Salvarsi non è una colpa: Grande meraviglia di Viola Ardone

Lunatica. Malinconica. Lasciva. Dispettosa. Irosa. Irriverente. Ciarliera. Mendicante. Menzognera. Esibizionista. Incoerente. Dedita all’ozio. Petulante. Pazza morale. Vite intere etichettate sotto questi aggettivi perentori, e la lista era ancora lunga. Prima della legge Basaglia (1978), bastava la parola di un membro della famiglia (spessissimo il marito o il padre) per far sì che una donna si ritrovasse da un giorno all’altro in manicomio ed è ben conosciuto a questo proposito il vissuto di Alda Merini.

Lasciando direttamente la parola alle donne del manicomio detto il Fascione, donne le cui storie si legano in un unico flebile filo a quello della piccola Elba, protagonista di Grande meraviglia – l’ultimo libro di Viola Ardone per Einaudi Stile Libero, possiamo leggere: Io volevo fare la rivoluzione, ma quel fascistone diceva che la rivoluzione ce l’ho in testa. […] L’ha deciso mio marito, perché non ero un buon esempio per i bambini.

Telemaco Signorini, La sala delle agitate al San Bonifazio in Firenze

Elba, non come l’isola, ma come il grande fiume del Nord, al Fascione ci si ritrova dalla nascita. Arrivata là con la sua Mutti incinta, una donna originaria della Germania arancione contrapposta a quella gialla, che ha avuto la forza, solo per la sua bambina, di creare un altro mondo, proprio nel manicomio. Un mondo pieno di filastrocche – Lei mi faceva compagnia, mai diceva bugia, né cadeva in epilessia. E c’erano i giochi che inventava per me, e i canti popolari nella loro lingua di origine, jingle della televisione – È più comodo tenere tutti i difettosi in un unico posto nascosto, così nessuno li vede e non esistono più. Come dice quella pubblicità: Viavà, e la macchia se ne va., storie, personaggi immaginari (Lello Cammello su tutti) e i fricci fricci.

Se sono matta io non lo so, ma questo è il solo posto che ho

Elba non ha una vera e propria diagnosi, eppure crede di dovercela avere per forza – Pazza la mamma, pazza la figlia, pazza tutta la sua famiglia. Elba conosce il Fascione come le sue tasche: le altre donne che vivono con loro non le fanno paura, vive con loro e con le infermiere e i dottori. Non esiste più il tempo al mezzomondo, per non lasciarsi sopraffare bisogna crearsi una routine che non sia quella scandita solo dalla Pillola del Buon Sonno ed Elba e la sua Mutti, fino a che restano insieme, ci riescono perché sono l’una la forza dell’altra.

Crescendo, Elba scrive, sul suo taccuino annota versi in rima e contribuisce alle diagnosi delle nuove arrivate, cerca di aiutare tutte e tutti sempre, persino il primario dott. Colavolpe che basagliano non è – Colavolpe, lo hai già conosciuto? Lui sa tutto di tutti e ti mette l’etichetta sopra al dolore: se sei nevrastenica, se sei lunatica, se sei maniaca, se sei uterina, paranoica, isterica – e il nuovo dottorino che invece lo è eccome e che rappresenterà un appiglio importante per il futuro della ragazza. Elba racconta al suo meglio e come se fosse un luogo fantastico questo posto che è tutto fuorché bello o adatto a una bambina e poi a una ragazzina della sua età. C’è tanto dolore intorno a lei, ma allontanarsene in quel momento pare impossibile, meglio raccontarlo e sviscerarlo. Almeno fino a quando le sarà permesso.

È questa l’unica differenza con i mica-matti: noi andiamo nude col nostro dolore sempre ben in mostra. La pazzia è una specie di verità

Come Elba sa raccontare bene quello che vive, da brava scrittrice e da brava insegnante Viola Ardone riconferma di saper dare voce ai bambini e alla loro emotività, come già successo con Il treno dei bambini (2019) e che, insieme a Olivia Denaro, va a costruire una trilogia ideale che vuole portare alla luce fatti importanti, ma troppo spesso passati in secondo piano per un motivo o per un altro, accaduti a partire dal secondo dopoguerra in poi.

Grande meraviglia è la storia di Elba, della sua Mutti e delle sue compagne, anziane e nuove. Elba è la grande meraviglia. Sempre un romanzo, certo, ma che vuole ricordare chi in quegli anni e a quelle condizioni (igienico-sanitarie, di abuso fisico e psicologico) in manicomio ci si è trovato davvero. Inevitabile non avvertirne il dolore, quello di dentro e quello di fuori, eppure le parole in rima di Elba ragazzina sono sempre colorate, piene di speranza e, come i ricami colorati di una coperta patchwork, non lasciano da solo nessuno perché salvarsi non è mai una colpa e in qualche modo ce la si dovrà pur fare.

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