Da About Elly al pluripremiato Una Separazione (Orso d’Oro a Berlino 2011, Premio Oscar 2012 tra gli altri) la capacità di rendere trasparenti alcune barriere pregiudiziali, quasi sempre insormontabili nell’approccio ad opere di determinati paesi, lo ha reso uno dei registi contemporanei più bravi nella narrazione di problematiche della realtà quotidiana, di vita vissuta, che siano o meno ambientate nel suo Iran.
Il Passato, l’ultimo film che ha girato, è una conferma delle sue doti e racconta il ritorno, dopo quattro anni, dell’iraniano Ahmad a Parigi per firmare il divorzio richiesto dalla moglie francese Marie, madre di due ragazze avute da un precedente matrimonio e legate da sincero affetto al patrigno, sopratutto Lucie, la più grande, che lo ha sempre considerato il vero padre. Anche per questo affetto l’adolescente non accetta di buon grado il rapporto sentimentale che da circa un anno lega la madre a Samir, un uomo sposato con una donna che è in coma da otto mesi in seguito ad un tentato suicidio.
Questo evento tragico diventa la condizione principale dei cambiamenti avvenuti nei protagonisti della storia perchè Marie e Samir che erano amanti, in seguito al tentato suicidio diventano una coppia a tutti gli effetti tanto che l’uomo, con il figlio di otto anni, si trasferisce a casa della donna anche perchè Marie è incinta e comincia a pensare al matrimonio con l’attuale compagno; per questo motivo fa tornare Ahmad da Teheran chiedendogli di formalizzare il loro divorzio, ma il quadro familiare che l’uomo si trova davanti all’arrivo non è dei più rosei e il comportamento astioso e scostante della giovane Lucie è la dimostrazione di come qualcosa impedisca a quelle persone di convivere e andare avanti serenamente. Il movente del suicidio della moglie di Samir diviene la causa principale degli stati d’animo di ognuno dei personaggi e tra sensi di colpa, segreti lancinanti e rapporti conflittuali tutti si troveranno dinanzi ad un bivio costretti ad una scelta che volenti o nolenti li porterà a fare i conti con il passato.
Fahradi nello scrivere la sceneggiatura di questo film si è reso conto dell’importanza che assumeva il concetto di coma nella morale della storia che avrebbe raccontato e più in generale nella vita: una persona in coma può essere considerata morta o è ancora viva? Il coma come via di mezzo, come dubbio esistenziale (siamo nella vita o nella morte?), una condizione spirituale che porta al nesso decisivo con la trama del film: bisogna privilegiare una certa lealtà verso il passato o rinunciarvi per proiettarsi verso il futuro?
L’intensità drammatica de Il Passato è reale e non esagerata, e fa i conti con un’umanità che vive una condizione moderna, la famiglia allargata, alle prese con problematiche ordinarie come quelle di un divorzio e straordinarie come quelle di un coma che simboleggia l’ostacolo a liberarsi definitivamente dal passato. Il regista ha scelto ottimamente gli interpreti del film trovando una Berenice Bejo in stato di grazia dopo i fasti di The Artist e giustamente premiata a Cannes per questa interpretazione; ma vanno elogiati i due attori, Tahar Rahim (apprezzato ne Il Profeta) e Ali Mossafa, che con eccellente trasporto emotivo hanno vestito i panni di personaggi a loro modo passivi, quasi inermi di fronte alla tragicità e all’impeto delle figure femminili del film, tra cui c’è una bravissima Pauline Burlet che interpreta l’adolescente Lucie.
Dalla scrittura alla tecnica nel girare, Asghar Farhadi ha esaltato la condizione emotiva dei personaggi e la scelta di privilegiare la stabilità della macchina da presa a differenza delle riprese a spalla dei suoi film precedenti evidenzia la capacità che ha una regia fatta bene di incidere in un racconto visto che ne Il Passato le azioni non si vedono, ma si percepiscono gli effetti di eventi trascorsi sullo stato d’animo dei protagonisti. Candidato agli Oscar come miglior film in lingua straniera Il Passato è la prima opera girata fuori patria dal regista iraniano.