Che magnifica esperienza il viaggio verso le terre del Nord che ci ha offerto un semplice weekend milanese di fine Febbraio. È successo tutto a I Boreali Festival, evento all’insegna della grande cultura nord-europea ideato e organizzato dalla casa editrice Iperborea: tra incontri, musica dal vivo, brunch culinari, e sorprese (le scoprirete nel report), il Teatro Franco Parenti di Milano ha ospitato una vera e propria immersione lassù tra Svezia, Norvegia, Islanda e immensi ghiacciai. Noi eravamo presenti, e vi raccontiamo perché il festival ha vinto la sua scommessa, ma attenzione — avvisiamo i gentili lettori che l’effetto collaterale potrebbe essere la voglia di partecipare a una delle prossime tre tappe del festival itinerante, che si terranno a Lugano/Cernobbio, Bologna e Matera.
Ad aprire le danze lo scrittore svedese Björn Larsson, che ha presentato il suo ultimo romanzo, La lettera di Gertrud – edizione italiana curata da Iperborea. Durante l’incontro inaugurale del Nordic Festival, Larsson e il giornalista Alessandro Zaccuri ci hanno raccontato il tema – attualissimo – che fa da sfondo al romanzo, quello delle identità. Siamo tutti ossessionati dall’idea di far parte di un gruppo, di essere accettati dalla società – e questo capita anche al protagonista del romanzo, Martin, dopo aver scoperto di essere ebreo. Durante l’incontro Larsson ci ha ricordato l’importanza di non generalizzare attraverso categorie e stereotipi, molto più interessante è soffermarsi sul singolo individuo – che poi è quello che lo scrittore è riuscito a fare nel suo ultimo libro. A rendere ancora più emozionante l’incontro la collaborazione con Storytel, che ci ha regalato la voce dall’attrice Francesca Toti che ha letto per il pubblico alcuni brani del libro.
Ma l’attualità non è stata protagonista solo attraverso il tema delle identità al festival: grazie al talk «il movimento #MeToo in Svezia, tra scandali e Premi Nobel mancati» ci siamo immersi anche nell’onda lunga di un movimento che negli ultimi anni ha conquistato il dibattito pubblico (a meno che negli ultimi anni non siate stati in visita su un altro pianeta, avrete sentito parlare di #metoo). Durante l’incontro alcuni studenti dell’Università di Milano ci hanno parlato dello scandalo dell’ autunno 2017 che ha riguardato un membro dell’Accademia Svedese che assegna i Premi Nobel per la Letteratura, quando Jean-Claude Arnault era stato accusato di molestie e abusi da ben 18 donne. In seguito allo scandalo una grande opera di sensibilizzazione al tema ha attraversato l’intera Svezia, paese che tra il 2010 e il 2015 registrava circa 51 atti di violenza sessuale al giorno: da questo movimento verrà promulgata la legge sullo stupro – la Svezia ne esce scossa ma profondamente cambiata, più consapevole.
E dopo la Svezia si fa tappa in Islanda grazie all’incontro con l’autore Leonardo Piccione che ci racconta Il Libro dei Vulcani d’Islanda, da poco uscito con Iperborea. La speciale conformazione dell’isola islandese con tutti i suoi vulcani, il senso di precarietà e caducità che avvolge le storie dei suoi abitanti e protagonisti, sono i temi centrali di un vero e proprio manuale all’orientamento nella piccola e leggendaria terra del Nord. Pare quasi di esser presenti – per un attimo – sull’isola.
La serata continua con l’appuntamento più sonoro di tutti: I Boreali Party ci offrono l’occasione per un ascoltare un po’ di buona musica e prenderci una pausa al ritmo dei concerti dal vivo. Pietro Biancardi, editore di Iperborea, ci ha confessato di essere un grande appassionato di musica e live, e così questo festival offre l’occasione di assecondare anche questa passione con l’organizzazione della serata dedicata al party vero e proprio. Quest’anno i grandi protagonisti sul palco del Teatro Franco Parenti son stati la musicista e cantautrice norvegese Farao – che regala performance canore di rara bellezza, tutte intarsiate in un pop moderno, raffinato, perduto tra synth e batterie, con l’illusione di essere scaraventati davvero verso le dolci terre scandinave – e il duo belga Asa Moto, che ha reso il ritmo accelerato, duro e indimenticabile.
Al sabato ci si alza con la voglia di correre ancora all’evento per immaginare nuove aurore boreali. E così quando incontriamo l’autrice Anne Catherine Bomann che racconta il suo nuovo romanzo L’ora di Agathe (Iperborea Edizioni), subito ci reimmergiamo nella splendida lettura che da poco abbiamo finito, e che ancora non ha lasciato i nostri ricordi. La Bomann racconta come lo studio della psicologia abbia contribuito molto al processo creativo del romanzo, e del resto la voce narrante è affidata proprio a uno psicologo. Inoltre ci regala anche una chicca-confessione: oltre a interessarsi di scrittura e psicologia, la Bomann è una grande appassionata di ping-pong. È sempre divertente ascoltare gli aneddoti dei protagonisti degli incontri dalla loro propria voce.
