The Now Now è una virata improvvisa dal precedente Humanz, uscito l’anno scorso: una semplificazione sotto tutti i punti di vista ed uno sbilanciamento verso lidi più pop che hip hop, con meno nomi tra le collaborazioni, ma anche con una mole minore di canzoni (undici contro le ventisei). Ricorda un po’ le frazioni matematiche, in cui i fattori simili vengono sbarrati (semplificati, appunto), per lasciare i fattori unici. Il risultato di ciò è un disco più autentico, nel senso artistico del termine, ovvero che appartiene ad un artista, Damon Albarn, appunto. L’essere “autentico” in questo caso è sbilanciato molto verso un lavoro Albarn-centered, più leggero e facile da digerire, che tenta in qualche modo di superare il cantato malinconico, con canzoni più ottimiste, anche se l’alone di malinconia permane ad un ascolto attento.
Ricordando Everyday Robots (disco solista di Damon Albarn del 2014), questo lavoro sembra un’evoluzione, un passo in avanti per quanto riguarda la dinamicità del suono (con uno sguardo retrò, quasi dallo stile funk, ed uno proteso in avanti) ed un’uscita dalla solitudine intrisa in quell’lp. Rimangono ancora validi i temi, il nodo centrale di quanto ci propongono oggi i Gorillaz è che c’è troppa solitudine auto imposta, in una società che passa troppo tempo davanti ad uno schermo, a discapito di quello dedicato alle relazioni umane. Potrebbe sembrare una contraddizione, detto da una band che ha fatto la sua fortuna con il virtuale ed il visual (ricordate Feel Good Inc.? Sono già passati tredici anni!), ma Albarn, intervistato, dice: «Lo so, è un paradosso che sia una band virtuale a farlo, ma ci sono varie contraddizioni nella mia vita e questa è una».
Dalla loro nascita i Gorillaz sono stati camaleontici, togliendoci i riferimenti ad ogni disco, prendendo decisioni inaspettate, ammaliandoci con i loro video-fumetti. Questa volta i featuring si sono fatti più radi e scarni, seppur sempre di livello: compaiono infatti, solo i nomi di Snoop Dogg, Jamie Principle e di George Benson.
Il disco si sviluppa intorno a quelle che appaiono come velate critiche ad una società consumistica, quasi à la Lost In The Supermarket (The Clash) in Magic City e ballad più intime (Fire Flies, One Percent, Souk Eye), ma è anche una sorta di elogio alla normalità, in contrasto con la ricerca barocca dei dischi precedenti a firma Gorillaz, quasi fosse un altro disco solista di 2D. Nonostante sia stato registrato nel giro di un mese con l’iPad di Damon Albarn, ne esce un disco di qualità, la cui chiave è la fruibilità. Non una fruibilità frivola, stupida, anche se risulta un lavoro piuttosto facile, rimane comunque l’indubbia caratura nella scelta del suono: tra funk e psych-pop di classe, e belle linee di basso, accompagnate da composizioni di synth pressanti; ma anche nelle classiche parti vocali di Damon Albarn.
The Now Now è un disco sofisticato e minimalista, con dei bei pezzi, è vero. Ma non memorabile. Qui emerge la perdita di quella spinta propulsiva di cui godevano i Gorillaz, diventando un Albarn & friends, spostando il baricentro verso un album Albarn-centered, quasi fosse un semplice esercizio di stile, un lavoro solista, fatto con amici.