Lo scorso 8 settembre ricorreva il centenario della nascita di uno dei – se non il più – importante giornalista sportivo italiano: Gianni Brera. Ma già con questa frase siamo incappati in un piccolo errore. Perché definire Brera giornalista “sportivo” è riduttivo. Brera è stato giornalista e scrittore tout court: inventore di neologismi, fine linguista, dottissimo citazionista, arguto polemista. E, forse, attraverso i suoi resoconti dei Mondiali, dei campionati e dei Giri d’Italia, ha raccontato l’Italia del dopoguerra meglio di molte narrazioni storiche ufficiali. Brera, come molte altre penne illustri tra cui Montanelli e Buzzati, era stato “prestato” al mondo dello sport su carta stampata per defascistizzarlo dalla retorica del Ventennio e ricompattare gli italiani, ora repubblicani e democratici, grazie alle imprese di Bartali, Coppi e del Grande Torino. Se altri ritennero degradante dedicarsi a questo tipo di cronaca, affrettandosi a tornare ad argomenti più seri, Brera decise invece di prolungare il prestito, estendendolo a vita. Di più: decise di rendere chiaro e manifesto che anche lo sport poteva elevarsi a dignità letteraria; a un argomento che, se trattato con dovere e rigore, poteva appassionare il lettore esigente. Brera ha così creato un “palato”, un gusto per la scrittura sportiva ben fatta. Un palato difficile da soddisfare, perché innalzarsi dal mero resoconto sportivo richiede sforzo, cultura e pazienza. Quando questi tre elementi ci sono, però, i risultati sono superbi, come dimostra La Storia del Calcio in 50 ritratti scritta da Paolo Condò ed edito da Centauria Libri.
Il volume potrebbe di primo, superficiale acchito essere scambiato per l’ennesimo libretto destinato alla nicchia degli sfegatati, un mero contenitore illustrato in cui riversare le memorie di un giornalista come Paolo Condò, decennale firma della Gazzetta dello Sport e voce di Sky. Ma le prima pagine sono sufficienti a fugare ogni equivoco. L’introduzione, anzi, potrebbe far libro a sé: un breve pamphlet dalla chiarezza espositiva e dalla profondità d’altri tempi. In essa, infatti, Condò tratteggia la storia del calcio moderno partendo dalla nascita della Coppa dei Campioni a Lisbona nel 1955 (primo match ufficiale, tra Sporting e Partizan Belgrado) e arrivando fino ai giorni nostri. Niente di speciale, direte voi, è mera cronistoria. Tutt’altro. Perché, nella narrazione di Condò, la storia del calcio diventa qualcosa di più. Diventa un domino, una cascata di tessere ognuna consequenziale all’altra. Diventa, soprattutto, un filo rosso che si intreccia con la Storia dell’Europa del secondo Novecento, quella che si lascia alle spalle le barriere e le divisioni della seconda guerra mondiale per diventare, progressivamente e non sempre pacificamente, luogo di libera circolazione. Dove, in una Schengen di idee e persone, viaggia il concetto stesso di football, arricchendosi a ogni tappa.
Serve cultura profonda, trasversale; serve studio approfondito per immergere le mani in quel magma caotico che è il calcio – un apparente brodo informe in cui risultati, sconfitte, vittorie, idee e protagonisti sembrano nuotare a caso – e trarne una visione d’insieme quasi scientifica, in cui causa ed effetto si susseguono con una logica assolutamente precisa. Leggendo le pagine dell’introduzione, l’appassionato di calcio scopre una bellissima narrazione, che ha sempre avuto sotto gli occhi ma solo raramente ha saputo cogliere nel suo insieme. Scopre che l’attuale calcio di Pep Guardiola, epitome per eccellenza di modernità, ha in realtà radici antiche, che affondano negli anni ’70 e in Olanda. E che queste radici hanno a loro volta un retroterra austriaco risalente a un decennio prima. Ernst Happel, viennese, giunse infatti in Olanda, alla guida del Feyenoord, alla fine degli anni ’60. Il suo calcio innovativo, che scardinava la dogmatica e statica suddivisione dei ruoli, diede modo a Rinus Michels dell’Ajax di Amsterdam di perfezionare la poetica di calcio che stava maturando. Nacque così il calcio totale, l’ordigno atomico che avrebbe per sempre cambiato il modo in cui questo sport si giocava. Giocatore e allievo di Michels fu Johann Cruijff che, prima da calciatore e poi da allenatore, portò il Vangelo olandese del calcio totale in Catalogna, a Barcellona. E chi trovò lì, pronto a coglierne gli insegnamenti? Lo avrete già capito: Pep Guardiola. Che a sua volta evangelizzerà prima la Germania (non a caso campione del Mondo nel 2014, proprio durante il suo periodo sulla panchina Bayern) e ora il Manchester City.
Il football ha viaggiato attraverso l’Europa, è stato un’idea che hanno portato con sé uomini provenienti dai paesi più disparati e che hanno impiantato nei luoghi dove andavano. Il che testimonia come il calcio rispecchi la società in modo più autentico persino della politica, anticipando quei cambiamenti che mentalità conservatrici si rifiutano spesso di ratificare. La narrazione di Condò arriva fino all’oggi per dimostrarlo. A fronte di Brexit, Trump, Orbàn, Salvini e Le Pen c’è infatti, recente recente, una Francia multietnica che vince il Mondiale schierando Pogba (origini guineiane), Kanté (maliano) e Mbappé (camerunense), diretti eredi dell’algerino Zidane, di Thuram (Guadalupe) e del ghanese Desailly a loro volta campioni mondiali. Così come un Liverpool campione d’Europa che, in barba a Johnson, è allenato da un tedesco e schiera un tridente egiziano-brasiliano-senegalese. Successi che parlano di un’Europa nuova, che ha fatto i conti col suo passato coloniale trasformandolo in integrazione.
Dopo tutto ciò i 50 ritratti, effettivi protagonisti del libro, risultano quasi accessori. Eppure, che begli accessori! Baggio, Best, Beckenbauer, Maradona, Pelé, Beckham, Ronaldinho, Eusebio, Messi, Ronaldo il Fenomeno e Ronaldo CR7, solo per citarne alcuni. A ognuno Massimiliano Aurelio dedica una stupenda illustrazione e Condò un ricordo, questa volta di natura personale, a rimarcare cosa quel giocatore ha rappresentato per lui. Dalla Storia con la esse maiuscola, il calcio torna così realtà quotidiana, intima e personale. Ed è questa la grandezza del football: saper parlare a (e della) società intera così come a ognuno di noi individualmente, col suo carico di emozioni e sensazioni del tutto private.
Stasera inizia la nuova stagione di Champions League, il nuovo capitolo della storia calcistica europea. Chissà se, anche quest’anno, le vicende racchiuse in 90 minuti rifletteranno qualcosa di più grande. E chissà se, tra i calciatori in campo, ci saranno i 50 che influenzeranno i Condò di domani. Al fondo del libro, ci sono due pagine bianche, destinate apposta a creare un ponte tra passato e presente, tra vecchi e nuovi campioni. Su tutto questo e su tutti gli appassionati, veglierà intanto Eupalla, la Musa calcistica di breriana invenzione, che parlerà agli aedi che, in questo sport, sapranno vedere qualcosa di più che un semplice gioco.