ormai ad affrontare la sua terza edizione. Un progetto nato dalle donne della Libreria Tuba e dell’associazione MIA e che nel cuore del quartiere Pigneto raccoglie e promuove il lavoro delle scrittrici, in un Paese quale è l’Italia in cui le donne sono ancora poco lette e in cui è ancora radicato il pregiudizio per cui le donne possano parlare solo tra e per le donne.
Ho deciso quindi di chiacchierare con una delle organizzatrici, Viola Lo Moro, per scoprire un po’ di più del mondo e lo spirito che InQuiete si ripromette di diffondere.
Da cosa nasce l’idea e anche la necessità di un festival esclusivamente di scrittrici?
L’idea di un festival di scrittrici nasce due anni fa, con la prima edizione, dall’incontro di alcune di noi della Libreria delle donne Tuba e altre due donne che fanno parte di InQuiete, Maddalena e Francesca. L’incontro è un incontro oltre che personale anche politico e culturale; noi come Tuba è da dieci anni che facciamo lavoro culturale sulla scrittura delle donne e a un certo punto c’è venuto il fortissimo desiderio di aprire lo spazio di un festival dedicato alle scrittrici. Credevamo e crediamo tutt’oggi che la scrittura delle donne sia una scrittura che parli e racconti di noi e di tutto il mondo: a tutto e tutti. L’idea di dare un valore e uno spazio unico al talento delle scrittrici.
Come mai avete scelto il nome di InQuiete?
Innanzitutto, perché era bello! Abbiamo avuto questa intuizione durante un lunghissimo brainstorming in cui sono venuti fuori tantissimi nomi e a un certo punto abbiamo pensato che la crasi tra la parola inquietudine e la parola quiete, che vogliono dire l’uno l’opposto dell’altro, fosse molto bella. Abbiamo pensato anche che la quiete e l’inquietudine fossero due elementi fondanti e fondativi sia della scrittura che della lettura. Il sentimento della quiete o dell’inquietudine è quello che si sente quando stai leggendo un bel libro, no?
E poi perché quiete è una delle più belle parole, secondo me, del vocabolario italiano.
Esiste un problema di sessismo in editoria, e in generale nell’ambiente culturale? Anche quando non dichiarato, in cosa si manifesta?
Il mondo dell’editoria e il mondo della produzione culturale fanno parte del mondo. Essendo il mondo ancora non libero dal patriarcato, anche tutto ciò che ne fa parte non è libero dal patriarcato. E’ quello che io penso: non esiste ancora un mondo scevro dal patriarcato perché il patriarcato è ancora vivo e vegeto; nel particolare, rispetto all’editoria, per vedere da vicino quali fossero gli elementi e le discriminazioni all’interno dell’editoria, abbiamo aperto un osservatorio in collaborazione con una rivista di economiste che si chiama ingenere in cui abbiamo analizzato, per esempio, tutti i premi letterari; lo spazio che hanno le scrittrici e le donne all’interno dell’editoria e soprattutto che ruoli ricoprono al suo interno e nei festival e nelle fiere letterarie. La cosa abbastanza interessante è incrociare dei dati quantitativi, quindi per numero – mettiamola così, con dei dati qualitativi, cioè che tipo di ruolo hanno all’interno. Banalmente troviamo che, all’interno del Salone del Libro di Torino, le scrittrici nelle sale maggiori e minori sono il 20% e il 16%; mentre nelle sale che si occupano di bambini e bambine salgono all’80%. Questi sono dei dati che ci dicono qual è il posto delle donne. Non è per fare semplicemente delle denunce solitarie, ma anche per dire: c’è bisogno di ampliare lo spazio, di creare festival come il nostro, ma soprattutto sottolineare che le donne non sanno solo parlare tra di loro e con i bambini, ma di tutto e tutti, esattamente come gli scrittori.
Diciamo che è un po’ contro quel fantastico scaffale che si trova in volte in libreria e che porta il nome di “letteratura femminile” – come se esistesse.
Penso anche alla chiusura di Rai Movie, in favore dell’apertura di due canali differenziati per pubblico maschile e femminile.
E’ un discorso complesso. Io credo altresì che esistano alcune specificità, anche nella scrittura, perché un corpo che scrive è sempre anche un corpo sessuato, ma questa specificità nella scrittura non è rintracciabile all’interno di ruoli maschili e femminili canonicamente dati. E questo è un discorso complesso di cui si può parlare solo in modo complesso, non solo semplificando e ricadendo in cose molto binarie come rosa e blu.
Al di là dello spazio dato alle scrittrici il vostro festival è sicuramente un esempio di come le donne possano fare lavoro di squadra per offrire eventi di qualità. Quanto è importante la collaborazione all’interno della struttura di InQuiete?