Uno degli incontri più interessanti di tutto il festival è quello dedicato a un tema che dovremmo tenere a mente ogni giorno: il riscaldamento globale e il climate change. La guerra freddissima è il talk che ci racconta lo scenario apocalittico che stiamo vivendo, ed è bravissimo Fabio Deotto nel ricordare quanto il problema ci riguardi tutti da vicino. L’artico non è più quel luogo bianco, puro e incontaminato che è entrato nel nostro immaginario, qualcosa sta succedendo sotto i nostri occhi – eppure se ne parla così poco nel nostro paese, e così poco viene stimolato il dibattito intorno alla questione. Grande merito va dato a I Boreali per aver dato spazio a una questione centrale come questa: perché il problema non riguarda solamente le terre artiche o lo scioglimento dei ghiacciai – chiunque in questo momento sulla terra dovrebbe attivarsi per dare il suo contributo, diffondere e informare, siamo tutti letteralmente coinvolti. Ce lo ricorda la giovane ragazza svedese Greta Thunberg, una delle più impegnate attiviste dei nostri tempi, e ce lo ricorda anche il festival più nordico di tutti.
Uno dei momenti più commoventi di tutto il festival capiterà però l’ultimo giorno, quando Emilia Lodigiani, fondatrice della casa editrice, riceve dal re di Norvegia il riconoscimento come commendatore all’ordine reale al merito di Norvegia, alla fine di un bellissimo talk sulla cultura nordica che vede ancora protagonista Larsson, insieme ad Alessandra Iadicicco e Massimo Ciavarola. Dopo averci raccontato l’idea che ha ispirato la nascita della casa editrice, la Lodigiani riceve la bella sorpresa.
I sorrisi per il fresco annuncio si dilatano nell’incontro successivo, nelle risa per la comicità di Erland Loe. Seduto a gambe accavallate sulla sua sedia, Erland balza subito all’occhio per essere il classico tipo scandinavo, per non dire vichingo: una gran barba grigia gli contorna la faccia, la corporatura si intuisce maestosa pur da seduto. Ce lo si immagina senza problemi con un’ascia in mano, intento a conquistare un proprio spazio vitale a discapito della foresta e degli alci. Quello che, a prima vista, non gli si attribuisce, è una vena umoristica. Il suo volto intagliato nel legno non si smuove in un sorriso, nemmeno quando l’eccellente Gianluca Iacono apre l’incontro leggendo un estratto da Doppler, titolo che ha imposto Loe all’attenzione della letteratura umoristica internazionale. Sarà la traduzione, sarà che si fa fatica a ridere di ciò che si è scritto in prima persona, ma nemmeno un accenno di labbro si solleva sul volto di Erland. Eppure poi, quando prende la parola, pur senza mai sorridere, la comicità di Erland Loe diventa manifesta. La comicità norvegese, o più in generale scandinava, si esprime in un riso più che altro interiore, ma non per questo privo della sua vis. Al nord si ride della civiltà che lotta invano, come don Chisciotte, contro la natura ostile, dei furbetti che, in barba al tanto decantato essere ligi alle regole, scarrozzano in auto le donne alla pari per aggirare i divieti di circolazione. Si ride delle differenze tra svedesi e norvegesi, delle canzonette e dei cartoni animati, come Pingu e Bob Aggiustatutto, che rincretiniscono adulti e bambini. La differenza è che, il più delle volte, si ama ridere da soli.
“C’è un mio amico che abita in una casa in mezzo al bosco, a trecento chilometri dalla città” racconta Erland. “Ogni tre settimane, prende la macchina, si fa trecento chilometri, va a casa di un amico per salutarlo e bere un caffè e poi rifà trecento chilometri per tornare a casa. Non ho mai visto un uomo più felice.” Ecco, forse il segreto a noi straniante della comicità norvegese è proprio questo: a differenza di quella latina, non ha bisogno di un pubblico, di un’audience per esplodere. E allora, quando Iacono legge un altro estratto da Doppler, possiamo quasi stare sicuri che, dietro la sua espressione impassibile, in realtà Erland Loe stia ridendo a crepapelle.
E noi pure abbiamo il sorriso stampato sul volto quando ce ne andiamo, perché esperienze del genere sono preziose. Siamo riusciti ad attraversare l’intero Nord senza muoverci da Milano, abbiamo vissuto aurore boreali e grandi sogni, ci siamo perduti tra i ghiacciai in pericolo e tra le storie magiche d’Islanda, e siamo tornati a casa un po’ più umani e sognatori.
Sono stati al festival Manilla Telesca, Ilaria Del Boca e Stefano Peradotto