Iggy Pop – Post Pop Depression

Un nuovo disco di Iggy Pop. Sembrerebbe debba essere l’ultimo.

Parliamoci chiaro, non sono uno che stravede per i dischi tardivi di grosse star del passato.
Studi scientifici dimostrano che, sette volte su dieci, sono tentativi imbolsiti di rinnovamento ad opera di vecchietti dalla indubbia qualità tecnica, che si possono permettere produzioni impeccabili, ma che finiscono immancabilmente per esser privi di una ispirazione vera e propria. Due su dieci sono invece i dischi di rottura col passato, tentativi estremi di rinnovamento, che si ritrovano ad essere divagazioni, nella migliore delle ipotesi, deboli.

E poi c’è Iggy.

Iggy che ha deciso, dopo un disco in francese (Après, 2012) e un disco con gli Stooges (Ready to Die, 2013), di fare un disco da solo. E allora, per non smentirsi ha deciso di mandare un po’ di informazioni su di sè a Josh Homme (“I sent him a dossier on me by FedEx: written form, no email. I sent him three essays I’d written on my sex life about specific people. I also sent him an interview I did with an eminent critic here in New York about his concerns about my career. I sent him some poetry about…“).

Ne è nato l’ultimo disco in studio di uno che lo stesso Homme definisce “the last of the one-and-onlys“.

La miglior descrizione di Post Pop Depression l’ha data lo stesso Iggy quando ha detto che è “come un anello col teschio, ti ricorda la mortalità” e sin dall’inizio dichiara che ha intenzione di strisciarti sotto la pelle (Break into your heart).

Iggy non è più quel diamante grezzo che era in gioventù; nelle increspature della voce, oramai profondissima, si sentono tutti i lavori di intaglio che negli anni ha subito (Bowie in primis). La chitarra, riconoscibilissima, di Homme riesce ad evidenziarne tutte le sfaccettature, volta per volta aiutato dal basso pulsante di Dean Fertita (turnista praticamente con tutti i nomi grossi del rock alternativo USA che negli anni 90 orbitava attorno al Rancho de la luna ) e dalla batteria di Matt Helders (Artic Monkeys). L’alchimia dei tre musicisti sposta il suono del disco ora verso lo stoner (American Valhalla, German day), ora verso l’indie rock degli anni ’00 (Sunday), senza mai dimenticare un certo suono da Desert sessions post litteram (Vulture).

Ma il trait d’union non può che essere Iggy che, reinventatosi crooner, mostra una voce molto consapevole e mai fuori controllo (tranne un urletto in In the Lobby) capace di arrivare diretto all’ascoltatore.

E se nel primo singolo, Gardenia, ricorda i tempi in cui lo produceva Bowie, l’iguana dà il meglio di sè nella splendida Paraguay.
Già, pensateci un attimo: l’ultima canzone dell’ (almeno così pare) ultimo disco dell’Iggy Pop. E proprio in quest’ultima canzone, dopo un esordio da ballad, su un coretto che ripete “Wild animals they do, never wonder why, just do what the goddam’ do” si lascia andare ad un po’ di riflessioni un bel po’ incazzate che in qualche modo spiegano il titolo stesso del disco:
There’s nothing awesome here
Not a damn thing
There’s nothing new
Just a bunch of people scared
Everybody’s fucking scared
Fear eats all the souls at once
I’m tired of it
And I dream about getting away
To a new life
Where there’s not so much fucking knowledge
I don’t want any of this information
I don’t want YOU
No
Not anymore
I’ve had enough of you
Yeah, I’m talking to you
I’m gonna go to Paraguay,
To live in a compound under the trees
With servants and bodyguards who love me
Free of criticism
Free of manners and mores
I wanna be your basic clod
Who made good
And went away while he could
To somewhere where people are still human beings
Where they have spirit
You take your motherfucking laptop
And just shove it into your goddamn foul mouth
And down your shit heel gizzard
You fucking phony two faced three timing piece of turd
And I hope you shit it out
With all the words in it,
And I hope the security services read those words,
And pick you up and flay you
For all your evil and poisonous intentions,
Because I’m sick,
And it’s your fault
And I’m gonna go heal myself now
Yeah!

Insomma ci sono tutte le sembianze di un vero congedo. Che dire.
Grazie di tutto Iggy!

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