La grande famiglia di Salvini

Ci si abitua in fretta alle scalate in politica, e quello che suscita uno scalpore iniziale finisce presto per essere assimilato e, conseguentemente, accettato dalla nostra fragile opinione pubblica. Negli ultimi tempi ci siamo abituati all’autoproclamazione a premier di Renzi e, dopo lo sgomento iniziale, anche l’arrivo di quello che doveva essere lo tsunami del Movimento 5 Stelle non risulta più così interessante. Come se dimenticare in fretta fosse diventata l’ultima arma di sopravvivenza che l’evoluzionismo darwiniano ci ha regalato. Ma, oltre che assetati di un motivo per lamentarsi, siamo alla continua ricerca dell’uomo che possa risolvere i nostri problemi o, meglio, siamo dipendenti dalle novità, anche riciclate, che fanno scalpore. Forse perché, tutto sommato, ci siamo affezionati e abbiamo sempre bisogno di qualcosa di cui parlare al bar, che ci volete fare, siamo fatti così. Scomparso (o quasi) dalle scene Beppe Grillo, oltre all’onnipresenza di Renzi e dei gattini, rapidamente Matteo Salvini è diventato il nuovo fenomeno della politica italiana, fra un tour al campo nomadi e rivendicazioni sociali, con più presenze a Casa Pound che a Bruxelles (dove è parlamentare europeo). L’enfant prodige leghista, chiamato a ricostruire il crollo del suo partito dopo i problemucci della famiglia Bossi, è stato capace in poco tempo di raccogliere fiducia e consensi intorno a sé, stringendo l’occhio alla destra quanto a quel minestrone di risentimento senza bandiera uscito deluso dal Movimento che doveva cambiare l’Italia. Se gli slogan di Salvini suonano di quel già sentito, è la sua ‘famiglia’ a diventare interessante, tanto da potergli dedicare una fenomenologia accurata, perché queste cose, alla fine, ci sorprendono sempre. Qui raccogliamo una serie di componenti di questa grande nucleo che si è mostrato nella bagarre degli ultimi giorni.

#1 Il difensore dell’italico contro l’intellettuale comunista.

È un leit-motiv tanto famoso quanto orecchiabile, di quelli di cui discutere a tavola. Prima c’erano gli intellettuali comunisti del Pci, poi il Pci è scomparso e allora comunisti sono diventati i magistrati. Adesso di nuovo gli intellettuali, ogni tanto  i preti, i renziani, le Onlus, Rai Tre e Mtv, e tutti quelli che da anni stanno costringendo gli immigrati a restare in Italia, magari riqualificando i quartieri, raccontando le loro storie e investendo nell’integrazione. In poche parole comunisti che lottano contro il progresso del nostro paese, da allontanare come gli immigrati, perché, alla fine, gran parte della colpa è della loro unione di forze.

Pennacchi, ovviamente, è riuscito nel difficile intento di riuscire a dare ragione a Salvini e ai suoi aficionados. (Il video del confronto dai profondissimi termini lo trovi qui)

 

#2 Il Gombloddista

L’avevamo detto, nella Lega sta affluendo un bel pezzo del M5S e, fra loro, la corrente complottista, capace di vedere dappertutto del marcio, anche a Ballarò. Perché, dopotutto, magari è stata la De Gregorio a spaccare il parabrezza di Salvini, e Adam Kadmon, di sicuro, sta già registrando puntate su puntate attorno a chi ha compiuto questo folle gesto. Il gombloddista non crede ai canali ufficiali, non crede che le provocazioni di Salvini possano davvero incitare qualcuno all’odio (da entrambe le parti), perché il leader non sbaglia mai e chi non lo capisce dev’essere allontanato.

#3 Il confuso

Lega Nord e il sud non sono mai andati d’accordo, dopotutto sul logo appariva quel minaccioso quanto rivendicato “Prima il Nord!”. Ma questo non significa che non si possano ottenere voti al sud, magari anche loro hanno a cuore la questione del Po, nonostante per oltre vent’anni siano stati indicati come il problema maggiore del paese. Ma abbiamo la memoria corta e poi adesso ci sono i Rom, i cinesi, gli immigrati, i pakistani, Lilli Gruber su La7 e anche Ciro Immobile se n’è andato in Germania per scappare dagli zingari. Poco importa se nel 2009 faceva i cori contro Napoli (qui), perché a Salerno convince tutti e tutti si aspettano che la Lega diventi, finalmente, nazionale. Il confuso della famiglia ha la memoria corta ma sa bene quello che vuole.

 

#4 Non sono razzista, però..

La Lega non è razzista, difende l’italiano dal nemico, un po’ come Casa Pound è un movimento culturale ispirato al poeta e Jessica Rabbit una moglie fedele. Le etichette non piacciono a nessuno, tanto meno quella dello xenofobo, e così nessuno ha mai votato Berlusconi e nessuno voterà mai Salvini, nessuno ha mai aderito al fascismo e siamo tutti buoni cristiani. Almeno finché qualcuno non ti ruba il posto, perché il razzismo alla fine non esiste, è soltanto un’invenzione degli intellettuali comunisti che odiano gli italiani e non c’è nulla di male nel dare le colpe ai più deboli invece che ai veri responsabili.

#5 Il nobile

In ogni famiglia che si rispetti c’è il vecchio saggio, di una certa età, dai valori forti come l’educazione e il bon ton. Perché è un pregiudizio quello che dice che i leghisti siano tutti contadini montanari senza classe e che urlino e basta. È quello da cui andare per ricevere i consigli e sapere come comportarsi. I signori a questo mondo esistono ancora. Glaciali.

#6 Il figliol prodigo

Se c’è il nobiluomo ci deve essere la pecora nera, quella che non accetta e se ne va verso altri lidi, per poi, inevitabilmente, tornare all’ovile. La grande famiglia però, un posto per loro, ce l’ha sempre.

#7 I teorici

Davanti alla crisi, ai problemi del lavoro e della sicurezza sociale serve una figura capace di spiccare per intelligenza e ampie vedute. Questo è il compito del teorico, di trovare soluzioni alternative ai problemi e poter dare così una speranza a chi non sa più come fare, nella speranza che il grande capo ascolti e prenda provvedimenti.

 

In questi tempi digitali essere eletti è solo una parte del gioco e tutta la politica lo sa bene. Creare un consenso virtuale, al di là delle proiezioni sulle percentuali, è parte del lavoro e Salvini in poco tempo ha moltiplicato presenza e seguaci. L’immagine che esce dai suoi canali non è certo affidabile e veritiera, non dà che una piccola immagine della spaccatura immensa che si sta formando nel nostro paese, e va considerata per quello che vale. Questo, però, non significa che sia da sottovalutare, proprio perché digitale è più sincera. Perché tutti, dietro a uno schermo, magari con nomi finti, lontano dalle conoscenze abituali (e quindi dai giudizi) possono esprimersi nella maniera più sincera, costretta e limitata, in qualche modo, dalla socialità. Questa parte dei social network, dove tutti esprimono opinioni e disagi, è quella parte di vapore che sta fra il coperchio e l’acqua che bolle in pentola, capace di esplodere se non la si scopre in fretta, in continua ebollizione. E se è un provocatore quello che tiene le mani salde sul coperchio, non si può stare tranquilli. Per questo motivo quello che voleva essere un discorso ironico, assume connotati piuttosto preoccupanti.

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