La collaborazione è fondamentale. Nel senso che un festival gratuito, in strada, in collaborazione con un ente pubblico come la Biblioteca, in cui passano ottantamila persone e centocinquanta ospiti non si fa mai da sole, né come individue singole né come gruppo chiuso. Credo che la marcia in più di InQuiete sia che raccoglie un gruppo di donne e anche di uomini che si sentono parte della costruzione di questo festival: noi come gruppo ci prendiamo sicuramente la responsabilità della curatela, però prima di ogni edizione, da tanti anni, facciamo degli incontri con le scrittrici amiche di quartiere o che in qualche modo hanno partecipato negli anni scorsi chiedendo anche a loro che cosa vorrebbero e quali altri autrici vorrebbero presentare; se ci sono cose di cui vorrebbero parlare ecc. Quello che abbiamo notato è che tutto ciò che c’è di virtuoso nasce dalla sorellanza delle donne che fanno cultura a più livelli; tutto il resto ha a che fare con dinamiche di potere che sarebbe bello riuscire a decostruire.
Piuttosto di criticare tutti i sistemi di potere, abbiamo deciso di fare – questo già anche con Tuba – con numerevoli anche errori – sia chiaro: non siamo perfette.
Com’è lavorare in un ambiente come il Pigneto? E in che modo la comunità locale, sia di Roma che quella di quartiere, ha risposto alle vostre iniziative?
E’ bellissimo. Io sono una delle socie di Tuba quindi per me e per alcune di noi ha a che fare con un lavoro quotidiano che ci vede alzare la saracinesca la mattina e chiuderla la notte e quindi il contatto col quartiere è fondamentale e vitale. Il quartiere non vuol dire niente se non si pensano le persone: cambia con le persone che lo abitano. E’ bello vedere come cambia durante la giornata, che tipo di persone passano la mattina al mercato e l’isola pedonale, fino ad arrivare alla sera ai locali; come cambia quando passano i bambini in biblioteca, quando arrivano le vecchiette la mattina a farsi i capelli. Tutto questo è quartiere e tendenzialmente il nostro rapporto col quartiere è un rapporto bello. Le risposte sono sorprendenti perché se offri qualcosa di qualità le persone vengono, hanno piacere a starci, a rimanere dalla mattina alla notte. Non se ne vanno.
Anche con la pioggia l’anno scorso.
Anche con la pioggia, certo! Con gli ombrelli, è stato impressionante. Poi siamo entrate dentro il cinema la mattina alle dieci: pieno. Ecco, è proprio una delle cose a cui credo: se si propongono cose interessanti, le risposte arrivano.
La risposta di pubblico che avete è soprattutto un “donne che chiamano donne” o c’è anche una partecipazione maschile numerosa?
In generale noi abbiamo una partecipazione sempre più alta di donne – un po’ molto banalmente perché le donne sono lettrici forti più degli uomini e un po’ perché esiste ancora il pregiudizio che la letteratura delle donne sia una letteratura che riguardi le donne. Però devo dire che soprattutto al festival, ma anche alla presentazioni da Tuba, noto che che c’è una presenza di uomini che si è un po’ liberata da queste miscredenze e che viene molto volentieri e rimane poi tutto il tempo.
La nuova edizione di InQuiete si terrà dal 10, per le ottimiste, fino al 13 ottobre. Come possiamo sostenere la raccolta fondi?
Quest’anno abbiamo un sacco di cose da capire perché anche noi siamo in fasi diverse della nostra vita, quindi stiamo capendo come e se ci riusciamo. Il modo migliore per aiutarci è donare al festival: c’è una piattaforma, produzioni dal basso, dove si può sostenere InQuiete.
Poi ovviamente abbiamo un sito, una pagina facebook e instagram, anche da lì si può accedere al link a cui si può donare. Si può donare qualsiasi cifra, dai 5 ai 500, dai 1000 ai 6000. E per noi ogni donazione è una cosa molto preziosa perché ci restituisce anche un senso di comunità. Quello che dico sempre è: se puoi prenderti due birre, puoi anche darci un po’ di soldi per fare un festival che continua a essere gratuito, accessibile; aperto ai bambini con delle attività per bambine e bambini; per tutti e tutte, insomma.
Avete già in mente delle scrittrici da invitare o nuove attività da offrire?
Certo, le abbiamo già in mente, però non posso dire niente! Stiamo ancora raccogliendo le proposte, a fine maggio finiremo la raccolta delle proposte che ci arrivano dalle case editrici, dalle scrittrici che ci hanno scritto e dal nostro scouting verso cose nuove. La Società Italiana delle Letterate si occuperà della sezione esordienti. Manterremo anche la poesia e cercheremo di essere internazionali quest’anno.
Una domanda un po’ più personale, ma sempre legata al fatto che in Italia si leggano poche donne, anche tra i lettori forti. Penso anche alla Classifica di Qualità de L’indiscreto che ha visto davvero poche scrittrici tra i primi posti per ogni categoria: Teresa Ciabatti, per esempio, unica nella top 10 per la narrativa. Per invogliare quindi a leggere più libri scritti da femmine, hai qualche uscita recente che vorresti consigliare?
Difficile per me rispondere, anche perché ospitiamo tante presentazioni e ovviamente non faccio in tempo a leggere tutte. Ma proprio di gusto personalissimo, d’istinto, e lette abbastanza di recente: Terranova, Caminito, Di Grado, Casseri, Vinci, Mannocchi. E ovviamente Ferrante.