Il prezzo della verità

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La verità sta venendo fuori e non può essere fermata. Io non ho rivelato alcuna operazione Usa contro legittimi obiettivi militari. Ho puntato il dito sui casi in cui la Nsa ha violato università, ospedali e imprese private, perché questo è pericoloso. Si tratta di atti aggressivi e criminali (Edward Snowden)

Il prezzo della verità lo si paga sempre in un modo o nell’altro, con la vita o con il silenzio. È successo per i giornalisti ammazzati dalla mafia e poi dimenticati, per chi ha denunciato le grandi barbarie della guerra, per Julian Assange e un’accusa di cui ancora non si sa la fondatezza. Anche Edward Snowden la pagherà, inevitabilmente, perché è nel ritmo delle cose. Passato il momento caldo, la routine si mangia pure l’ultimo dei Che Guevara, anche se si rifugia ad Hong Kong per sfuggire dall’assedio dello stato.

Da quando è scoppiato il grande scandalo Datagate, sull’acquisizione illecita di dati personali, le ombre sul governo Obama, quello delle grandi speranze ma anche dei grandi dubbi, si sono fatte sempre più fitte. Ma è altrettanto vero che chi credeva che mettere una gran quantità di dati personali in rete non avrebbe, prima o poi, comportato una fuga di informazioni, viveva in un mondo troppo incantato. L’idea generale è che la denuncia di Snowden, in realtà, abbia fatto emergere un’abitudine da anni utilizzata da ogni gruppo o governo che abbia qualcuno capace di smanettare con il pc, su cui tutti hanno voluto chiudere gli occhi, utenti dei social network compresi. Semplicemente il gioco è questo e, tutti, vogliono essere partecipi del progresso.

Non l’ha pensata così Snowden, evidentemente, che forse dopo anni qualche sassolino se l’è voluto togliere, stravolgendo la sua vita e quella di molti altri, perché gli Stati Uniti non sono l’Italia e il giornalismo fa cadere ancora le teste, ma non troppo. Resta da chiedersi come e quanto profondo sia il problema, quanto in realtà si sappia di noi e di ciò che facciamo. Che le forme di resistenza fossero passate dalle montagne e le isole caraibiche alla rete informatica era storia risaputa, ma dell’esistenza di una guerra informatica, stile 1984, ce ne parlavano solo i film o la letteratura e non gli abbiamo mai dato abbastanza ascolto. Risulta credibile, ad un certo punto, e fa venire i brividi una delle ultime affermazioni di Snowden :

Vale la pena di morire per questo paese

perché apre una domanda fondamentale sulla nostra società odierna. Qual’è il punto che delimita fin dove si può arrivare con la propria coscienza, tra essere un buon lavoratore o un cittadino che fa il suo dovere.

Non è diverso quello che sta succedendo in Turchia. Oggi, come mai prima d’ora, la rete ha unito ogni diversa manifestazione di insurrezione. E non è un caso che le prime mosse del governo turco per evitare un’espansione a macchia d’olio della rivolta sia stato bloccare le connessioni a internet e catturare, come una volta, i giornalisti. Il potere dell’informazione, da quando è nato, ha sempre cambiato le sorti di un conflitto o di una stasi e, ad un popolo che sa, la schiavitù è preclusa. Il gesto di Edward Snowden, uno degli ultimi eroi della nostra epoca, potrebbe però non vedere mai più il vialetto di casa. Soltanto per aver fatto un gesto di verità.

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