Una spocchia malsana è ciò che ha sempre portato numerosi critici e cinefili a non perdonare a Adam Sandler di venire dalla commedia demenziale di successo, eppure è anche grazie a lui se Uncut Gems dei fratelli Safdie funziona, e pure tanto. Il film, rilasciato in Italia su Netflix il 31 gennaio 2020, sintetizza con sgargiante vitalità l’esperienza esistenziale di personaggi che, almeno in apparenza, sembrano lontani dall’uomo ordinario, pur racchiudendo in sé contraddizioni e fragilità che a tutti nel bene e nel male appartengono, costringendoci costantemente a misurarci con la nostra natura.
Uncut Gems racconta l’ennesima parabola sul tentativo di rivalsa ai danni della mediocrità quotidiana, sceglie lo stile febbricitante e serrato nel montaggio, fa sgorgare un flusso di coscienza in cui immagini, suggestioni metacinematografiche e suoni scorrono in un vortice psichedelico orchestrato alla perfezione, soprattutto nei repentini e inaspettati cambi di registro narrativo. Eppure, una volta accusata l’onda d’urto di questo tsunami inarrestabile di sensazioni, travolgente sia per l’avidità dei personaggi che per l’impreparata emotività dello spettatore, ciò che sopravvive alla frenesia generale è tutto lo strazio di un’umanità sgraziata, deficitaria, con cui è impossibile non identificarsi.
La nuova fatica dei Safdie fa della tragicommedia newyorkese (il magnifico direttore della fotografia di Se7en Darius Khondji dipinge magnificamente la psicosi di una Grande Mela barocca e trucida), selvaggia e rutilante, il suo punto di forza; ripropone un tipo di cinema che molto andava in voga negli Anni Settanta, svincolato da qualsiasi regola quanto il protagonista Howard (Sandler), incrollabile e detestabile cacciatore della perdizione ma al contempo veicolo di inaspettati slanci di tenerezza, pathos e agrodolce divertimento.
Il ritratto delle nevrosi personali viene comunicato in modo sempre coinvolgente e vitale sebbene il protagonista incarni il tipo di uomo che nella vita vera ci piacerebbe veder fallire, a riprova dell’estrema e brillante abilità dei Safdie di maneggiare una materia così difficile e istintivamente respingente per renderla appetibile e sferzante. Si resta incollati allo schermo con il fiato mozzo fino alla fine, e lo spettacolare epilogo appaga retine e cuore di chi cerca dai film le sensazioni forti. Dopo innumerevoli capolavori come Ex_Machina, Midsommar e Spring Breakers, la A24 continua a sfornare perle visuali che rigenerano il cinema e racchiudono tutta l’intima poesia universale della Settima Arte. Un grazie anche a Netflix per averci permesso di goderne.